Sempre meno merci lungo AlpTransit. Storni: «Più spazi al Metrò Ticino»

Si parla spesso di «Metrò Ticino» e, forse, non del tutto a proposito. Secondo qualcuno, il Metrò Ticino non esiste, soffocato nel suo potenziale sviluppo da una gestione anomala della linea ferrata. Ne è convinto Bruno Storni - consigliere nazionale del Partito Socialista e presidente della sezione ticinese dell’Associazione Traffico e Ambiente (ATA) - che ieri ha presentato, in una video-conferenza stampa, uno studio sul trasporto ferroviario lungo la dorsale alpina.
Una «riflessione», l’ha definita Storni, ricca però di numeri e capace di offrire agli esperti, così come ai profani, un quadro inatteso e quanto mai interessante. Oltre a una conclusione altrettanto diretta: «Aumentare la frequenza dei treni passeggeri si può fare, e subito».
Il punto di partenza della lunga analisi del consigliere nazionale PS è stato, come detto, fondato sulle cifre. «È probabile che il traffico merci attraverso la Svizzera non crescerà come previsto, stabilizzandosi ai livelli attuali». Le «tracce», vale a dire i «passaggi» dei convogli ferroviari lungo i tre tunnel di AlpTransit, non saranno mai nel numero ipotizzato molti anni fa (260). Sull’asse del Gottardo, ha spiegato Storni, «transitano infatti attualmente, in media, 110-120 treni merci al giorno». E nulla fa pensare che le cose possano cambiare in futuro.


«Lo sviluppo del traffico merci attraverso le Alpi svizzere è stato in crescita fino al 2008, anno della crisi finanziaria globale. È crollato nel 2009, ma con la ripresa economica è ritornato a salire, fino a raggiungere il picco massimo attorno ai 40 milioni di tonnellate nel 2016. Da allora - ha argomentato Storni - è ritornato a scendere». I motivi alla base di questo scenario sono almeno cinque: il calo demografico, che comporta la diminuzione dei consumi e quindi la minore circolazione dei beni; l’ampliamento a Est dell’Unione Europea, che ha spostato l’asse dei trasporti verso i Paesi dell’ex blocco sovietico; il conseguente affermarsi di corridoi stradali e ferroviari che aggirano la Svizzera; lo sviluppo prepotente dei porti del Mediterraneo, primo fra tutti il Pireo, dove attraccano le grandi navi porta-container provienienti dalla Cina; i nuovi corridoi ferroviari Est-Ovest, che la stessa Cina sta finanziando nell’àmbito delle politiche collegate alla strategia della «Via della Seta».
«La via ferroviaria euroasiatica si sta sviluppando ben più rapidamente di quanto si potesse prevedere solo pochi anni fa - ha aggiunto Storni - I convogli raggiungono 92 città in 21 Paesi, collegando direttamente 16 regioni cinesi con 30 regioni europee».
Insomma: nei prossimi anni, anche una volta superata la crisi pandemica, il traffico merci attraverso le Alpi svizzere molto difficilmente potrà crescere. Motivo per cui - ed è questa la proposta lanciata dal consigliere nazionale del PS - è possibile oggi «ridurre a un massimo di 150-180 le tracce attualmente riservate al traffico merci per garantire maggiore capacità al traffico passeggeri». Cosa che permetterebbe di «rilanciare il servizio del Metrò Ticino», tuttora limitato tra Locarno e Lugano a una cadenza di 30 minuti e tra Cadenazzo e Luino addirittura a 120 minuti.