Lascito ereditario

Quei tredici milioni di euro contestati

A processo alle Criminali una coppia accusata di aver sottratto il denaro tramite un testamento falsificato dello zio di lui - L’accusa chiede pene superiori ai tre anni
(foto Archivio CdT)
Federico Storni
25.02.2019 17:50

LUGANO - La coppia residente nel Luganese a processo oggi alle Assise correzionali di Lugano - 63 anni lui, 42 lei - è accusata di riciclaggio di denaro aggravato e ripetuto, truffa e falsità in documenti. Per l’accusa, promossa dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti, si sarebbero impossessati di parte dell’eredità del defunto zio di lui, pari a oltre 13 milioni di euro, presentando a un falso testamento. Per le difese il documento non sarebbe per contro stato falsificato.

La vicenda inizia con la morte dello zio dell’imputato, nel 2008. Alla fine dello stesso anno, in Italia, il nipote ha fatto pubblicare un testamento nel quale risultava erede universale del defunto. Per l’accusa l’imputato «ha fatto credere che lo stesso era stato allestito dal defunto, mentre in realtà è emerso che la firma sul testamento era stata falsificata, come accertato da una perizia giudiziaria fatta allestire dal Ministero pubblico e consegnata ad aprile 2017». Grazie a questo documento, il nipote nel 2009 aveva ottenuto un atto di notorietà che dichiarava che egli era l’unico erede del defunto. Documento che ha poi usato per attingere al denaro dello zio depositato in gran parte (12,8 milioni di euro) presso la banca LGT di Vaduz e in piccola parte (200.000 euro) presso BancaStato. Soldi che sono confluiti, tramite prelievi in contanti e bonifici, prima su un conto intestato alla moglie dell’imputato presso BSI Lugano, e da lì trasferiti dalla donna su una relazione presso BSI a Ginevra. Relazione su cui il marito aveva procura generale. Soldi a questo punti sequestrati dagli inquirenti (il saldo del conto è oggi di 11,1 milioni). La truffa è relativa solo al trasferimento di denaro da BancaStato: la coppia avrebbe ingannato con astuzia i funzionari presentando loro l’atto di notorietà. I due nel 2013 avevano anche scontato 62 giorni di carcerazione preventiva.

Per l’accusa si tratta di un crimine, in quanto i soldi sono stati ottenuti «utilizzando documentazione falsa, rispettivamente documentazione ufficiale ottenuta mediante la presentazione di documentazione falsa. Per le difese - per lui l’avvocato d’ufficio Olivier Ferrari, per lei gli avvocati di fiducia Massimo Riccardi e Luca Loser - il testamento non è stato falsificato. Ma prima, in mattinata, la Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, si è chinata su alcune questioni pregiudiziali. In particolare una questione di territorialità sollevata dalle difese, che hanno sostenuto che, semmai, del caso dovrebbero occuparsi le autorità del Liechtenstein. «In Ticino non è avvenuto alcun elemento costitutivo dei reati prospettati», ha detto l’avvocato Loser. «In particolare per la truffa i fatti si sono svolti a Lugano», ha replicato la procuratrice Rigamonti. La Corte ha infine respinto la richiesta.

Nella sua requisitoria, Rigamonti ha detto che la coppia «era ben consciente di aver sottratto denaro dalla comunione ereditaria tramite delle operazioni che volevano vanificare l’origine dei fondi», facendo riferimento in particolare all’uso dei contanti (per non lasciare tracce) e al deposito dei soldi su un conto intestato alla moglie, poi ulteriormente spostato da Lugano a Ginevra. Definendo la loro colpa molto grave, la procuratrice pubblica ha chiesto per l’uomo una pena di 3 anni e 4 mesi di carcere, e per la donna di 3 anni e 1 mese. Le difese prenderanno la parola domani, e la sentenza della Corte dovrebbe cadere nel tardo pomeriggio.