L'appello

«Ridefinire lo stupro: solo sì vuol dire sì; dalla politica ora serve coerenza»

Raccolte 25 mila firme per chiedere di rivedere la modifica del Codice penale – Il tema verrà discusso settimana prossima dalle Camere federali, iniziando dagli Stati
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Nico Nonella
03.06.2022 20:06

Sono oltre 25 mila le firme raccolte in tutta la Svizzera da una rete di oltre 25 associazioni – ONG, collettivi e organizzazioni attive in tutta la Svizzera, coordinate da Amnesty International – unita per chiedere una «miglior protezione e una decisione responsabile per contrastare la violenza sessuale». In che modo? Adottando il principio «Solo Sì significa Sì». La prossima settimana, come noto, approderà alle Camere federali la revisione del codice penale sui reati sessuali. Un nodo essenziale è la definizione di stupro: se per la Commissione preparatoria del Consiglio degli Stati è sufficiente il principio del «no significa no» (il reato avviene qualora una persona manifesta la sua opposizione si oppone a un atto sessuale ma è costretta comunque a subirlo), per le associazioni nazionali e il Coordinamento ticinese un rapporto sessuale è consenziente solo se l’altra persona è d’accordo e lo esplicita chiaramente. Anche il Ticino si è mobilitato e in questi giorni l’appello è stato inoltrato ai deputati in Gran Consiglio con l’obiettivo di coinvolgere la Deputazione ticinese, invitandola a votare compatta a favore del «Solo Sì significa Sì». Dopo la posizione favorevole espressa dal Consiglio di Stato, ai sostenitori si sono aggiunti una ventina di deputati di PS, PPD, PLR, Lega, Verdi e MPS, oltre che esponenti della società civile.

"Dati significativi"

«Le adesioni, il parere fortemente profilato espresso dal Consiglio di Stato e i feedback di chi regolarmente lavora a contatto con le vittime di abusi indicano che c’è una chiara richiesta dal basso di cambiare quanto previsto dalla revisione del Codice penale», osserva al CdT Elena Nuzzo, attivista e componente del gruppo di coordinamento ticinese. Ma non solo: «Anche un recente studio dell’istituto gfs di Berna indica che oltre il 60% della popolazione adulta svizzera interpellata ritiene necessario il principio del consenso piuttosto che del rifiuto esplicito». «Dalla politica ci aspettiamo un segnale coerente», prosegue Nuzzo. «Cinque anni fa, le Camere hanno approvato votato l’attuazione della Convenzione di Istanbul. E proprio l’articolo 36 definisce esplicitamente come stupro ogni rapporto sessuale imposto senza il consenso dell’altra persona». Egualmente significativo, osserva, «è che i risultati ottenuti e studiati nei primi Paesi che hanno adottato il principio del «Solo Sì significa Sì» (in particolare Svezia, Malta e Belgio), dimostrano quanto siano infondati i timori che si sentono ora anche in Svizzera, ossia di ritrovarsi con denunce mendaci o difficoltà nel provare se uno stupro è effettivamente avvenuto oppure no».

Reagire non sempre è possibile

Ma perché passare dal rifiuto esplicito al consenso?, chiediamo. «Nella maggior parte dei casi la vittima non è in grado di esplicitare il proprio rifiuto per diversi motivi, come il timore della violenza dell’aggressore o una reazione psicologica chiamata «freezing», che la porta a una sorta di paralisi», risponde Nuzzo. La violenza sessuale – conclude – «è una piaga anche in Svizzera: l’anno scorso è stato raggiunto un triste record di 1.477 denunce per violenza carnale e coazione sessuale. Ma gli studi e lo stesso Consiglio federale allertano che meno del 10% dei reati effettivi viene denunciato. Ciò significa 15.000 potenziali stupri in un anno in tutta la Svizzera. La proposta del «no significa no» si è già rivelata insufficiente all’estero. Occorre fare di più».