Scuola e pandemia tra segnali incoraggianti e incognite all’orizzonte

Quale effetto hanno avuto la scuola a distanza prima e, dopo, un insegnamento in presenza comunque segnato dalla pandemia e dalle relative restrizioni? Come l’hanno vissuta, insomma, gli allievi stessi? Le indicazioni sono positive e la reazione è stata buona, ma alcune conseguenze potrebbero manifestarsi nei prossimi anni. È quanto spiega il direttore del Liceo di Bellinzona Nicola Pinchetti che abbiamo intervistato su questo e altri temi per tracciare un bilancio del suo primo anno alla guida dell’istituto.
Direttore, che nota dà al suo primo anno alla testa del Liceo di Bellinzona?
«Durante l’ultima lezione con i miei allievi di prima ho chiesto di scrivere qualche riga sul loro primo anno al liceo, su come si sono sentiti accolti e sulla qualità della formazione. Quando li avrò letti sarò forse in grado di darmi una valutazione. Sono comunque contento che, tutti assieme – dipartimento, direzioni e docenti – siamo riusciti a garantire una scuola in presenza tutto l’anno».
Anche nella sua come in altre sedi non sono mancate espressioni di preoccupazione e/o disagio per gli effetti dell’apprendimento a distanza (oramai un anno fa) e poi di una scuola in presenza comunque segnata dalla pandemia, si pensi all’obbligo di indossare la mascherina in classe ma pure al contesto di possibilità aggregative ridotte. Come avete affrontato la situazione?
«I dati relativi alle valutazioni semestrali e finali sono essenzialmente in linea con quelli degli scorsi anni. Queste indicazioni, in sé incoraggianti, nascondono però una serie di problematiche che potrebbero manifestarsi nei prossimi anni. Intanto le richieste rivolte al servizio di mediazione scolastica – che il prossimo anno sarà potenziato – e al servizio medico psicologico sono triplicate, segno appunto che il disagio esiste. Nel nostro piccolo cerchiamo di prestare ascolto a tutti gli allievi, e ai docenti, che esprimono qualche necessità: è il primo passo per tornare a una certa normalità. Sono tra l’altro contento che abbiano avuto luogo le tre giornate culturali autogestite, organizzate molto bene dagli allievi: è stato un importante elemento di incontro e di scambio, che dà senso alla scuola».
Intanto per il «LiBe» si avvicina anche una sfida di carattere logistico: quando partirà il cantiere per la ristrutturazione e l’ampliamento della sede, traslocherete provvisoriamente. Siete pronti?
«Il Consiglio di Stato ha appena licenziato il messaggio per il credito di realizzazione dell’infrastruttura provvisoria: aspettiamo il voto del Gran Consiglio».
Prima di dedicarsi all’insegnamento all’età di 23 anni, lei aveva seguito un apprendistato di falegname ed era stato operaio. Non crede che un po’ di manualità manchi nei percorsi proposti in una scuola come il Liceo?
«Al liceo si iscrivono giovani che intendono studiare per molti anni, almeno fino al conseguimento di un bachelor universitario. La formazione deve di conseguenza concentrarsi su elementi di cultura generale, con un buon approfondimento disciplinare. Senza pensare a una manualità artigianale, ritengo però che fornire ai nostri allievi qualche strumento pratico, come saper scrivere una lettera o preparare un curricolo, non sarebbe di troppo».
A chi consiglia di iscriversi al Liceo e a chi, invece, suggerirebbe un’altra scelta?
«La domanda centrale che i giovani devono porsi prima di iscriversi al liceo è se hanno voglia, e la motivazione, di fare dello studio la loro attività principale, se non esclusiva. Se sì il liceo è la scelta giusta, altrimenti è corretto che si orientino verso una formazione duale, nella quale sono presenti anche elementi pratici. Per il futuro della nostra società sono fondamentali – e hanno pari dignità – entrambi i percorsi».
Nella veste di direttore quale messaggio trasmette, quotidianamente, ai suoi colleghi insegnanti?
«Nella mia funzione ambisco a essere coerente e trasparente nelle scelte e nelle decisioni, e leale verso ogni docente: cerco di dare il buon esempio».
