Salute mentale, prevenire meglio che curare

«Non possiamo aspettare che diventi emergenza». È il presupposto alla base della proposta dei Giovani del Centro per una campagna cantonale di prevenzione capillare. Il tema? La salute mentale dei giovani ticinesi. «I problemi sono in netta crescita. Con la prevenzione vogliamo evitarli o diminuirne l’impatto» è il punto di partenza della mozione presentata dal deputato Alessio Ghisla.
Che cosa dicono i dati
Il 37% dei giovani svizzeri tra i 15 e i 19 anni ha dichiarato di avere problemi di salute mentale, uno su undici ha tentato il suicidio e il 29% non ne parla. È quanto emerge dall’indagine sulla salute dell’UST (2022) e da uno studio di Unisanté (2023), ha spiegato in conferenza stampa Giovanna Pedroni, segretaria dei Giovani del Centro e dottoranda in Salute Pubblica. L’89% dei partecipanti al sondaggio ha affermato di avere vissuto un trauma durante l’infanzia. Nel 2021, in Svizzera, i problemi di salute mentale sono stati la principale causa di ricovero per i giovani. E il 20% dei costi sanitari per le giovani donne è stato destinato alla salute mentale, rispetto al 17% del 2017; per i giovani uomini la percentuale era del 14%.
Tre ambiti su cui intervenire
La mozione del Centro propone una campagna di prevenzione ed educazione. «Un investimento che, a lungo termine, porta a una notevole riduzione dei costi sanitari e a un miglioramento del benessere generale». Tre gli ambiti su cui focalizzarsi: scuola, social media e pubblicità, personale curante.
«La scuola è un passaggio obbligatorio e permette di intervenire sui giovani in un momento in cui le famiglie sono meno presenti e più frammentate», spiega il granconsigliere Alessio Ghisla. «Dobbiamo formare i docenti sul tema della salute mentale, affinché sappiano riconoscere precocemente i disturbi e fare da tramite con i servizi presenti sul territorio». E la sensibilizzazione dovrebbe passare anche dai social, «frequentati quotidianamente da giovani e giovanissimi: utilizzare i canali del DECS e del DSS per parlare di benessere e sfruttare gli influencer affinché comunichino con il loro pubblico in modo aperto, contribuendo ad abbattere lo stigma» attorno al tema. Allo stesso modo, tv e radio sarebbero chiamate a trasmettere brevi spot educativi sulla salute mentale, e cartelloni pubblicitari esposti alle fermate dei bus o vicino alle scuole potrebbero «veicolare messaggi positivi». Infine, «è necessario coinvolgere i pediatri, affinché non si occupino solo della salute fisica ma siano pronti a riconoscere il disagio psicologico». Auspicabile sarebbe, infine, la creazione di gruppi di auto-aiuto, una rete di supporto tra famiglie e care giver che condividono esperienze simili. «È imperativo adottare un approccio integrato e preventivo per ridurre il crescente disagio psicologico, senza però né gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche né generare ulteriori costi al sistema sanitario».