Storie dal passato

Quei neonati in una cesta salvati «grazie» al confine

Il valico pedonale della Pignora, tra Novazzano e Uggiate, nell'Ottocento era uno dei luoghi di passaggio più utilizzati per quello che fu definito il contrabbando degli esposti: i bimbi abbandonati alla pubblica carità – Oltre confine si chiede la creazione uno spazio per ricordarli
© CdT/ Chiara Zocchetti
Lidia Travaini
30.12.2024 06:00

Del valico della Pignora e della collina di Somazzo vi abbiamo parlato già qualche anno fa. In due occasioni. La prima, nel marzo 2021, per raccontarvi di quella dogana tra Novazzano e Uggiate Trevano pensata per il traffico pedonale ma quasi sempre chiusa. La seconda, un anno dopo, per parlarvi della tradizione dei parrocchiani di Riva San Vitale di recarsi a piedi dalla località lacustre al vicino santuario di Uggiate per invocare la pioggia. Storie singolari legate allo stesso valico discosto, ma legate anche alle abitudini passate e alla necessità, in alcuni momenti, di attraversare il confine a piedi. Ne esistono altre, come quella che vi raccontiamo oggi grazie a un recente appello fatto dallo storico di Uggiate Renato Arrighi dalle colonne de La Provincia di Como.

Fattorie e santuari

La richiesta è quella di creare uno spazio, un luogo per ricordare gli «esposti» ticinesi: quei neonati che nel corso dell’800 venivano trasportati di nascosto in zona Pignora e abbandonati (spesso in una cesta) e che poi venivano portati nei brefotrofi oltre confine (gli istituti dove si allevano i neonati illegittimi o abbandonati) o presi a carico da famiglie italiane. Un luogo per ricordarli e per ricordare le loro storie, fatte di miseria ma anche di misericordia, storie che fanno parte delle nostre radici. Le ricerche di Arrighi (e non solo) hanno permesso di riportare alla luce decine, centinaia di casi a cavallo del confine. Tanto di parlare di contrabbando di trovatelli e di «passatori» che trasportavano gli infanti. Pignora era uno dei luoghi più gettonati, con i fagotti che venivano abbandonati fuori dal santuario o dalle vicine fattorie, una su tutte quella di Cattafame (a Uggiate). Un’altra fattoria a pochi passi dal confine usata per questo scopo è quella di Camperisco, a cui sarebbero legati ben 600 esposti. Questo numero è contenuto nella ricerca di un altro storico, il ticinese Guido Codoni, che si è interessato anch’egli al tema. Camperisco è a Ronago, altra zona di attraversamento molto sollecitata all’epoca. Un valico da cui, tra il 1816 e il 1865, sarebbero transitati 863 esposti. Sono invece 126 quelli riconducibili a Uggiate conteggiati da Arrighi.

Le carte da gioco

I motivi degli abbandoni erano quasi sempre gli stessi due: la miseria o la «vergogna», quindi l’impossibilità di sfamare il neonato o la condizione di figlio illegittimo. Le ricerche di Arrigo hanno permesso di riportare alla luce un’altra singolarità. Le madri avevano la possibilità di «riprendersi» il figlio abbandonato (verso ai 7 anni di età, quando poteva rappresentare un aiuto nei campi e nel lavoro) ma dovevano provare la loro identità. Per farlo si era diffusa l’abitudine di inserire nel cesto in cui si abbandonava il neonato un segno di riconoscimento, ma spezzato a metà. Poteva essere mezza carta da gioco, o mezza immagine sacra. Quest’ultima rappresentava la speranza di un ricongiungimento futuro e permetteva di ricollegare madre e figlio in ospizio.

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