Sotto la lente

Quella frana che cambiò il paesaggio ticinese

Arbedo-Castione, via libera del Consiglio di Stato alla variante pianificatoria concernente i pericoli legati alla natura - Lo scoscendimento del 1928 del Motto d’Arbino è ancora costantemente monitorato, anche se non preoccupa più
Un boato e poi l’inferno.
Alan Del Don
11.09.2021 09:54

Quanto sia fondamentale la prevenzione lo abbiamo (ri)scoperto questa estate. Le abbondanti piogge, il forte vento e la grandine che in luglio e ad inizio agosto hanno interessato praticamente tutto il Ticino hanno riacceso i riflettori, da un lato, sulle bizze della natura e, dall’altro, su quanto le autorità e i cittadini devono e possono fare per limitare al massimo i danni che simili eventi inevitabilmente causano. Il nostro Cantone ha retto benissimo l’onda d’urto del maltempo: le opere di premunizione realizzate nel recente passato - salvo rarissime eccezioni - hanno permesso di far fronte alle intemperie.

Il Sasso Marcio ed il laghetto

Un altro strumento utilissimo è quello pianificatorio, nella fattispecie legato alla codificazione delle zone di pericolo nei diversi Comuni. Ne parliamo oggi portandovi l’esempio di Arbedo-Castione, paese che nel primo pomeriggio del 2 ottobre 1928 fu scosso da un boato senza precedenti: dal Motto d’Arbino si staccò un’enorme frana di circa 900.000 metri cubi di materiale a seguito dello sgretolamento del dirupo del Sasso Marcio. Una calamità che ha cambiato per sempre il paesaggio ticinese e che ha dato origine al laghetto d’Orbello, in quanto le rocce ostruirono la valle impedendo al riale Traversagna di scorrere normalmente nel suo letto.

«Scivolamenti profondi»

Il Consiglio di Stato, a fine agosto, ha approvato la variante di Piano regolatore concernente appunto le zone di pericolo. Pochissime le modifiche apportate rispetto al documento che aveva ottenuto il via libera del Legislativo di Arbedo-Castione il 16 dicembre 2020. Tanto che non erano nemmeno stati presentati ricorsi al Governo. Così ad inizio estate la Sezione della logistica, l’Ufficio dei pericoli naturali, degli incendi e dei progetti e quello dei corsi d’acqua hanno spulciato nel dettaglio lo strumento pianificatorio elaborato dal Municipio guidato dal sindaco Luigi Decarli. In particolare i preposti uffici cantonali hanno ricordato come nel territorio dell’ente locale bellinzonese sono «presenti scivolamenti profondi (in particolare la grande frana del Motto di Arbino) che interessano unicamente aree fuori zona edificabile e quindi indicativi».

A questo proposito l’Esecutivo ricorda che lo scoscendimento è costantemente monitorato e che, inoltre, «sempre lungo la Valle d’Arbedo ed in particolare in corrispondenza della Traversagna e di alcuni riali laterali sono segnalati dei pericoli di flusso di detrito derivanti dal materiale sciolto che compone la frana» stessa. È stata infine ritenuta di pericolo residuo, e non di grado basso, la zona di crollo situata a sud di Arbedo. Fenomeni di caduta sassi e di crolli di roccia sono presenti, si rammenta, anche lungo i versanti pedemontani del comprensorio passato ai raggi X.

Grazie agli argini è tutto OK

Al di là dei movimenti di montagna, il paese negli scorsi anni era finito al centro di articoli di stampa per via dei rischi di alluvionamento della zona industriale di Castione, dove avrebbero dovuto sorgere lo stadio dell’Associazione calcio Bellinzona ed il Policentro, grande struttura di carattere commerciale. Grazie ai lavori di arginatura si è potuto «limitare il grado di pericolo in corrispondenza delle zone edificabili ad un grado residuo sia in corrispondenza della zona industriale che della zona residenziale a monte della ferrovia lungo la sponda destra» del fiume Moesa, si legge a pagina 4 della variante di Piano regolatore. Spostandoci ad Arbedo, allo stato attuale unicamente la sponda sinistra lungo la via Taiada è «puntualmente toccata da un pericolo di grado medio e di grado basso, ma non concernono le zone edificabili». Contro la risoluzione governativa vi è facoltà di ricorso al Tribunale cantonale amministrativo.

«Visione spaventevole»

Erano le 15.25 del 2 ottobre 1928 quando il Ticino si fermò. A 1.700 metri di altitudine, sopra Arbedo, ci fu un boato che scosse l’intero Cantone. Dal Motto d’Arbino scese quasi un milione di metri cubi di materiale. Una quantità mai vista in precedenza alle nostre latitudini. Qualcosa di pazzesco. La calamità per fortuna non fece vittime. Solo un grosso, grossissimo spavento. Lasciò anzi in dote un gioiello naturalistico quale è il laghetto d’Orbello, creatosi proprio a seguito dell’importante scoscendimento. «Una visione spaventevole», disse un testimone oculare.