Quel «bravo ragazzo» diventato trafficante di droga

Prima viveva con i genitori e conduceva una vita normale, poi ha iniziato a trasportare sostanze stupefacenti in giro per l’Italia e in Svizzera ed ora si trova in carcere. È la parabola della vita di un 24.enne italiano di Lodi, condannato oggi a quattro anni e tre mesi di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per 7 anni per infrazione aggravata alla Legge sugli stupefacenti. La Corte delle assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, l’ha ritenuto colpevole di aver trasportato in Svizzera 5,9 chili di eroina con un alto grado di purezza. «Droga verosimilmente destinata al mercato locale - ha spiegato il giudice - che, una volta tagliata, avrebbe raggiunto almeno il doppio della quantità».
A dare il la all’agire criminale del l’imputato è stata la possibilità di guadagnare qualche soldo in più: centrale, nell’estate dell’anno scorso, l’incontro con una persona che lo ha coinvolto in un traffico internazionale di droga prospettandogli facili guadagni nella veste di corriere. «Ho iniziato a spacciare piccole quantità di cocaina per arrotondare alla fine del mese, - ha raccontato in aula il giovane - e dopo aver perso il lavoro ho iniziato a trasportare droga».
La sua attività criminale non è durata molto: il 24.enne è stato beccato nel febbraio di quest’anno al valico di Brogeda con quei 5,9 chili di eroina in auto. La sua destinazione era nel canton Soletta ma il viaggio, per il quale il suo mandante gli aveva garantito un guadagno di 1.500-2.000 euro, si è fermato in Ticino. Come ha ammesso lui stesso nel corso dell’inchiesta, il ragazzo aveva già compiuto tre trasporti di droga e soldi in Italia: nei suoi confronti è stata aperta un’inchiesta anche nella vicina Penisola dove, una volta scontata la pena in Svizzera, dovrà affrontare un altro processo. Stando alla difesa, sostenuta dall’avvocata Lisa Catenazzi, l’imputato non era a conoscenza della quantità e del tipo di droga trasportata quel giorno di febbraio: «Credeva di avere con sé al massimo tre chili di cocaina, altrimenti non avrebbe acconsentito al lavoro». Di tutt’altra opinione l’accusa sostenuta dal procuratore pubblico Pablo Fäh, secondo cui «l’imputato sapeva con chi aveva a che fare: una banda ben organizzata che agiva a livello internazionale trafficando grossi quantitativi di stupefacenti. Il suo interesse era il compenso - ha detto ancora - e se non fosse stato fermato avrebbe continuato: la sua colpa è grave e non si può negare l’intenzionalità del suo agire». Per questo il procuratore chiedeva una pena di sei anni.
Troppi per la difesa, che ha puntato sulla giovane età del ragazzo: «Dobbiamo lasciargli la possibilità di prendere in mano la sua vita e voltare pagina, - ha detto in aula l’avvocata Catenazzi - è un bravo ragazzo ed è seriamente pentito di quello che ha fatto. In un momento di fragilità si è fatto coinvolgere come una pedina in un gioco troppo grande e pericoloso per lui». Con questa motivazione la difesa ha chiesto una pena di tre anni parzialmente sospesa: «Lasciamo andare a casa oggi (ieri, ndr.) questo ragazzo, lasciamolo tornare in Italia con i suoi genitori». Il giovane si trova in carcere da febbraio e dal mese di maggio è stato posto in esecuzione anticipata della pena.
Dal canto suo, il presidente della Corte ha accolto l’attenuante del sincero pentimento ma ha sottolineato come il giovane abbia agito solo per ottenere un rapido e facile guadagno e non per bisogno (non consumava stupefacenti, quindi non spacciava per finanziare il suo consumo personale, e viveva con i suoi genitori). «Aveva le risorse intellettuali per non commettere un reato, - ha detto ancora - stupiscono poi la sua giovane età e la spregiudicatezza».
Infine, il giudice ha salutato positivamente la collaborazione del giovane in fase d’inchiesta: «Ha dato prova di voler far luce sui reati commessi, rilasciando dichiarazioni concernenti fatti che avranno effetti dal profilo giudiziario anche in Italia».