Se il giro per l’elemosina passa da casa del parroco

«Si presentano direttamente in santuario, ma io dico loro di venire solo a Pasqua e a Natale, così regalo loro una colomba o un panettone. Credo che sia giusto dare del cibo, perché c’è chi ha davvero bisogno. Ma è una catena, se dai 20 franchi a qualcuno, poi nei giorni successivi ne arrivano 6 o 7 che li vogliono anche loro. Con il cibo, però, è diverso. Quando ero sacerdote in un Comune vicino arrivavano in molti, e spesso dicevo loro di andare a prendere un panino al negozietto, che poi pagavo io. Chi ha veramente fame accetta, ma tante volte lo fai per quieto vivere». «È da anni che è così, venivano anche dove ero parroco prima: arrivano da oltre confine e chiedono l’elemosina, io aiuto come posso».
Questi sono solo due frammenti delle testimonianze che abbiamo raccolto tra i parroci della regione. Le manterremo anonime, perché il nostro obiettivo non è far capire chi aiuta maggiormente le persone che chiedono l’elemosina. Il nostro intento, invece, è raccontare una specificità locale dell’accattonaggio, se così può essere chiamata. Un accattonaggio radicato nelle zone di confine e mirato a chi fa dell’aiuto al prossimo la sua vocazione: i sacerdoti.
L’esperienza
Il Mendrisiotto è una regione di frontiera e quello di cui vi parliamo oggi è un fenomeno particolarmente diffuso alle nostre latitudini proprio per questo motivo. Chi ne è protagonista, ci hanno raccontato più parroci della regione, proviene infatti dalla fascia subito oltre il confine, e il Mendrisiotto è l’angolo di Svizzera più vicino.
Il fenomeno, è giusto sottolinearlo, non è nuovo, anzi è annoso. Per tratteggiarlo ci siamo rivolti a chi ha il ruolo di coordinatore delle Parrocchie della regione e quindi dei parroci: don Gian Pietro Ministrini, vicario foraneo del Mendrisiotto (e sacerdote di Balerna). Parlando con lui abbiamo scoperto come i sacerdoti negli anni abbiano acquisito «esperienza» nell’interfacciarsi con gli accattoni: «Sulla zona di confine siamo tempestati – esordisce senza tentennare –. Quello che faccio quando si presentano queste persone, e che consiglio di fare anche agli altri preti, è di chiedere loro dove abitano. Se mi rispondono che vivono qui (a volte inventano le vie), io chiamo seduta stante uno dei vicini per controllare, che a volte cade dalle nuvole. Se invece dicono di abitare altrove, rispondo di rivolgersi al loro parroco e agli enti del loro paese. Forse è un po’ drastico, ma ne raccontano di tutti i colori, si presentano anche con dei bambini in braccio per suscitare commozione. Se c’è bisogno noi non ci tiriamo indietro, ma se non abitano qui, come faccio a controllare che hanno davvero bisogno, oppure se si tratta del furbo di turno?».
«Vanno da tutti»
A Balerna c’è una mensa in cui i sacerdoti della regione si riuniscono quotidianamente per pranzare insieme e, prosegue il nostro interlocutore, «succede più volte che ci confrontiamo tra noi e capiamo che queste persone sono state prima da uno e poi dall’altro: hanno fatto quindi il giro delle parrocchie».
Chi fa l’elemosina, tuttavia, non si rivolge sempre e solo ai sacerdoti. A volte si aggirano fuori dalle chiese e domandano quando c’è la messa, per poi poter chiedere aiuto ai parrocchiani. «Quando aspettano fuori dalla chiesa mi dà un po’ fastidio – ammette don Gian Pietro Ministrini –, la gente è meno esperta di noi e si impietosisce perché ne inventano di tutti i colori. C’è chi ha davvero bisogno, non voglio generalizzare, ma non tutti». Il fenomeno, conclude, «va un po’ a ondate, ma è diffuso da anni. Si è intensificato da quando non c’è più don Willy (ex parroco di Chiasso, deceduto nel 2000, ndr), che era davvero molto generoso e aiutava tutti».