Frontalieri

Ristorni da record all'Italia

Nel 2021 il Ticino ha riversato a Roma 91,3 milioni, superando così il primato toccato nel 2019 - Giordano Macchi: «I lavoratori con permesso G entro la fascia dei 20 km sono aumentati di 3 mila unità da un anno all’altro»
Martina Salvini
28.10.2022 20:00

In quasi cinquant’anni di storia, l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri non aveva mai fruttato così tanto ai Comuni italiani di confine. Nel 2021, infatti, è stata toccata la quota record di 91,3 milioni riversati dal Ticino all’Italia. Una cifra che appare ancora più alta se consideriamo che nel 2020, l’anno del coronavirus, il dato dei ristorni era risultato per la prima volta in calo del 4,2% rispetto all’anno prima.

«Effettivamente - dice Giordano Macchi, direttore della Divisione delle contribuzioni - si tratta di una cifra da primato. Mai, dal 1974 ad oggi, erano stati versati tanti soldi all’Italia». Sì, perché come ricorda Macchi, «nel 2020 il Ticino aveva riversato a Roma 86,2 milioni, mentre nel 2021 questa quota è salita a 91,3 milioni, superando così la cifra record del 2019, quando la quota di ristorni sfiorò i 90 milioni (89,9, ndr.)». Ma come si spiega questa progressione? «Il numero di frontalieri fiscali, ossia coloro che risiedono entro i venti chilometri dal confine, è aumentato di 3 mila unità», risponde Macchi. Nel 2020, infatti, erano 62 mila, mentre nel 2021 sono saliti a 65 mila. «Di conseguenza, è aumentata la cifra incassata dal Canton Ticino - passata da circa 136 milioni nel 2020 a 144 milioni nel 2021 - e di riflesso anche la quota ristornata all’Italia». Non bisogna dimenticare, infatti, che se ai Comuni di frontiera italiani va il 38,8% delle tasse pagate alla fonte dai propri residenti frontalieri, al Ticino spetta il restante 61,2%.

Discussioni sul telelavoro

Il versamento del 2021 è stato comunicato oggi a Varese durante la consueta riunione bilaterale ed è già stato effettuato. Per l’occasione, però, le due delegazioni hanno anche fatto il punto sugli altri temi caldi. «Si è discusso in modo molto aperto della tematica del telelavoro, attualmente regolato da un accordo amichevole nato durante la pandemia», spiega Macchi. Questo accordo del 2020, ancora in vigore, «prevede, semplificando, che il telelavoro non abbia conseguenze per i lavoratori. Senza tale accordo, per contro, si porrebbero questioni di assoggettamento fiscale italiano anche nella fascia di confine per il telelavoro svolto in Italia». Problematiche simili, prosegue Macchi, «esistono anche per le assicurazioni sociali». Tutte le parti, però, sembrerebbero favorevoli all’idea di trovare un nuovo accordo, che regoli la situazione postpandemica. E questo perché «il telelavoro è ormai diventato una realtà importante».

I ritardi sul nuovo accordo

Sul tavolo, però, c’era anche il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Firmata il 23 dicembre del 2020, l’intesa aspetta ancora il via libera del Parlamento italiano. La caduta del Governo guidato da Mario Draghi ha infatti allungato i tempi. Il 25 settembre scorso i cittadini italiani sono stati chiamati alle urne e, ora che il nuovo Esecutivo di Giorgia Meloni si è insediato, si attende la formazione delle Commissioni parlamentari. Commissioni che, tuttavia, dovranno trattare in maniera prioritaria altri temi - come la Legge di bilancio - prima di poter discutere il nuovo accordo fiscale sui frontalieri.

Insomma, difficilmente Roma riuscirà a ratificare l’intesa entro la fine dell’anno. Di conseguenza, l’entrata in vigore del nuovo testo, prevista per il 1. gennaio 2023, con tutta probabilità dovrà slittare. Tuttavia, durante l’incontro odierno entrambe le delegazioni, tanto quella svizzera quanto quella italiana, «hanno sottolineato l’importanza della ratifica in tempi brevi» e «della conseguente entrata in vigore dell’accordo».