Quel pittore che rimase ammaliato dai castelli

L’arte l’aveva nel sangue, il londinese John Ruskin. Mente eccelsa, poeta e pittore, attorno alla seconda metà dell’Ottocento nel suo peregrinare per l’Europa (in particolare in Francia ed in Italia) fece tappa anche in Ticino. Nel Sopraceneri, più precisamente. Rimase ammaliato dal lago Maggiore e dall’Isola Bella e, soprattutto, dai castelli (e non solo) di Bellinzona. Forse alla luce dei racconti dell’amico William Turner, artista pure lui, il quale ritrasse con la tecnica dell’acquarello la Turrita (e il piano di Magadino) nella metà del XIX secolo. I libri di storia narrano che Ruskin, nell’estate 1858, trascorse nella capitale addirittura un mese accompagnato dall’amico e guida transalpina Joseph Couttet; ogni giorno spediva una lettera al padre, esprimendo l’entusiasmo per il soggiorno.
Dipinse tutto ciò che l’ammaliò. Ogni pomeriggio lo passava a lustrarsi gli occhi di fronte alle bellezze architettoniche. Quadri che con gli anni hanno raggiunto un valore importante, se pensiamo che una tela nel 2003 fu battuta all’asta a Londra da Christie’s per quasi 300.000 franchi. Ritrae la chiesa in stile barocco e neoclassico di Daro, dietro la stazione FFS, dedicata ai santi Pietro Martire, Quirico e Giulitta, caratterizzata dalla volta a crociera che sovrasta l’unica navata. Del paesaggio che abbracciava la capitale il pittore britannico notò in primis i colori delle piante e delle montagne, tanto che in una missiva affermò di «non aver mai visto un territorio soffrire così tanto per la siccità. È veramente triste».