Gastronomia

Ristorazione nella bufera, ma c’è chi nel vento ha imparato a ballare

Dopo aver perso il lavoro a causa della pandemia Federico Zinzi, facendo di necessità virtù, si è reinventato e ai suoi clienti si propone come chef a domicilio - Ecco cosa racconta della sua esperienza
©Naomi Diamant
Leila Bakkers
19.02.2021 11:04

Molto spesso parlando delle difficoltà del settore il pensiero viene rivolto a chi ha dovuto abbassare le serrande del proprio locale con l’arrivo del virus. Eppure c’è anche chi un ristorante non ce l’ha, ma la cui vita ruota ugualmente intorno ai piaceri della tavola. Tra loro c’è Federico Zinzi, conosciuto anche come Chef Tato. Dopo aver perso il lavoro che aveva in un grotto del Mendrisiotto, Zinzi, 24 anni, ha deciso di rimboccarsi le maniche e reinventarsi. In che modo? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui, che da ottobre ha lanciato il progetto «Il ristorante a casa tua», proponendosi come chef a domicilio, con la collaborazione del collega Davide Cancellier.

Si dice che «se Maometto non va alla montagna, la montagna va a Maometto». È più o meno quello che hai fatto con il ristorante. Come è nata l’idea?

«Lavoravo in un grotto ma sono stato lasciato a casa a causa del COVID ad ottobre. Essendo un dipendente a ore, per il titolare era diventato difficile tenermi nell’organico. Quindi ho deciso di riprendere seriamente in mano il progetto che avevo avviato in agosto. Con un po’ di pubblicità, il passaparola degli amici e l’aiuto dei social, la voce si è diffusa e hanno iniziato a contattarmi diverse persone interessate. La partenza è stata subito positiva. Anche il momento, con la chiusura dei ristoranti, è stato ovviamente favorevole. Ma - ci tengo a dirlo - non l’ho fatto per portare via clienti ai ristoratori e ai miei colleghi: non avendo un ristorante mio e non potendo fare take away, lanciarmi in questo progetto era l’unica possibilità. In realtà, si tratta di un’esperienza differente rispetto a quella che si può fare andando al ristorante».

In quest’iniziativa non sei da solo...

«No, dopo aver avviato il progetto ho chiamato un ex compagno di scuola, Davide Cancellier. Lavora come sous-chef all’hotel La Tureta a Giubiasco. Non ci vedevamo da anni, ma ricordavo la sua passione e professionalità e ho voluto coinvolgerlo. Avendo poco lavoro in questo periodo, ha ricevuto l’ok per collaborare con me. Semplicemente ci siamo divisi il territorio: lui si occupa delle richieste nel Sopraceneri e io di quelle nel Sottoceneri, anche se non escludo trasferte oltre Gottardo: infatti ho due date previste a Bienne e San Gallo. Magari un domani quando le misure anti-COVID lo permetteranno potremo lavorare anche fianco a fianco».

Cosa proponi ai tuoi clienti?

«Ho tre menu, per dare scelta ai clienti: uno fusion, uno ticinese e uno mediterraneo. Sono comunque sempre aperto alle richieste. Il prezzo è un forfait a persona, a cui si aggiunge il costo della spesa. Questa però la faccio io. Da un lato per una questione di qualità dei prodotti. Ad esempio collaboro con una macelleria di Capolago e ho la certezza della bontà dei loro prodotti. In generale mi rivolgo ai miei fornitori, perché la scelta delle materie prime è molto importante se voglio un certo risultato. Dall’altro, fa parte del servizio che offro: per quella sera il cliente non deve pensare a nulla. Una volta fatta la spesa chiedo al cliente di mandarmi foto o un video della cucina, degli utensili e degli elettrodomestici che ha, in modo da potermi organizzare meglio. Non è sempre stato così: le prime volte arrivavo a casa del cliente e mi trovavo a dover improvvisare per portare in tavola i piatti perché mi trovavo in una cucina larga un metro, con quattro padelle e un mestolo, e un menu da sei portate da presentare. Ora se il menu lo richiede, mi porto qualche pentola da casa per facilitare le cose».

Hai imparato facendo esperienza quindi?

«Sì, assolutamente, ma è anche il bello di quest’iniziativa. Non è sempre facile trovarsi in una cucina che non è la tua, dove non hai sempre tutto quello che ti serve, ma ti devi ingegnare per arrivare a un certo livello di professionalità e presentare il menu richiesto dal cliente».

Come ti organizzai per una serata?

«Io arrivo, cucino, servo e pulisco la cucina quando ho terminato il servizio. Il giorno prima vado a fare le commissioni e il giorno stesso cucino: questo perché è importante garantire la freschezza dei prodotti. Normalmente faccio tutto sul posto. Solo pochissime cose vengono preparate in anticipo: dipende però anche dal tempo che il cliente mi mette a disposizione perché se mi dice che posso arrivare alle 18 magari i dolci, le salse, o le prime cotture - tutte le cose che non abbassano la qualità del risultato finale - le preparo prima. Il resto viene fatto tutto davanti al cliente».

La questione dell’igiene è diventata centrale con la pandemia...

«Rispettiamo sempre le misure in vigore. Il numero di persone presenti è quello limite per gli assembramenti: 4 ospiti e io sono il quinto. Lavoro con guanti, mascherina. L’igiene però è sempre stata un elemento fondamentale in cucina. COVID o non COVID. L’unica aggiunta per noi è solamente la mascherina: i guanti e la pulizia sono sempre stati presenti in questo mestiere».

Con un allentamento delle misure come cambierebbe «Il ristorante a casa tua»?

«Quando il numero di persone presenti consentito agli eventi sarà maggiore, potremo proporre un nuovo progetto: «Chef a quattro mani», dove Davide e io lavoreremo insieme dai clienti. Così si innalzerà la qualità e potranno essere proposte più portate. Potremmo eventualmente anche includere nel progetto un sommelier per l’abbinamento dei vini, se i clienti lo richiedono. Una volta abbiamo già potuto farlo: i clienti si trovavano in una grande villa e la cucina si trovava due piani sopra il locale in cui mangiavano. Per far arrivare le portate c’era un ascensore porta-vivande, quindi non abbiamo visto i commensali per tutta la serata».

Quando è lo chef a venire a casa, qual è la differenza con il ristorante?

«Al ristorante non ho il contatto diretto con il cliente. Grazie a questo progetto ho incontrato famiglie bellissime, che mi hanno accolto quasi come un figlio. A 24 anni, per me, è un’opportunità davvero fantastica. Di quest’esperienza mi piace il ricordo e l’umanità che lascia. È un valore e non si limita alla qualità della cucina che produciamo: si creano momenti unici. La filosofia su cui baso il mio progetto si incentra su tre punti: far arrivare la professionalità in casa, pur sempre con umiltà e con quello che mi permette la mia esperienza; portare un po’ di divertimento o di svago in questo momento storico particolarmente difficile e, soprattutto, rendere partecipe la gente della forza del cibo: abbiamo la fortuna di avere la tavola imbandita e un servizio come questo, di qualità, in un frangente che ci vede confrontati a tante privazioni. Credo che dobbiamo esserne grati. Perché è sempre utile ricordarsi che non è scontato avere uno chef a domicilio, che ti porta il cibo in tavola, quando nel mondo c’è ancora chi fatica persino ad avere l’acqua in casa. Sono valori che cerco di far passare durante le serate in cui lavoro. D’altro canto anche per il cliente ci sono dei vantaggi, come quello di essere in casa propria, senza avere altre persone o bambini che urlano in giro. Possono godersi tutto nella tranquillità di casa propria».

E dopo la pandemia? Sperando che tutto questo finisca presto...

«Quella che propongo è sempre un’esperienza differente. Chi ha apprezzato quest’iniziativa secondo me la considererà ancora perché è qualcosa di diverso dalla solita cena al ristorante: offre un servizio più intimo, magari per festeggiare un compleanno, un anniversario o un’occasione speciale. Ci saranno anche quelli che continueranno ad avere il timore di tornare al ristorante e di esporsi al virus. Quando riapriranno i ristoranti in ogni caso sarò il primo a tornarci. Penso che lavorerò soprattutto per eventi speciali, come una sorta di catering. È un’esperienza davvero unica quella che sto facendo ed è un progetto che spero davvero di poter portare avanti anche dopo. Mi auguro sinceramente di offrire qualcosa in più ai miei clienti».

In questo articolo: