Ticino

Se il cinghiale arriva in giardino

Ricomparsi negli anni Novanta, hanno colonizzato l’intero cantone, spingendosi fino al centro cittadino e provocando enormi danni all’agricoltura – Stampanoni (DT): «Tasso di riproduzione altissimo, il loro numero va contenuto» – Aperta la caccia speciale in giugno e luglio
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Martina Salvini
18.04.2023 06:00

Immaginate di aprire la finestra di casa una mattina e trovare nel vostro giardino una femmina di cinghiale con i suoi cuccioli, intenti a scavare nel prato per cibarsi dei bulbi appena piantati. Sorpresa? Sicuramente qualcosa di inusuale, avrà pensato un nostro lettore. Tanto da volercelo raccontare. L’episodio, avvenuto appena pochi giorni fa a Morbio Inferiore, ben testimonia la diffusione dell’animale in Ticino. «Dove troviamo oggi i cinghiali? La domanda giusta, semmai, è dove non li troviamo», risponde in effetti Andrea Stampanoni, collaboratore scientifico dell’Ufficio della caccia e della pesca del Dipartimento del territorio. Sì, perché ormai sono praticamente ovunque. «Contrariamente ai cervi, i cinghiali provengono da Sud e hanno colonizzato tutto il cantone, fatta eccezione per le alte valli come Leventina e Valle di Blenio».

La riconquista in 30 anni

La ricomparsa in Ticino del mammifero selvatico risale agli anni Novanta e da lì è iniziata la conquista del territorio. «Oltreconfine, in Lombardia ma anche nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, il cinghiale non è mai scomparso», premette Stampanoni. Complici i flussi migratori, l’animale è poi arrivato anche in Ticino. «Non abbiamo prove, ma siamo quasi certi che ci siano state anche immissioni abusive. La caccia, nella vicina Penisola, è infatti un business redditizio. Generando un introito, le immissioni sul territorio sono all’ordine del giorno. E non appena si spara al di là del confine, gli animali - che non conoscono frontiere - scappano di qua». Portando con sé tutti i problemi del caso. La specie ha infatti  un altissimo tasso di crescita: «In natura, il cinghiale si riproduce in maniera molto veloce, anche per questo è complicatissimo azzardare una cifra sulla sua effettiva presenza in Ticino. La verità è che non possiamo sapere quanti esemplari ci siano sul territorio, stimiamo siano diverse migliaia ma non lo sappiamo con certezza». Tanto che non è inusuale, ormai, trovarseli fuori di casa. «Trattandosi di un animale onnivoro e opportunistico - spiega il collaboratore scientifico del DT - il cinghiale necessita di poco per vivere. Gli basta un giaciglio in cui stare e qualcosa di cui cibarsi. Un habitat ideale, ad esempio, è la zona di Cornaredo, vicino al Centro di calcolo scientifico: lì l’animale può trovare il sottobosco in cui nascondersi e gli avanzi di cui nutrirsi nella spazzatura». Non a caso, l’invito ai Comuni e ai privati va in una duplice direzione: tenere puliti i boschi ed evitare di lasciare in giro i resti di cibo.

Quali pericoli per l’uomo?

Con la vicinanza ai centri abitati, però, si pone anche il tema di un eventuale pericolo per l’uomo. Finora, assicura Stampanoni, non si sono mai verificati attacchi nei confronti dell’essere umano. «In generale, se può scegliere - precisa Stampanoni - il cinghiale scappa». Se però si incontra una femmina con i piccoli, la situazione cambia. «Non potendo scappare e sentendosi minacciata, la femmina spesso attacca, e questo si verifica solitamente quando si trova di fronte qualcuno a spasso con un cane lasciato libero». Ogni anno, si verificano almeno due episodi del genere in Ticino: «È una situazione piuttosto comune». La convivenza con il cinghiale, sostiene Stampanoni, rimane comunque problematica: «La presenza di questi animali provoca ingenti danni ai campi e ai pascoli, con il conseguente aumento di spese di risarcimento». Basti pensare che nel 2022 il Cantone ha versato oltre 300 mila franchi di indennizzi. «Da soli, i cinghiali sono responsabili del 36% dei danni totali. Un bel problema, tanto per gli agricoltori quanto per i privati cittadini». A impensierire, poi, si è aggiunto di recente anche il pericolo legato alla diffusione, inLombardia, della peste suina africana. «Finora in Ticino non abbiamo registrato casi di infezione, tuttavia occorre tenere alta la guardia. E, soprattutto, contenere il numero di cinghiali».

Caccia straordinaria

Già, ma come? L’unica via, spiegano dal DT, è quella della regolamentazione della specie attraverso la caccia. Una sterilizzazione, per contro, sarebbe troppo complicata e contraria alle leggi sulla protezione degli animali. Di qui, la decisione di estendere la stagione venatoria ai mesi di giugno e luglio. Un’idea che - dice Stampanoni - sta suscitando l’interesse dei cacciatori. «Per luglio si sono iscritti in 800, e qualcuno di meno per giugno. Si tratta di un buon numero, siamo soddisfatti». Anche perché, spiega da parte sua Davide Corti, vicepresidente della Federazione cacciatori ticinesi e responsabile dell’area formazione, «è una modalità di cattura completamente nuova». Due, in particolare, le novità proposte per luglio: «La caccia sarà in postazione fissa nel bosco. Potremo adescare i cinghiali usando il cibo e, in più, sarà autorizzata eccezionalmente la caccia durante la notte, anche attraverso alcuni ausili specifici». Durante la sessione venatoria di giugno, invece, «a causa delle leggi federali in vigore, sarà possibile cacciare solo a partire da un’ora prima dell’alba e fino a un’ora dopo il tramonto». L’obiettivo, spiega Corti, è di catturare circa 500-600 esemplari. «Per quanto ci riguarda - gli fa eco Stampanoni - più ne catturano e meglio è. Lo scorso anno, in totale, sono stati oltre 2.200 i capi cacciati. Nel 2021 furono 2.600, un record».

Il giusto equilibrio

Fondamentale, però, secondo Stampanoni, è trovare il giusto equilibrio. «Dobbiamo preservare la specie, facendo in modo al contempo che non causi troppi problemi alla popolazione e agli agricoltori». Un’operazione per nulla facile. «Anche perché siamo di fronte a un animale che ha un tasso di incremento annuo del 250%: le femmine partoriscono due volte all’anno. Ma più si sentono predate dall’uomo e più vanno in calore. Quindi non possiamo pensare di cacciarli tutto l’anno, perché otterremmo un effetto boomerang». Non solo: a giocare a sfavore è anche il clima. L’inverno meno rigido – sostiene Corti - permette ai cinghiali di trovare più facilmente cibo nei boschi. «È l’unica specie che, di fronte al cambiamento climatico, prospera. Ecco perché temo dovremo rassegnarci all’idea che ci creerà sempre qualche problema».