Il dibattito

Quelle frasi spericolate degli esperti che spaccano l’opinione pubblica

C’è chi sostiene che non ci sarà una seconda ondata e chi invece dice che il virus sia sparito - Merlani: «Serve prudenza»
Il medico cantonale Giorgio Merlani. ©CDT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
02.06.2020 19:26

Il coronavirus, lo abbiamo capito ormai, tende a dividerci. Ha creato delle nuove distanze, a cui non eravamo abituati, e ha lasciato spazio a spaccature all’interno della stessa comunità scientifica. E questo sin dalla sua apparizione. Non se ne esce, neppure oggi, passata la prima ondata. Ora infatti si discute sulla possibilità di una seconda eventuale ondata. Ed è spuntato chi sostiene che addirittura il virus sia scomparso.

Tutto sotto controllo

Partiamo però dal discorso sulle ondate. Marcel Tanner, epidemiologo, presidente dell’Accademia svizzera di scienze naturali e già direttore dell’Istituto tropicale e di salute pubblica svizzero, è tra chi ritiene improbabile una seconda ondata. Gli abbiamo chiesto da dove nasca questa sua convinzione. «Più che una convinzione è una valutazione della situazione. Ci saranno sempre dei focolai di trasmissione, perché il virus è ancora presente. Ma con un sistema di sorveglianza e di risposta, nel quale ricoprono un ruolo chiave i test e il tracciamento dei casi - con il relativo isolamento dei casi -, potremo scoprire l’origine della trasmissione, impedendo nel Paese una seconda grande ondata generalizzata. Ci potranno comunque essere delle trasmissioni in situazioni particolari, come nelle case di riposo, nei ristoranti, in assembramenti di varia natura, ma verranno circostanziate. Fondamentale sarà anche continuare a rispettare le misure di base, come igiene e distanze». E le mascherine? Tanner conferma l’invito dei medici ticinesi: «Le mascherine sono importanti in particolare quando non si riesce a garantire una distanza con il proprio interlocutore, oppure in situazioni particolari, come sui mezzi pubblici o in ambito sanitario».

Un punto di vista comune

Marcel Tanner lavora a Basilea. A nord del Gottardo il virus non ha colpito con la stessa veemenza utilizzata ai danni del nostro cantone, o di alcuni cantoni romandi. La percezione della malattia e dei rischi però, secondo lui, ora è la stessa. Non è più una questione di nord e sud. «Nella regione attorno a Basilea il virus si è fatto sentire, direi quindi che anche nella Svizzera tedesca si siano capiti i rischi correlati. La situazione era un po’ differente in principio, ma ora il punto di vista è comune. All’inizio, è vero, si guardava al Ticino come a una situazione particolare, ma poi il virus ha toccato anche i cantoni di Vaud e Ginevra, oltre al nord ovest del Paese. In quel momento le cose sono cambiate». I dati recenti sembrano confermare in fondo questa tesi.

Tanner poi ci offre una visione più personale del periodo appena vissuto. «È stata una fase difficile per tutti, nella quale tutti si sono dovuti fare forza, per fare in modo di non rimanere bloccati nel lockdown e di non vivere con addosso la paura. Ci siamo fatti un’idea di come poter vivere con il virus, di come trovare una nuova normalità, riaprendo il Paese un passo alla volta, con coerenza e con fiducia. Questa nuova normalità ci permetterà di mantenere un tessuto sociale sano, garantendo il funzionamento della nostra economia. Tornando all’inizio del discorso, ci saranno ancora dei focolai di trasmissione, ma meno eterogenei, il che permetterà di intervenire con maggiore efficacia e più velocemente. Ciò ci permetterà di evitare un nuovo lockdown totale, che avrebbe degli effetti nefasti, risultando fatale alla nostra economia e alla nostra società».

Nessun elemento concreto

Anche altre frasi, in questi giorni, hanno fatto discutere. Le ha pronunciate il primario del San Raffaele di Milano Alberto Zangrillo, secondo cui la COVID-19 «dal punto di vista clinico non esiste più». Parole pesanti, che possono risultare addirittura fuorvianti. Questo il commento di Giorgio Merlani, medico cantonale, ai microfoni di Radio3i: «La medicina non si fa con opinioni di singoli medici, per quanto brillanti, ma si fa con la ricerca e gli studi scientifici seri. Se si confermasse questa ipotesi, tanto meglio. Ma allo stato attuale non ho nessun elemento solido scientifico per dire che sia un’ipotesi da seguire. Mi stupirebbe un adattamento così veloce del virus e un crollo dell’impatto della sua virulenza».

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