Scritture d’antan: il diario del contadino e la lettera della moglie gelosa

Forse è solo un’impressione, ma sembra che i ricordi riaffiorino più facilmente fuori dalla città, lontano dalle sue luci e dai suoi ritmi, anche se ormai Internet e le sue notifiche arrivano fino in cima alle montagne. In certi momenti però riusciamo a fermarci, a rallentare il battito, a fregarcene di seguire e commentare quello che succede qui ed ora e a viaggiare con la mente in mondi passati. Anche solo per la curiosità di vedere come se la passavano, allora.
Un «blogger» ottocentesco
È successo sabato a Breno, dove il curatore del Museo del Malcantone Bernardino Croci Maspoli e lo storico Rosario Talarico hanno riaperto le pagine ingiallite del diario di Giovanni Anastasia, contadino di Breno vissuto tra il 1797 e il 1883. Intitolato Oggni cosa è mal incamminata, il manoscritto è stato a lungo ritenuto scomparso, ma un colpo di fortuna l’ha riportato alla luce. È di circa 2.100 pagine e le annotazioni sono circa 4.500. Per molti anni della sua vita, quasi quotidianamente, l’autore lasciato traccia delle sue giornate esponendo non solo le proprie attività, ma anche le sue preoccupazioni e i suoi pensieri. In particolare, Anastasia si sofferma sulle condizioni meteorologiche, descrivendo le difficoltà della produzione agricola e dell’allevamento e i problemi legati all’emigrazione stagionale. Nelle sue pagine si possono altresì cogliere i numerosi aspetti sociali e le dinamiche che caratterizzano un villaggio ticinese dell’Ottocento, anche se i passaggi di maggiore interesse sono probabilmente quelli che riguardano la tribolata vita quotidiana della sua famiglia. La pubblicazione del vecchio diario, che ha richiesto anni di lavoro, si è concretizzata in quattro volumi: tre contengono la trascrizione integrale del manoscritto arricchita da note, immagini e approfondimenti, mentre il quarto propone tre saggi (di Bernardino Croci Maspoli, Giovanna Ceccarelli e Miriam Nicoli) e una serie di strumenti che aiutano il lettore (glossario, indice toponomastico, indice biografico, albero genealogico, cronologia). In uno dei testi che accompagnano il diario, Miriam Nicoli, ricercatrice dell’Università di Berna impegnata a classificare scritture personali storiche come diari, autobiografie, memorie e relazioni di viaggio, sostiene che il diario di Anastasia «può essere definito un documento sorprendente a tutti gli effetti, una fonte fino ad ora inedita e sconosciuta alla storiografia elvetica che permette di studiare il vissuto, narrato, di un contadino d’inizio Ottocento». L’opera è curata dai collaboratori del Museo del Malcantone (dove la si può trovare) Daniele Pedrazzini e Damiano Robbiani e da Giovanna Ceccarelli del Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona, coeditore.
Marito avvertito...
Il passato della nostra regione è stato rievocato anche lo scorso 28 novembre a Ponte Tresa, dove è stata presentata la prima edizione della rivista La Breva. Anch’essa, in un articolo di Sandro Bianconi, parla di scrittura d’altri tempi, in particolare delle lettere inviate ad Alfonso Oldelli, cancelliere del tribunale di Lugano, dalla moglie Maria Teresa Appiani di Porto Ceresio e dalla sorella Marta Lucia Oldelli di Pura, due donne di ceto medio alto. Siamo nel Settecento e lo stile linguistico utilizzato è il cosiddetto «parlar misto», una via di mezzo fra l’italiano della scuola toscana e il dialetto locale d’ispirazione milanese. Le missive delle due signore hanno in comune la delusione e il disagio per la lontananza del marito e fratello. La percezione del tempo e dello spazio, allora, era evidentemente diversa. La sorella del cancellerie, ad esempio, si augura che lui buchi una calza «aciò possi venire io a comodarla», affinché lei possa venire a ripararla, concludendo il suo scritto con un amaro «Iddio non vole nessuno di contento», che somiglia al moderno «mai una gioia». Soffre anche la moglie, che rimprovera il compagno per le assenze prolungate e invidia altre coppie più umili ma meno distanti. Maria Teresa invita poi il marito e non «tira tanto il refo», a non tirare troppo la corda, con una giovane donna di cui lei, in qualche modo, era venuta a conoscenza. Che lo scriva con l’inchiostro o su whattsap, quando una donna è arrabbiata... è arrabbiata.
