Pretura

Se il taglio di un canneto ti porta in aula penale

Quattro persone sotto inchiesta per dei lavori che non sono stati autorizzati in zona Pian Casoro - Tre si proclamano innocenti: «Non sapevano o non era compito loro chiedere il permesso»
©CdT/Archivio
Federico Storni
24.09.2019 06:00

Non solo avrebbero «compromesso intenzionalmente l’esistenza della fauna ittica e la nidificazione dell’avifauna acquatica estirpando circa 20 metri quadrati di canneto» nel lago in zona Pian Casoro, ma i lavori sono stati eseguiti senza le necessarie autorizzazioni. E non sarebbe nemmeno la prima volta che accade, per alcuni di loro. Questa è la tesi portata avanti dal procuratore pubblico Arturo Garzoni nei confronti di quattro persone accusate di infrazione alla Legge federale sulla pesca e a quella sulla protezione della natura e del paesaggio. I lavori in questione erano stati richiesti nel 2017 dal proprietario di un’abitazione affacciata sul Ceresio e dotata di darsena. Proprietario che voleva liberare l’accesso alla darsena per accedervi con la propria barca. L’uomo - che ha accettato il decreto d’accusa - ha commissionato i lavori, svolti a maggio, a una ditta di giardinaggio. Il responsabile, un 59.enne svizzero, li ha a sua volta appaltati a una ditta attiva sul lago di Lugano, che li ha poi materialmente svolti.

Ieri in Pretura penale, di fronte alla giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti, sono apparsi, oltre al 59.enne, il direttore della ditta attiva sul lago, un 43.enne italiano, e un impiegato pure italiano dell’azienda, di 68 anni. Tutti ha professato la loro innocenza, per diversi motivi, opponendosi al decreto d’accusa.

Ma quale recidiva

La tesi difensiva del 59.enne responsabile della ditta di giardinaggio era che non fosse compito suo assicurarsi che i permessi fossero stati chiesti, bensì della ditta a cui aveva subappaltato i lavori. Anche perché non era la prima volta che aveva dato mandato alla stessa ditta (o quasi, come vedremo) di farli, e in passato non si erano mai verificati problemi. Non se ne occupava direttamente lui perché la sua azienda non aveva gli strumenti per farli (serviva una zattera) e si limitava al taglio dei canneti a poca distanza dalla riva. E proprio in riferimento a questi tagli il procuratore pubblico Garzoni (non presente in aula) ha ammiccato a una possibile recidiva: «Non hanno chiesto le necessarie autorizzazioni cantonali - si legge sul decreto d’accusa - nonostante in passato la ditta fosse stata inchiestata (e il proprietario dell’abitazione addirittura condannato) per il taglio (illegale) del citato canneto».

Il 59.enne, difeso dall’avvocato Demetra Giovanettina, ha tuttavia contestato con fermezza l’idea che vi fosse la reiterazione di un reato, ricordando che nel 2016 l’inchiesta era sfociata in un decreto di abbandono: «Da allora per il taglio abbiamo sempre chiesto il permesso». «Non è che non ha imparato la lezione, è che il lavoro stavolta era diverso», ha aggiunto la legale.

La mia prima volta

Il che ci riporta a chi dovesse chiederlo, questo permesso. Il direttore della ditta che ha ricevuto il subappalto? Non secondo il suo direttore, difeso dall’avvocato Davide Ceroni: «Era il primo lavoro di questo tipo che facevo, non sapevo del permesso. Da allora lo abbiamo, ma non ce ne occupiamo noi». Il 43.enne, in effetti, aveva da poco rilevato l’azienda attiva sul lago che in passato si era già occupata di questo lavoro. Ha anche affermato di aver contattato per sicurezza il precedente responsabile, che gli aveva spiegato come agire ma che non aveva accennato alla faccenda permessi. A questo proposito, ha affermato l’avvocato Ceroni, «l’Ufficio della natura e del paesaggio dice che è il proprietario che deve chiedere le autorizzazioni».

Si professa innocente, infine, anche l’impiegato, difeso dall’avvocato Riccardo Balmelli: «Ho solo fatto il lavoro che mi era stato detto di fare».

Garzoni ha proposto per le tre persone coinvolte pene pecuniarie sospese da 30 aliquote giornaliere. Le difese chiedono come visto l’assoluzione, anche perché il danno a flora e fauna non sarebbe provato, ma solo ipotizzato. La sentenza è attesa per oggi.

Scontro fra scooter

Il 59.enne è anche accusato di aver tamponato a Lugano, mentre era in scooter, un altro scooter che stava svoltando, e di aver lasciato il luogo del sinistro, che si era risolto senza feriti. Lui ha affermato di non essersi fermato perché non era successo nulla, solo «una strisciata di gomme». L’accusa invece propone una condanna a una pena pecuniaria da 60 aliquote, interamente contestata dall’uomo.