Chiesa cattolica

Roma rimprovera i vescovi sulla gestione degli abusi

Il Vaticano ha emesso riprensioni canoniche nei confronti di vari prelati a causa di omissioni, errori e mancanze nel trattare le segnalazioni – Nessuna prova per avviare procedimenti penali interni – Lettera a de Raemy
© KEYSTONE/Gian Ehrenzeller
Giovanni Galli
18.10.2024 22:30

Dal Vaticano è giunto un rimprovero a sei vescovi svizzeri. Fra i destinatari c’è anche l’amministratore apostolico della diocesi di Lugano Alain de Raemy. Il 23 giugno dell’anno scorso il Dicastero dei vescovi a Roma aveva ordinato un’indagine preliminare a seguito delle accuse mosse a sei prelati (emeriti e in carica) per presunte negligenze nella gestione dei casi di abusi sessuali. Uno di loro, l’abate di St. Maurice Jean Scarcella, era stato accusato di aver commesso molestie. La denuncia era partita da Nicolas Betticher, già vicario generale della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo. L’indagine, conclusa all’inizio del 2024, era stata affidata dal Vaticano al vescovo di Coira Joseph Bonnemain, che si è poi avvalso della collaborazione del giudice cantonale di Neuchâtel Pierre Cornu e della professoressa di diritto penale a Zurigo Brigitte Tag.

Ebbene, negli scorsi giorni da Roma è arrivata una lettera nella quale si afferma che non sono emerse prove di reati punibili, insabbiamento, negligenze o errori tali da richiedere l’avvio di un procedimento penale interno alla Chiesa. Comunque, si legge in un comunicato della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), non c’è stato un comportamento corretto e le procedure previste dal diritto canonico «non sono state adeguatamente seguite». Sono stati individuati errori, omissioni e mancanze (per esempio se un caso segnalato relativo a minori non è stato seguito con la dovuta tempestività oppure se non è stata aperta automaticamente un’indagine canonica prima di avvertire la procura civile). A causa di queste irregolarità formali, il Dicastero dei vescovi ha emesso delle riprensioni canoniche (una sorta di cartellino giallo per come si è agito e di un avvertimento a non più ripetere tali errori ), invitando gli stessi vescovi e l’intero corpo episcopale svizzero a prestare maggiore attenzione e a gestire i casi di abuso denunciati con «massima diligenza e perizia». Due vescovi, quello di Sion Jean-Marie Lovey e quello di Friburgo Charles Morerod, unitamente all’abate di St. Maurice hanno ricevuto una lettera personale.

«Attendo serenamente»

Altri scritti seguiranno. Fra i destinatari ci saranno anche l’attuale amministratore apostolico Alain de Raemy (per una vicenda riguardante la sua precedente funzione di vescovo ausiliare nella diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo), il vescovo ausiliare emerito Peter Bürcher e l’ex Nunzio Jean-Claude Perisset. «Aspettavo da mesi questa risposta, che ci aiuta a migliorare. Con le sue osservazioni il Vaticano ha precisato ai vescovi dove si sarebbe potuto e dovuto intervenire in modo più accurato nella gestione dei casi» ha commentato de Raemy, che dice anche di attendere serenamente le prossime comunicazioni. 

Non entrata in materia

L’amministratore apostolico era stato chiamato in causa da Betticher nell’ambito delle accuse rivolte a Morerod, al quale veniva rimproverato di essere a conoscenza di abusi commessi da religiosi della diocesi e di non averli denunciati. Lo scorso dicembre il procuratore generale del Canton Friburgo, Fabien Gasser, aveva deciso di non entrare in materia sulle accuse a Morerod e su quelle di dissimulazione nei confronti di de Raemy, Bürcher e Perisset. Ma alla luce delle critiche mosse ai vescovi viene da chiedersi se la diocesi di Lugano abbia agito correttamente nel caso recente di don Rolando Leo. Per de Raemy la risposta è affermativa. «Abbiamo comunicato in trasparenza tutto quello di cui eravamo venuti a sapere dalla vittima», ha dichiarato alla RSI. «Tutto è stato affidato alla magistratura e da quel momento io non mi sono più sentito autorizzato a intervenire in qualsiasi modo che potesse disturbare l’indagine. Anch’io ero preoccupato per il periodo trascorso tra il momento della denuncia alla magistratura, il 2 aprile e l’ estate» (il fermo è avvenuto l’8 agosto, ndr). 

Reprimenda per Scarcella

Quanto al caso Scarcella, stando al prefetto del Dicastero per i vescovi, il cardinale Robert Francis Prevost, non ci sono prove di abusi sessuali e insabbiamento. Lo precisa una nota dell’Abbazia. Ciononostante, il Vaticano ha inflitto all’abate una reprimenda formale. A Scarcella, che si era dimesso dalla carica nel settembre 2023 per «garantire l’indipendenza dell’indagine», viene chiesto di astenersi in futuro «da tutto ciò che non è consono allo stato clericale nelle relazioni interpersonali». L’Abbazia, inoltre, ricorda che giovedì la procura vallesana ha annunciato che non perseguirà Scarcella. 

«Fatti notevoli progressi»

In ogni caso, Prevost riconosce i «notevoli progressi» compiuti dai membri della CVS negli ultimi difficili anni. I vescovi sono diventati più efficienti nel trattare i casi di abuso, impiegando personale sempre più qualificato in Svizzera e collaborando più intensamente con istituzioni indipendenti. Prevost incoraggia i vescovi svizzeri a continuare sulla strada della vigilanza attiva e rigorosa nell’applicazione del diritto canonico nel trattare gli abusi sessuali. Da parte loro, i vescovi affermano di rammaricarsi profondamente per gli errori, le omissioni e le mancanze nell’applicazione delle norme canoniche. Essi sono in un «processo di apprendimento» e desiderano ribadire la loro determinazione a intraprendere un’azione più decisa contro gli abusi nella Chiesa attraverso la loro attenzione, la loro diligenza, una migliore conoscenza delle procedure canoniche.

Vittime costernate

Per contro, il Gruppo di interesse delle vittime di abusi in un contesto ecclesiale si dice costernato dalla reazione di Roma. Per le persone colpite il messaggio è chiaro: «Nulla cambia!». Nessuno si assume la responsabilità di questi episodi reali. Questo non è il cambiamento culturale che la Chiesa ha promesso per anni. «È doloroso per tutte le persone coinvolte, che finalmente hanno rotto il silenzio», scrive Vreni Peterer, presidente della Comunità di interesse. Quanto a Betticher, da cui era partita la denuncia, si è espresso a favore della creazione di un tribunale penale ecclesiastico interdiocesano svizzero e ha detto che i rimproveri del Vaticano non dovrebbero indurre i vescovi «a minimizzare la realtà».