Se l’intelligenza artificiale aiutasse a rafforzare gli organici nella sanità

In autunno alla Clinica Moncucco di Lugano è prevista l’introduzione di un sistema di self check-in. «Nella sanità è un po’ una novità ma in aeroporto questo sistema esiste già da anni», premette il direttore ChristianCamponovo. «Oggi abbiamo tutti una tessera della cassa malati, con un chip, che basterà far leggere da un apparecchio all’entrata per ottenere tutto ciò che serve in relazione al proprio appuntamento».
È solo una piccola automazione.Ma che lascia intravedere come la digitalizzazione e, ancor di più, l’intelligenza artificiale possano contribuire a rendere più efficace il sistema sanitario e magari pure a sopperire almeno in parte al problema della carenza di personale, messo in evidenza ancora una volta questa settimana dall’USTAT, secondo cui la sanità è uno dei settori che potrebbero ritrovarsi particolarmente in difficoltà.
Tagli, ma nell’amministrazione
«Noi stiamo testando alcuni applicativi che si basano sull’intelligenza artificiale», spiega Glauco Martinetti, direttore generale dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC). «Siamo convinti che l’IA cambierà radicalmente il nostro modo di lavorare. Tuttavia, io non credo che andrà a sostituire il personale sanitario. Il discorso è diverso in ambito amministrativo, dove molto probabilmente tra dieci anni non avremo più lo stesso numero di dipendenti. Ma se parliamo di cura del paziente, io non credo che avremo un calo di personale. L’IA non taglierà teste. Piuttosto farà guadagnare tempo. Invece di trascorrere un terzo della giornata a sbrigare pratiche amministrative, gli infermieri potranno migliorare la loro relazione con i pazienti».
«Stiamo formando molto»
D’altra parte, sostiene Martinetti, la situazione negli ospedali ticinesi non è affatto drammatica. Se l’USTATdipinge un futuro a tinte fosche, all’EOC e a Moncucco si guarda avanti con una certa serenità. «Non siamo in emergenza», assicura Camponovo.
«Nei nostri ospedali questa penuria di personale non la viviamo», conferma Martinetti. «Il Ticino è il secondo cantone con la più alta percentuale di formazione nel settore sociosanitario, subito dopo Basilea. È vero che nei prossimi anni andrà in pensione la generazione dei baby boomer. Però abbiamo numeri importanti anche nella formazione. Io non posso parlare per le case anziani o per le cure a domicilio. Ma per quanto riguarda gli ospedali posso dire che non c’è motivo di preoccupazione. Ci potrà magari essere qualche carenza in qualche determinata specializzazione. Ma nell’insieme il ricambio del personale sanitario dovrebbe essere garantito».
Rendersi più indipendenti
E questo, aggiunge il direttore generale dell’EOC, anche se i flussi di lavoratori dall’Italia dovessero farsi meno importanti a causa dei cambiamenti legislativi. «È eticamente e deontologicamente sbagliato andare a depauperare il Nord Italia di forza lavoro qualificata», sostiene Martinetti. «Il Ticino ha capito la necessità di rendersi più indipendente dal frontalierato e ha investito nella politica di formazione. Oggi siamo tra i primi della classe. Ci sono sicuramente cantoni che non fanno a sufficienza ma il Ticino si sta impegnando per garantire una sostenibilità del sistema sanitario, formando il personale necessario».
Il risultato è un contesto sicuramente meno teso rispetto al resto della Svizzera, dove si prevede che entro il 2029 saranno necessari 15.900 infermieri in più. Ed è vero che i salari elvetici restano allettanti ma è anche vero che la coperta sta diventando corta un po’ in tutto il mondo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sono 55, in crescita, i Paesi che soffrono di una «penuria estrema di personale sanitario». Ergo, non si potrà pescare all’estero all’infinito.
Migliorare le condizioni
«Ci sono già stati in Svizzera casi di unità di cure che hanno dovuto essere chiuse per mancanza di personale», afferma Sophie Ley, presidente dell’Associazione svizzera infermiere e infermieri SBK-ASI. «È indispensabile formare più personale. Ed è altrettanto indispensabile garantire condizioni di lavoro accettabili. Non parlo solo di salari, che pure a parità di competenze sono inferiori che in altri settori, ma anche di dotazione di personale per paziente. Ci vogliono degli standard minimi per settore di cura, che oggi in Svizzera non esistono. Perché il rischio, che già oggi riscontriamo, è che gli operatori sanitari debbano sobbarcarsi un carico di lavoro supplementare a causa della penuria di personale, finendo in certi casi per ammalarsi e di conseguenza aggravare ulteriormente la penuria stessa».
Una sorta di cane che si morde la coda. Al quale, secondo Ley, l’intelligenza artificiale non potrebbe dare grande sollievo, non più di tanto. «Negli ultimi anni i compiti amministrativi sono aumentati invece che diminuiti», osserva la presidente della SBK-ASI. «L’intelligenza artificiale potrebbe essere un’opportunità. Ma si dovrebbe farne un uso intelligente, di modo che si riveli un aiuto e non un carico supplementare».
Le applicazioni nella sanità
In questo senso si sta muovendo la Health Info Net (HIN), società zurighese con sede anche a Bioggio, che si occupa di sviluppare soluzioni che permettano di integrare l’intelligenza artificiale nel settore sanitario. «Il nostro obiettivo con HIN AI è creare una base tecnologica affidabile che renda disponibile l’IA dove porta un reale valore aggiunto, senza compromettere la protezione dei dati e la sicurezza delle informazioni», ha dichiarato Lucas Schult, CEO di HIN.
Negli studi medici l’IA può per esempio trascrivere i colloqui con i pazienti (anche in dialetto), estrarre le informazioni rilevanti in modo specializzato e fornire un supporto diagnostico in base ai dati inseriti. Ma negli ospedali questa nuova tecnologia è accolta con riserva.
Le sperimentazioni
«Le procedure in ambito sanitario sono poco standardizzate», riprende ChristianCamponovo, direttore del gruppo ospedaliero Moncucco. «Va ricordato che in caso di errore medico si parla di violazione delle regole dell’arte. Non è casuale. Perché la medicina è considerata un’arte e non una scienza esatta. Abbiamo fatto qualche sperimentazione con l’IA in campo medico ma alla fine ci siamo un po’ convinti che il settore dove c’è il maggior potenziale resta quello amministrativo».
Va bene dunque la registrazione automatica, il self check-in, ma poi il paziente conta ancora di trovarsi di fronte a un medico in carne e ossa. «Il canton Argovia ha interrotto una sperimentazione che mirava a integrare l’intelligenza artificiale nel triage dei pazienti con casistiche meno gravi», spiega Camponovo. «L’esperimento non ha funzionato perché manca l’interesse della popolazione. Io credo che l’intelligenza artificiale troverà le sue applicazioni nell’offerta di base, permettendoci di continuare ad avere una sanità pagabile.Ma poi chi potrà permetterselo vorrà continuare a vedere un medico e a essere curato da un medico».