L’idea

Schiavi del telefonino? Un esame per uscirne

L’esperto di tecnologia Alessandro Trivilini ha creato un nuovo test rapido per capire quanto è tossica la nostra dipendenza dallo smartphone — Il Corriere del Ticino regala 20 accessi alla piattaforma attraverso delle tessere con i codici di accesso
Il test si basa su criteri scientifici ed è anonimo oltre che cifrato
Jona Mantovan
15.12.2021 10:10

Si chiama «Test Rapido», proprio come quello che si fa per il coronavirus. Ma l’idea è quella di scoprire un’altra malattia: la dipendenza dallo smartphone. L’esame l’ha progettato Alessandro Trivilini, esperto di tecnologia e volto noto nella Svizzera italiana nelle questioni digitali – anche se le realtà istituzionali stavolta non c’entrano. «Questa è la chiave d’accesso per iniziare a prendersi cura della propria salute digitale», esclama mostrando delle carte regalo simili a quelle di Netflix o Amazon. Ma grattando la superficie argentata, invece di un codice del Game Pass dell’Xbox o di Netflix, ecco spuntare il nome utente e la password per accedere con un profilo alla piattaforma test-rapido.ch. Dopo aver compilato un modulo, sullo schermo parte una questionario di 60 domande: dal livello di panico quando si scarica la batteria a quanto riteniamo importante la funzione del Gps... Al termine, un grafico mostra quanto la nostra relazione con il telefonino sia tossica. Ma non solo. I primi 20 che compileranno il modulo di contatto indicando «Corriere del Ticino» potranno ricevere gratis una tessera. «Che può essere anche un ottimo regalo di Natale, da fare a una persona che ci sta a cuore per farle capire che ogni tanto dovrebbe staccarsi dallo schermo», sottolinea l’ingegnere (guarda il video allegato a quest’articolo).

Le tessere sono in vendita a 10 franchi, «un prezzo alla portata di tutti. Questo è un primo, innovativo passo verso una cultura della salute digitale. Una cultura che oggi non si è ancora affermata ma che sarà cruciale anche per la salute pubblica del futuro», sostiene Trivilini. «Siamo entrati in un’epoca in cui tutto deve essere sostenibile. L’ambiente, lo stile di vita... l’automobile è elettrica, le bevande sono senza zucchero, la sigaretta è elettronica e spesso senza tabacco,... e anche la salute digitale richiede la giusta dose di attenzione, soprattutto se pensiamo che viviamo in una società alle prese con la pandemia e con il lavoro da casa, quindi con un’ulteriore connessione costante alla vita online».

L’impatto della tecnologia sulla salute mentale della popolazione deve essere tenuto sotto controllo, è un problema di salute pubblica

Senza smartphone rischiamo di essere tagliati fuori, insomma: «Sì, lo vediamo per esempio con il cosiddetto ‘pass’, i certificati covid che salviamo sul nostro dispositivo personale. Avere un test rapido che ci fa capire se la relazione con il nostro apparecchio sia sana è importante. Perché il pericolo di usarlo male e in continuazione è quello di incombere nel rischio di ‘burn-out’, di esaurimento nervoso o di dipendenza digitale. O, peggio ancora, di un’alterazione emotiva che può portare all’isolamento, all’ansia, all’aggressività, a un’eccessiva euforia oppure a una bassa autostima».
Non è un segreto che tutte le piattaforme, e in particolare le cosiddette «reti sociali», sono governate da algoritmi il cui unico scopo è quello di «intrappolare» i loro utenti affinché se ne stiano costantemente collegati. Trasformandoli in una sorta di «zombie» che consumano contenuti digitali dalle superfici luminose dei loro schermi. «Il successo che tiene in piedi questi giganti poggia sulla raccolta dati e sulla profilazione degli utenti – spiega Trivilini –. Le macchine non devono dormire e non devono riposare mai. Più dati raccolgono, più gli algoritmi che le governano sono in grado di capire come noi abbiamo la necessità di usare le tecnologie digitali. E qui si annida la relazione che instauriamo con lo smarpthone, l’oggetto tecnologico più utilizzato al mondo da parte di tutti».

Forse non arriveremo a vedere l’etichetta «Può provocare depressione o esaurimenti nervosi» sui telefonini. Ma i colossi hi-tech dovranno compierer qualche passo in questa direzione

L’approccio alla base del test di 60 domande è costruito su un sistema scientifico derivato dallo studio dei sistemi motivazionali interpersonali, «preso a prestito» direttamente dal campo delle neuroscienze e ideato da Giovanni Liotti. «In origine, questo tipo di esame serve a misurare la relazione tra due persone. Avendoli studiati a fondo e conoscendo la macchina tecnologica, ho avuto l’intuizione di togliere un essere umano dalla ‘coppia’ e di sostituirlo con lo smartphone. Per capire la relazione, appunto, tra una persona e il telefonino», dice l’esperto.
In futuro vedremo quindi un’etichetta sui telefonini simile alle avvertenze sui pacchetti delle sigarette? Una sorta di «Nuoce gravemente alla salute mentale, se usato in modo non consapevole»? Secondo Alessandro Trivilini, questa è la direzione in cui devono andare i big della tecnologia. Apple, Google, Meta con Facebook, Instagram, WhatsApp... «I colossi in questo momento non hanno interesse a farlo. Ma la società post pandemica è attenta allo stile di vita. Forse non arriveremo a indicazioni così evidenti, ma le nazioni potranno prendere delle misure affinché si possano ridurre i costi derivati dall’impatto sulla salute mentale. E non bisogna dimenticare anche le aziende. Un dipendente non sano dal punto di vista mentale rappresenta un costo: è poco lucido, lavora in modo poco efficiente. Ecco che il test rapido diventa anche un sistema per le ditte, da sottoporre ai propri quadri e ai propri dipendenti per includere le persone, per non perdere per strada il capitale più prezioso di cui un’azienda dispone», conclude l’esperto.

In questo articolo: