Mendrisiotto

Quegli edifici industriali vuoti da tramutare in luoghi invidiabili

Stabili vuoti o sottoutilizzati, o posizionati in luoghi oggi non più appropriati - Il fenomeno della deindustrializzazione tanto in voga Oltralpe (e non solo) alle nostre latitudini deve essere «personalizzato» - I sindaci dei due poli momò ci spiegano come
© CdT/Chiara Zocchetti

C’è un presente industriale e di sicuro nel Mendrisiotto e in Ticino in generale ci sarà anche un futuro industriale. Ma c’è anche un passato, con le sue orme lasciate sul territorio. Stabili vuoti o sottoutilizzati, o posizionati in luoghi oggi non più appropriati visto come nei decenni si è evoluta l’area urbana.

Vivere in fabbrica?

La deindustrializzazione – e cioè il processo che porta una regione a spostare la propria attività industriale per motivi di natura socioeconomica – per molte città ha rappresentato prima uno choc (negli anni Ottanta un po’ ovunque il fenomeno è stato accompagnato dalla «fuga» di abitanti dal centro alle aree suburbane), ma poi una gigantesca opportunità. Gli esempi, anche in Svizzera, si sprecano. A Winterthur e a Zurigo le fabbriche sono state trasformate in centri culturali, bar e ristoranti, sale concerto, atelier, negozi, mercati coperti. E non è neppure così inusuale viverci. Anzi, in alcuni casi è perfino alla moda. Basti pensare alla Battersea Power Station di Londra (la centrale elettrica celebre per essere finita sulla copertina di Animals dei Pink Floyd), dove c’è chi è disposto a spendere milioni per un appartamento e dove avvocati di grido hanno trasferito i loro studi.

Un passato ingombrante che, se rivisitato, ha permesso di rivalorizzare interi quartieri e migliorare le città. Proprio la deindustrializzazione, ci aveva spiegato la sindaca Corine Mauch, è uno dei fattori che ha permesso a Zurigo di attirare in 10 anni circa 50.000 nuovi abitanti (questo mentre la popolazione dei centri ticinesi continua a diminuire). Certo, il passato industriale zurighese non è paragonabile al nostro, però anche nel Mendrisiotto – in cui questo processo è ancora alle prime fasi – qualcosa si muove, mentre alcune settimane fa il Gran Consiglio ticinese ha stanziato 10 milioni per ristrutturare immobili di questo tipo (nessuna destinazione sarà esclusa, tranne quelle abitativa e commerciale). Stando a uno studio della SUPSI risalente al 2007 solo a Mendrisio al tempo esistevano 66 stabili a destinazione d’uso industriale potenzialmente dismessi. Come sia evoluta questa cifra negli ultimi anni è però difficile dirlo.

Oltralpe e non solo molte ex fabbriche sono state trasformate in bar, negozi, centri culturali e abitazioni

Gli esempi di Filanda e Gleis 4

Qualcosa si muove, dicevamo. O si è già mosso. Ne abbiamo parlato con i sindaci dei due poli Bruno Arrigoni e Samuele Cavadini. I due riconoscono il grande potenziale della deindustrializzazione ma, e questa sembra essere la chiave del loro discorso, lo riadattano alla realtà del Mendrisiotto, lontana per molti versi da quella delle grandi città. Sia perché non ci sono aree industriali di vaste dimensioni da ridestinare, sia perché queste operazioni hanno un costo non indifferente. Due grandi progetti sono tuttavia in corso, seppur si trovino in stadi molto diversi: a Mendrisio quello de La Filanda, a Chiasso il Gleis 4. «La Filanda, anche se non era industriale, era uno spazio completamente dismesso che non aveva più una vita sua – esordisce Cavadini -. È stata creata una struttura culturale e ricreativa di successo e ora è in corso la seconda fase del piano che prevede il suo ampliamento». Un concetto è però chiaro: «Non possiamo creare una Filanda all’anno». La soluzione, per Cavadini, è quindi quella dei partenariati (approfondiamo il tema tra poco).

A Chiasso l’ambizioso progetto di riconversione in cui si è lanciato il Municipio è il Gleis 4, un disegno di portata davvero ampia che si spera vedrà la luce «nel prossimo decennio», spiega Arrigoni. A trasformarsi saranno delle aree ora ferroviarie, in tre step. Il primo vedrà l’apertura di una scuola di moda, nei pressi della stazione, che riqualificherà circa 4.500 metri quadrati di territorio, il secondo ambisce all’edificazione di un’area mista (con alloggi, atelier e contenuti commerciali) su un terreno di circa 11.000 metri quadrati, oggi occupato da un parcheggio, lungo via Manzoni: «Il Comune è alla ricerca di investitori». Il terzo è la trasformazione dell’area «piccola velocità» delle FFS, di circa 19.000 metri quadrati. In questo caso la riconversione di stabili in disuso è la chiave. L’idea è di ispirarsi a quartieri presenti Oltralpe per creare una zona con contenuti diversi. «A breve le FFS inoltreranno una domanda di costruzione per l’intera superficie, che comprende uno spazio che sarà gestito dal Comune come zona di svago».

Nel Mendrisiotto non esistono grandi aree industriali da ridestinare, eppur qualcosa si muove

L’analisi del territorio

Progetti come questi sono tuttavia un’eccezione, i due sindaci ne sono consapevoli. Fondamentale è però la conoscenza del territorio e delle aree con del potenziale. A Chiasso «è in corso un’analisi territoriale da cui potranno emergere stimoli per una rivisitazione dell’assetto pianificatorio di alcune aree cittadine», chiarisce Arrigoni. A Mendrisio un notevole lavoro in quest’ottica lo si sta facendo con l’elaborazione del Piano direttore comunale: «La visione del territorio è importante, una riflessione sui vari comparti della città è quindi fondamentale, perché tutto deve avere qualità: il costruito, l’abitato e il paesaggio che ci sta attorno. Basti dire, come esempio, che una parte delle nostre zone industriali si trova dove la popolazione spesso trascorre il suo tempo libero», conclude Cavadini.

Investimenti onerosi? Le collaborazioni come soluzione

Se la riconversione di superfici industriali in disuso è un’occasione da cogliere e le risorse finanziare disponibili non sono sufficienti, la soluzione potrebbe così essere quella delle collaborazioni. Mendrisio lo sa bene: «I partenariati pubblico-privato sono molto interessanti: il privato che vuole fare un progetto che sia qualificante per il territorio, troverà sicuramente nel Comune di Mendrisio un interlocutore disponibile», ammette Cavadini.

E c’è chi lo ha fatto: «La SUPSI sta nascendo dove prima c’era un vecchio stabile industriale, il Comune è stato coinvolto e si è inserito nel progetto con l’edificazione di un autosilo che avrà anche una funzione di park and rail e con la riqualificazione di via Catenazzi dove vedrà la luce una zona ciclopedonale».

Un altro esempio è l’ospedale, dove l’edificazione della nuova ala «ha stimolato una riflessione sulla riqualifica di via Turconi che sarà ripensata con un’attenzione particolare allo spazio pubblico ed alla mobilità lenta che speriamo di formalizzare presto. In stazione il discorso è simile, sono in corso dei lavori, anche per la creazione del nodo intermodale, dovremo rivedere la variante di Piano regolatore per ripensare il comparto. Lo stesso approccio lo vogliamo applicare anche nei quartieri cercando sempre di riqualificare spazi dismessi che potrebbero scoprire una nuova vita», alcune riflessioni sono in corso, prosegue il sindaco. «Siamo sempre attenti a non farci scappare l’opportunità di affiancare chi si adopera per la riqualificazione del territorio».

Zone industriali trasformate o in trasformazione ce ne sono anche a Chiasso: «Si pensi all’ex Calida in pieno centro o all’ex Fernet-Branca vicino alla dogana», ricorda Arrigoni. Parole le sue, che si allacciano a quelle di Cavadini e che lasciando intendere come il ruolo dei privati sia sempre più decisivo.