La domenica del Corriere

«Restando fermi, imposte in risalita: oltre la piazza servono soluzioni»

Intervista a tutto campo con il direttore del DFE Christian Vitta su sgravi, manovra e protesta - All’inizio del 2024 coefficiente d’imposta al 100%, senza interventi ci sarà un aggravio di 45 milioni
Il direttore del DFE Christian Vitta ospite di Gianni Righinetti a La domenica del Corriere. © CdT/Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
11.12.2023 06:00

Christian Vitta, in Parlamento arrivano gli sgravi fiscali. È il momento giusto?
«Il momento è stato dettato nel 2019 dalla decisione del Gran Consiglio di prevedere una riforma fiscale a partire dal 2024 in sostituzione della diminuzione transitoria del coefficiente d’imposta. Intanto i cambiamenti in atto a livello nazionale e internazionale portano vari Cantoni ad adeguarsi a livello fiscale. Ad esempio, il Canton Grigioni ha ridotto le imposte del 5% a partire dal 2024, Zurigo intende agire a favore delle aziende e Zugo per le persone fisiche. Vi è un movimento in atto».

Intanto la piazza si mobilita. Vede uno scollamento tra il mondo che protesta e quello della politica che deve decidere?
«Stiamo vivendo in un contesto con molte tensioni e le manifestazioni di piazza s’inseriscono in questa realtà. È una caratteristica che non vale solo per il Ticino. Guardiamo ad esempio cosa è accaduto nel Canton San Gallo negli scorsi mesi con i tagli dei posti di lavoro nel settore ospedaliero che hanno fatto scendere in piazza i dipendenti. Sono situazioni di tensione che si manifestano in diverse realtà».

La manovra slitta, come pure il Preventivo 2024. Gennaio sarà l’ultimo termine?
«L’ideale sarebbe avere un preventivo approvato nel mese di gennaio per dare una certa stabilità all’operato dell’ente pubblico. Come Governo siamo pronti anche allo scenario nel quale la politica dovesse avere necessità di più tempo per decidere. È chiaro che più stabilità vi è nell’attività dell’ente pubblico, maggiore è la capacità dello Stato di far fronte alle esigenze e alle necessità della cittadinanza».

Queste tensioni sono da attribuire solo al cosiddetto «decreto Morisoli» o c’è dell’altro?
«Il Governo è sempre stato chiaro. A guidare i limiti legati alle finanze del Canton Ticino vi è il freno ai disavanzi che è ancorato in un articolo costituzionale. Sappiamo che da sola la situazione non torna in equilibrio, ma che per rispettare i limiti del meccanismo sono necessari degli interventi. Il meccanismo prevede possibili interventi sulle uscite o sulle entrate, ma in quest’ultimo caso solo con la maggioranza dei 2/3 del Parlamento per quanto riguarda il coefficiente d’imposta. Con il contesto politico odierno tutti i partiti di Governo, ad eccezione della sinistra, hanno più volte ribadito che non vogliono aumentare le imposte. Il decreto votato dal popolo, semplificando, ha indicato a Governo e Parlamento che il riequilibrio va ritrovato con un contenimento della spesa, senza aumentare le imposte. Indirizzo che, nel contesto politico attuale, ritroviamo anche nell’applicazione del meccanismo del freno ai disavanzi».

Accontentare tutti sugli sgravi è impossibile. Ci sono ancora compromessi possibili?
«Per quanto riguarda la fiscalità, i due rapporti sul tavolo del Parlamento, nei primi tre punti della riforma convergono, seppur con sfumature diverse, sulla necessità di sgravare il prelievo dei capitali previdenziali, sull’ammodernamento delle imposte di donazione e successione e pure sull’aumento delle deduzioni per spese professionali. Le differenze le abbiamo sul quarto punto: il ritocco dilazionato nel tempo dell’aliquota sugli alti redditi e l’inserimento di una riduzione lineare a tutte le categorie di contribuenti».

Il Governo ha presentato il pacchetto in piena estate. Non è arrivato un po’ tardivamente?
«Nel 2019 il Parlamento ha votato una riforma arrivata in luglio, come questa, nel mese di novembre. Il lasso di tempo è pertanto congruo e analogo a quello del 2019».

Sulla manovra il Parlamento è sfilacciato, sulla fiscalità sembra invece che ci sia maggiore compattezza. Questo tranquillizza?
«Siamo consapevoli che nel corso della presente legislatura di fronte a grandi e controversi dossier come quelli in esame, dovremo investire sempre più energia per poter costruire delle maggioranze e trovare dei compromessi. Vi saranno anche situazioni in cui il Parlamento, e di riflesso il Paese, risulterà maggiormente diviso. Occorrerà pazienza, perseveranza e, come abbiamo detto più volte, collaborazione e assunzione di responsabilità».

E se il 1. gennaio non ci sarà una riforma fiscale approvata?
«All’inizio del 2024 vi è il ritorno del coefficiente al 100% e senza interventi di natura fiscale vi sarebbe complessivamente un aggravio fiscale pari a 45 milioni di franchi».

L’attuale clima politico e sociale la preoccupa?
«Il clima politico e sociale che registriamo in Ticino riflette la situazione nazionale e internazionale. Viviamo una fase in cui la polarizzazione è molto marcata, con confronti che tendono ad essere sempre più aspri a livello politico. A venir meno, a mio avviso, è la consapevolezza che per progredire e fare avanzare i progetti occorre essere pronti a trovare anche dei punti di incontro. Soprattutto in un Paese come la Svizzera e il Ticino che fondano il funzionamento delle loro istituzioni sulla concordanza e la ricerca del compromesso. È dunque necessario investire energie nella costruzione di soluzioni che possano trovare maggioranze in Parlamento e accoglimento nel Paese».

Appunto. Ma al Paese cosa necessita?
«Comprendo i movimenti e le manifestazioni, ma oltre a ciò serve anche il dibattito in quanto il Paese necessita di risposte oggi, di poter progredire e non solo di opposizione. Lo ribadisco: è compito della politica non solo polarizzare, ma anche cercare delle vie praticabili e quindi delle soluzioni concrete».

Restando alla fiscalità, in quale aspetto stiamo peggio degli altri Cantoni?
«A grandi linee, sulla base di studi, possiamo affermare che per le persone fisiche siamo messi bene per i redditi bassi, nella media nazionale per i redditi medi (il cosiddetto ceto medio) e poco concorrenziali per i redditi alti. Abbiamo poi delle deduzioni fiscali fra le più generose a livello svizzero, anche per premiare le famiglie e questo sulla base di una chiara scelta politica. Per le aziende, con i cambiamenti che interverranno il prossimo anno, il carico fiscale rientrerà nella media svizzera. Oggi osserviamo un contesto nazionale e internazionale in rapido mutamento sul fronte della fiscalità. L’immobilismo ha un costo che può essere ben superiore a quello che possiamo avere nel guardare avanti e modernizzare il nostro quadro legale in materia tributaria».

Manovra e sgravi: la legislatura appena iniziata possiamo dire che sia già segnata da una strada tremendamente in salita o addirittura compromessa?
«Il Governo è consapevole che saranno anni impegnativi, con un contesto assai complesso caratterizzato da guerre, tensioni e un certo rallentamento economico. A ciò aggiungiamo in Ticino un panorama politico mutato con un aumento dei partiti presenti in Parlamento, questo richiede ancor più sforzi per trovare soluzioni concordate. Ma anche in una strada in salita e particolarmente ripida occorre saper cogliere le opportunità e, soprattutto, saper raggiungere la vetta e scollinare per avere delle prospettive. Dobbiamo impegnarci tutti affinché ciò avvenga e per poter guardare al futuro con un certo ottimismo. Tutti dobbiamo adoperarci in questa direzione nell’interesse del Ticino e dei suoi cittadini».

Il Governo, dal 2015, ha fatto dell’unità al suo interno la caratteristica per distinguersi, dopo anni anche di lotta, dissidi e decisioni a colpi di tensioni e maggioranze, anche risicate. L’unità c’è ancora, ed è sufficiente per contrastare tutto quanto abbiamo descritto in questa intervista?
«Nell’instabilità e nell’incertezza odierna è importante che l’Esecutivo dibatta al suo interno, ed è ciò che avviene, e che alla fine proponga una sintesi delle sue riflessioni e formuli delle proposte. Il Paese e i cittadini hanno bisogno di certezze, di punti di riferimento. In questo senso il ruolo del Governo è importante, deve dare continuità alla sua azione e al raggiungimento degli obiettivi che si è posto. Dovremo rafforzare i contatti con il Parlamento per fare in modo che vi sia ancor più unità permettendo ai due livelli istituzionali di continuare ad essere dei punti di riferimento istituzionali importanti in un contesto molto complesso come quello odierno. La cittadinanza e le aziende hanno bisogno di istituzioni che sappiano indicare la via ed essere punti di riferimento sicuri».