Energia

Risparmi tra Berna e Ticino, via gli incentivi al Minergie

Il Consiglio di Stato ha deciso di abbandonare gli aiuti dedicati agli edifici con alti standard energetici – Una scelta dettata anche dalla delicata situazione finanziaria del Cantone e dai prospettati tagli della Confederazione – Buona parte della politica ha criticato la mossa: inoltrata una mozione per chiedere all’Esecutivo di fare dietrofront
©GIAN EHRENZELLER
Paolo Gianinazzi
30.06.2025 17:28

Il Ticino dice addio, a partire da oggi, agli incentivi cantonali per i nuovi edifici certificati Minergie-A o Minergie-P. Alla base di questa decisione, comunicata oggi dal Consiglio di Stato, vi sono – in estrema sintesi – due ragioni: la delicata situazione delle finanze cantonali da una parte e, dall’altra, il prospettato taglio della Confederazione al «Programma Edifici» nell’ambito dei risparmi che Berna intende effettuare a partire dal 2027 e che, inevitabilmente, avrebbe riflessi anche sul piano cantonale. Una decisione che, come vedremo, ha sùbito fatto storcere il naso a diverse formazioni politiche che, già nella giornata di oggi, hanno depositato una mozione e un’interpellanza all’indirizzo del Governo.

Le spiegazioni

«Per garantire una continuità nelle misure promozionali in ambito energetico – ricorda il Consiglio di Stato in una nota –, il Governo ha riavviato a inizio anno il proprio programma promozionale in ambito energetico». Un programma che, precisa poi l’Esecutivo, «si fonda su crediti cantonali approvati dal Parlamento ticinese, per un importo totale di 127 milioni di franchi, e su importanti entrate derivanti dal ‘Programma Edifici’, che a sua volta beneficia di parte dei proventi derivanti dalla tassa sul CO2». In tal senso, «oltre ai recenti segnali mandati dal Parlamento ticinese per contenere la spesa pubblica, le discussioni emerse a livello federale per frenare le uscite relative ai contributi del ‘Programma Edifici’ inducono a prevedere una diminuzione delle entrate che alimentano i crediti disponibili a favore degli incentivi rispetto a quanto preventivato». A ciò, chiarisce poi il Governo nello spiegare la sua decisione, si aggiunge pure «il fatto che, indipendentemente dalle discussioni in corso, le previsioni negli anni a venire delle entrate derivanti dalla tassa sul CO2 vedono un calo dei mezzi a disposizione del ‘Programma Edifici’, e conseguentemente una riduzione delle entrate a disposizione per i Cantoni». Ed ecco che, venendo al succo della questione, il Governo spiega che, «data la delicata situazione economica delineatasi sia a livello federale che cantonale si è proceduto rivedendo l’assegnazione degli incentivi in ambito energetico, al fine di evitare un prematuro esaurimento dei fondi disponibili». La priorità, chiarisce poi il Consiglio di Stato, verrà dunque ora data al risanamento degli edifici esistenti e alla conversione degli impianti di riscaldamento. «Considerato che grazie alle modifiche della Legge cantonale sull’energia (...) in vigore dal 2024 i nuovi edifici sottostanno a prescrizioni energetiche più restrittive (...), nell’ottica di perseguire il raggiungimento gli obiettivi delineati dalle politiche energetiche e climatiche si è deciso di indirizzare gli investimenti in ambito energetico prioritariamente al sostegno del risanamento degli edifici esistenti e della conversione di impianti di riscaldamento elettrici diretti o alimentati con combustibili fossili con energie rinnovabili».

La reazione

Come detto, la decisione presa dal Governo nelle scorse settimane (per la precisione il 18 giugno, pubblicando poi la modifica del decreto esecutivo nell’ultimo bollettino ufficiale di venerdì scorso) ha preso un po’ in contropiede alcuni partiti. Che, però, hanno sùbito reagito depositando due atti parlamentare per chiedere al Governo, in sostanza, di fare dietrofront.

Tramite una mozione (primo firmatario il deputato Massimo Mobiglia dei Verdi liberali), siglata anche da deputati di Più Donne, Verdi, PS, Centro, PLR, Avanti con T&L e PC, si sottolinea che l’eliminazione di tali incentivi «rappresenta una scelta sbagliata sotto diversi punti di vista». Ad esempio, poiché «rischia di rallentare significativamente gli sforzi per costruire edifici nuovi più efficienti» e dunque potrebbe compromettere «gli obiettivi di riduzione delle emissioni a livello nazionale e cantonale». Ma pure perché «contraddice anche i principi del Piano energetico e climatico cantonale (PECC), che identifica il settore edilizio come uno dei pilastri fondamentali per affrontare la sfida energetica e climatica». E, oltre a ciò, rischia di penalizzare «anche molti proprietari» e, in particolare, quelli «con mezzi limitati», come le «giovani famiglie (e le future generazioni)». Senza dimenticare, va da sé, il rischio di penalizzare pure le «aziende locali attive nel settore del risparmio energetico».