Quella pistola che hai tra le mani è sempre carica

Oltre venti milioni di proiettili sparati. Non stiamo parlando di una zona del mondo in cui infuria la guerra, ma della pacifica Svizzera. Nel nostro Paese sono infatti oltre 20 milioni i colpi esplosi da pistole e fucili ogni anno. E c’è di più: stando a una stima dell'Organizzazione internazionale di ricerca Small Arms Survey, sarebbero circa 2,3 milioni le armi da fuoco in possesso di civili elvetici. Sono numeri che possono fare impressione, specialmente quando le pagine di cronaca vengono macchiate da fatti di sangue come quello avvenuto il 21 ottobre scorso a Solduno. Seppur terribile, questo rappresenta una – intollerabile – eccezione e non la regola, perché quando le armi vengono utilizzate nel giusto contesto e in modo corretto, ad esempio per esercitazioni militari o per il tiro sportivo, i dati, fortunatamente, sono ben altri. «In materia di cultura della sicurezza, in Svizzera abbiamo lo standard più alto». Lo afferma uno che di armi e sicurezza se ne intende da parecchio tempo: il colonnello Mirko Tantardini, ufficiale federale di tiro del Circondario 17. Con lui, con il presidente della Commissione cantonale di Tiro 2 e presidente del Consiglio della Magistratura Werner Walser, e insieme all’ex guardia di confine Giuseppe Mittero, abbiamo passato qualche ora allo stand di tiro Civici Carabinieri Lugano. I tre esperti, passo per passo, ci hanno mostrato le rigide condizioni quadro in materia di sicurezza all’interno dei poligoni di tiro, a partire da come si impugna e maneggia una pistola in maniera corretta (vedi video).
«Un’arma è sempre carica»
La frase che ricorre nei discorsi dei nostri interlocutori suona come un mantra: «Bisogna considerare le armi sempre cariche». Una regola, questa, che se presa con leggerezza in pochi attimi può tramutarsi in tragedia. E la morte della direttrice della fotografia Halyna Hutchins sul set del film Rust è solo l’ultimo incidente di una lunga serie che, oltreoceano, infiamma senza sosta lo spinoso dibattito sulla vendita di armi da fuoco. Ma lasciamo gli Stati Uniti e torniamo in Svizzera, dove le condizioni di sicurezza sono così rigide da toccare addirittura tre livelli di regolamenti. «Bisogna sempre seguire alla lettera un programma prestabilito – spiega il colonnello Tantardini –, normalmente utilizziamo pistole caricate con un massimo di 5 colpi proprio perché, se andassimo oltre, sconfineremmo negli altri grandi regolamenti, ovvero quelli internazionali di tiro sportivo, quelli federali e infine quelli cantonali».
Di sanzioni e responsabilità individuale
Allargando lo sguardo agli incidenti sportivi, Tantardini sfata senza troppe difficoltà il luogo comune della pericolosità del tiro sportivo dato che, paradossalmente, «è più sicuro proprio perché maneggiare degli attrezzi potenzialmente pericolosi carica di senso e responsabilità il tiratore». Responsabilità, appunto. Ed è proprio questo uno dei concetti fondamentali su cui poggia questa disciplina (anche se il principio può essere allargato a qualsiasi ambito), «la responsabilità dell’arma è del singolo, a partire da come viene custodita a casa», sottolinea. E se non si dovessero seguire le procedure quadro in materia di sicurezza dettate dalla Confederazione? Cosa accadrebbe? Semplice, ci dice Tantardini con la voce ferma di chi, durante la sua lunga carriera da formatore, si è già confrontato con episodi poco piacevoli: «Entrano in gioco le sanzioni e il ritiro della licenza». «Se i monitori non eseguono il lavoro correttamente vengono sospesi immediatamente e viene anche tolto loro il brevetto. In passato ci è capitato di dover chiudere una società del Luganese perché non c’erano le certezze relative alle condizioni quadro di sicurezza». Regole severe, quindi. Tanto rigide che il nostro interlocutore, a titolo personale, ha preso un cartellino rosso – che equivale all’espulsione – durante il campionato svizzero di tiro a causa di una «raffica» partita per un difetto dell’arma (le armi a raffica sono vietate in Svizzera: qui un approfondimento su come è regolata la vendita).

Nessun incidente nei poligoni ticinesi
Dal 2012 in Ticino sono stati formati 1.050 controllori (la formazione viene pagata dalla Confederazione, ndr) e il nostro è forse il cantone più all’avanguardia in materia di sicurezza. Basti pensare che i corsi di aggiornamento non si fermano mai, sia per i monitori che per le società. «Il personale deve saper gestire correttamente tutta una serie di circostanze dettate dall’imprevedibilità – spiega Tantardini –, come ad esempio il disturbo o il difetto dell’arma». Un colpo incastrato come lo estraggo? Mi accorgo che l’arma ha un problema, come la manipolo? Tutte domande, queste, a cui devono saper rispondere con precisione le persone che maneggiano pistole e fucili, affinché non siano più pericolosi. Il Ticino occupa sicuramente un posto sul podio della sicurezza, dicevamo. Sì, perché «non abbiamo mai avuto incidenti all’interno dei poligoni – rileva il colonnello –, e se ce ne fosse anche solo uno, sarebbe molto grave, viste le regole a cui attenersi». In ogni caso, i monitori – sempre presenti agli stand di tiro – sono pronti a intervenire, subito e senza sconti. «Quando faccio i corsi di formazione, mi diletto, nei mesi precedenti, a visitare anche poligoni all’estero: in Spagna ne ho trovato uno in cui i responsabili erano contenti perché quell’anno avevano avuto solo 2 morti». L’aneddoto del colonnello è un pugno nello stomaco. E nella nostra testa risuona ancora una volta quella frase, come fosse il ritornello di una canzone: «Un’arma è sempre carica».