Secco no alle cure sociosanitarie di qualità, Ghisletta deluso: «I problemi restano»

Nulla da fare neppure per l’iniziativa popolare «Per cure sociosanitarie e prestazioni socioeducative di qualità», spazzata via dal 55.52% dei votanti. La proposta - che mirava introdurre una nuova legge per definire le condizioni quadro per una serie di enti, quali: strutture ospedaliere, servizi ambulanze, case per anziani, centri diurni, servizi di assistenza e cure a domicilio - è stata bocciata dalla quasi totalità dei comuni, ad eccezione di Alto Malcantone, Arogno, Bedano, Capriasca, Cerentino, Grancia, Lema, Pollegio, Pura, Pura, Val Mara.
Raoul Ghisletta, primo firmatario dell’iniziativa popolare, ha reagito parlando di «delusione per il rifiuto dell’iniziativa che avrebbe dato un impulso positivo al settore sociosanitario e socioeducativo». L’iniziativa del Sindacato VPOD era nata a fine 2022, quindi dopo la pandemia, per dare una risposta concreta al disagio diffuso nel settore sociosanitario e nel settore socioeducativo, confrontati a tagli finanziari da parte del Cantone. «Si trattava di una legge quadro cantonale, elaborata grazie alla collaborazione del compianto avv. John Noseda. Una legge composta da soli nove articoli, che sarebbe stata in grado di orientare le varie leggi in vigore nell’ambito sociosanitario e socioeducativo», ha chiosato Ghisletta. Il quale, rammaricato del no popolare, ribadisce la necessità di vigilare su un settore così delicato, i cui problemi permangono.
Dal canto suo, il Consiglio di Stato ha accolto con soddisfazione l’esito del voto. «Questo risultato conferma la volontà della popolazione di non intraprendere una strada che avrebbe potuto compromettere l’autonomia gestionale delle strutture sociosanitarie e socioeducative e non solo», si legge in una nota inviata ai media. Governo e Parlamento si erano espressi contro l’iniziativa, poiché ritenuta eccessivamente rigida e inadatta a rispondere alle sfide con cui sono confrontati i settori ai quali faceva riferimento. «L’approvazione della proposta avrebbe reso eccessivo l’intervento dello Stato e rappresentato un’intrusione significativa nell’autonomia gestionale degli enti», prosegue la nota. «L’introduzione di una nuova base legale avrebbe causato ulteriore burocrazia, aumentando i costi e i compiti amministrativi. Ciò avrebbe gravato sul personale già sovraccarico, senza garantire un miglioramento concreto della qualità dei servizi». Non da ultimo, uniformare le condizioni di lavoro di tutto il personale, avrebbe significato ignorare i Contratti collettivi di lavoro. Il Governo ritiene quindi che «l’approccio più efficace consista nell’intervenire con azioni mirate nei singoli settori anziché applicare una norma generale e rigida come quella proposta dall’iniziativa popolare che avrebbe uniformato il nostro sistema sociosanitario e socioeducativo senza considerare le esigenze specifiche degli enti e delle strutture come anche l’efficacia e l’efficienza dei diversi servizi offerti».