Territorio

«Resta di stucco»: il museo diffuso per conoscere l'arte dei maestri ticinesi

Un ampio progetto sviluppato dalla SUPSI permette a popolazione e turisti di studiare in dettaglio gli stucchi presenti in tutto il cantone — Ventitré le postazioni, visitabili in modo reale o virtuale
© Restadistucco.ch / SUPSI
Giacomo Butti
19.06.2023 14:45

Un museo «diffuso» che permetta — non solo ai turisti, ma anche alla popolazione locale — di (ri)scoprire i grandi maestri stuccatori del Ticino e le loro opere. È, questo, Resta di Stucco, un progetto nato dal lavoro del Dipartimento ambiente costruzioni e design della SUPSI e che ha portato allo sviluppo di una serie di supporti e attività volte ad avvicinare il pubblico agli stucchi di importanza storica, artistica e religiosa presenti in 23 luoghi sparsi sul territorio, da Bellinzona a Chiasso.

Alla Chiesa di San Rocco a Lugano, uno degli edifici interessati dalla ricerca, Giacinta Jean (professoressa all’Istituto materiali e costruzioni) e Luca Morici (docente-ricercatore dell’Istituto design) hanno presentato oggi il frutto di tanto lavoro, finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica. Fatiche che hanno portato alla nascita di un museo diffuso, sì, ma anche tanto, tanto altro.

Resta di Stucco ha l’obiettivo di far conoscere al grande pubblico gli stucchi ticinesi, importantissime testimonianze culturali
Giacinta Jean, professoressa all'Istituto materiali e costruzioni

Tra realtà e virtuale

«Resta di Stucco», ha spiegato la professoressa Jean in conferenza stampa, «ha l’obiettivo di far conoscere al grande pubblico gli stucchi ticinesi, importantissime testimonianze culturali». Il progetto, come già evidenziato, ha portato alla selezione di 23 luoghi nei quali si trovano le opere più rappresentative. Ma gli esempi non mancano: «Avrebbero potuto essere anche dieci volte tanto. Il Ticino è ricchissimo di stucchi lasciati da artisti divenuti famosi e richiesti in tutta Europa, dalla Russia al Regno di Napoli. Si tratta di un patrimonio immenso poco noto alla popolazione. Per questo uno dei nostri obiettivi era proprio dare uno strumento ai ticinesi per riappropriarsi di questi beni culturali». Ma come funziona, in sostanza, Resta di Stucco? Il museo diffuso, spiega Morici, collega luoghi, opere e artisti tramite il binomio “reale e virtuale”. Ogni luogo è dotato di mappe e guide cartacee. Ma, anche, «di un totem che, tramite un codice QR, permette di accedere all’apposita app e diversi contenuti multimediali gratuiti. Dalle guide audio (45 minuti di contenuti, disponibili in italiano e inglese, ndr) alle immagini ad alta definizione. Raffinate cartoline con effetto in rilievo, invece, presentano tramite realtà aumentata le diverse opere».

Sulla piattaforma restadistucco.ch, poi, si può andare ancora più in profondità. Qui, un glossario spiega cos’è, ad esempio, il “cocciopesto”, o come si usa il latte di calce. Nel frattempo, un catalogo raccoglie tutte le informazioni delle 37 opere studiate nei 23 luoghi, mentre una mappa interattiva consente di esplorare nel dettaglio, tramite oltre 750 immagini e narrazioni, specificità delle condizioni in cui operavano gli artisti e i loro segreti.

Ma non finisce qui: in collaborazione con i musei, le associazioni culturali e i partner del progetto, una serie di conferenze e workshop, insieme a visite guidate da ricercatrici e ricercatori, è stata organizzata per avvicinare il pubblico all’arte dello stucco, tra storia e scienza.

Un’ampia varietà di offerte incentivata anche dal coronavirus. «Uscendo dall’era COVID», ha spiegato la professoressa Jean, «ci siamo chiesti come sarebbe cambiato l’approccio ai musei, quanto gli strumenti si sarebbero sviluppati. È stata una spinta a riflettere sulle versatilità della visita individuale». E Resta di Stucco ha grandi ambizioni: «Il nostro è un lavoro che si presta ad essere ampliato: i luoghi presenti sulla cartina potrebbero presto aumentare. L’idea è allargare la mappa all’Europa, vista la presenza – ovunque – degli artisti ticinesi e delle loro opere».

È un esempio virtuoso dell’unione fra cultura e digitale. Questo interessante strumento incentiva a muoversi sul territorio e permette alla popolazione di imparare a conoscere non solo le chiese, ma anche agli stucchi presenti su tante strutture ticinesi
don Claudio Premoli, presidente per la Commissione per l'arte sacra della Diocesi di Lugano

Fra turismo, cultura, religiosità

Alla presentazione erano presenti anche Jurij Meile (responsabile comunicazione dell’Agenzia turistica ticinese), Lara Calderari (caposervizio monumenti dell’Ufficio beni culturali del Canton Ticino) e don Claudio Premoli, presidente per la Commissione per l’arte sacra della Diocesi di Lugano.

«Resta di Stucco è un progetto che mette in rete tutta la regione, con un’infinità di partner», ha cominciato Meile. «Ora, per noi di Ticino Turismo, si tratta di valorizzare e sostenere il lavoro effettuato dalla SUPSI. L’idea è promuovere un'immagine meno folcloristica e più incentrata sulla ricchezza culturale del territorio. Recentemente, gli sviluppi osservati nel turismo hanno portato a una crescita nelle richieste di esperienze personalizzate. In questo senso, Resta di Stucco rappresenta un esempio eccezionale per la sua diffusione sul territorio, per la sua capacità di aprire lo sguardo sull’immenso patrimonio culturale, per il suo essere ponte tra storia, tradizione e tecniche digitali innovative».

Calderari, dal canto suo, ha sottolineato il sostegno dell’Ufficio beni culturali: «Questo progetto fornisce conoscenza su più livelli: non solo storica, ma anche tecnica. Permette di apprendere le modalità con cui avviene il restauro e fa capire come gli stucchi rappresentino opere d’arte molto fragili, che possono avere facilmente degradi importanti e irreversibili». Dalle prime opere di salvaguardia degli stucchi, risalenti agli anni ’50, le tecniche sono cambiate molto, ha spiegato Calderari. «Oggi sappiamo che l’approccio radicale, conservare ciò che è rimasto, non basta per evitare danni futuri. Questa iniziativa sensibilizza e pone l’accento sull’importanza di una manutenzione costante. Per questo abbiamo appoggiato Resta di Stucco e concesso la posa negli edifici di totem, strutture semplici e non invasive. Si tratta di un’operazione sostenibile».

Ultimo a intervenire, don Claudio Premoli ha definito il progetto «un esempio virtuoso dell’unione fra cultura e digitale. Questo interessante strumento incentiva a muoversi sul territorio e permette alla popolazione di imparare a conoscere non solo le chiese, ma anche agli stucchi presenti su tante strutture ticinesi». Dal punto di vista religioso, continua Premoli, «Resta di Stucco permetterà di capire il come e il perché dell’iconografia. Il mio augurio? Che il lavoro cresce e venga ampliato, magari oltre lo stucco».

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