Il reportage

Sempre più abitanti in Val Colla: come si vive lassù

Da Insone a Cimadera passando per Maglio: un giro tra i quartieri montani di Lugano, dove la popolazione è raddoppiata
© CdT/Chiara Zocchetti
28.11.2022 06:00

La curva della popolazione in Val Colla somiglia a una tipica salita sui suoi versanti erbosi. Dolce, ma pur sempre ascendente. Così, per capire perché questo angolo di Lugano attira sempre più persone, ci siamo saliti anche noi.

Il viaggio comincia alla stazione dei bus di Tesserete, dove attendiamo la coincidenza per la valle. Scambiamo un paio di battute con un ragazzo. Si è trasferito a Bogno cinque anni fa con sua madre e il percorso «spezzato» con i mezzi pubblici non sembra pesargli troppo. «Lavoro come forestale su, quindi non mi devo spostare troppo. Mia mamma invece è impiegata in città e per lei è più faticoso. Del resto, otto locali a Bogno ci costano come tre a Lugano». Un tema ricorrente, quello della spesa per l’abitazione.

Dove ci troviamo?

Il bus procede serpeggiando sulle ripide strade della Capriasca, fino ad arrivare a Insone: un villaggio su un erto pendio che, se non fosse per certe costruzioni moderne e qualche prato all’inglese, ha mantenuto le caratteristiche tipiche del villaggio valcollino. In una casa d’epoca ristrutturata incontriamo Giorgia e Christian Gilardi, che con due figlie piccole si sono trasferiti a Insone tre anni fa, quando hanno deciso di comprare casa.

«I prezzi a Lugano erano inaccessibili e dopo aver valutato altre opzioni, come il Malcantone o la Valle di Muggio, abbiamo optato per Insone. Decisivo è stato il traffico: per andare in Val Colla non ci sono colonne come nel Mendrisiotto o sulla cantonale per Ponte Tresa. Poi volevamo vivere in un posto tranquillo, diverso da Lugano, dove da un giorno all’altro capita di svegliarsi con un nuovo cantiere davanti a casa. Qua c’è il sole tutto il giorno, di notte non ci sono rumori, l’aria è limpida e le montagne cambiano colore. Ci si riappropria dei ritmi della natura, si vive a contatto con le stagioni. Se nevica si spala e il foliage, senza doverlo cercare, appare davanti agli occhi con mille sfumature». Di lati negativi, Giorgia e Christian faticano a trovarne. «L’unica pecca sono i mezzi pubblici, che a parità di tragitto ci mettono il triplo rispetto alle auto. Un altro difetto, forse, è che qui manca un luogo d’incontro, per socializzare. Sai, ci sono tanti bambini, ma non c’è un parco giochi. Si chiacchiera fra i vicoli». Per quanto riguarda le attività, i Gilardi segnalano un laboratorio di cucito organizzato all’ex casa comunale da una signora di Lucerna. Poco altro. E i servizi, come il supermercato o la posta? «Ci si organizza e ci si adatta. Per la posta utilizziamo il servizio digitale, anche perché l’ufficio di Maglio apre solo per un paio d’ore al giorno, mentre la spesa la facciamo tornando in auto dal lavoro; uova e formaggio riusciamo a comprarli da un contadino qui in paese».

A misura d’auto

Dal finestrino dell’Autopostale si vede un anziano che falcia a mano un prato scosceso. Cozzo, Colla, Signora, Scareglia: il bus prosegue verso la testata della valle. A Cozzo, un bambino scende dal pulmino della scuola fischiettando la colonna sonora di Jurassic Park. Se non fosse per i pascoli che circondano i villaggi, il paesaggio sarebbe proprio come quello del film sui dinosauri: montagne impervie ricoperte da rigogliosa foresta. Superate Bogno e Certara si scende a Maglio. Tutte le strade portano a Maglio. È il crocevia. Qui ci sono le elementari e l’asilo, un bar e ristorante, un negozietto e l’ufficio postale. Sono le 4 di un caldo pomeriggio autunnale ed è appena suonata la campanella della scuola. Il bar è pieno di bambini e i gelati vanno a ruba. Il commento viene spontaneo: «Ce ne sono di famiglie in Val Colla». «Certo – conferma la proprietaria del bar – e diverse sono arrivate da poco. Lavorano quasi tutti a Lugano e si spostano in auto: in venticinque minuti sei in città, è abbastanza comodo. E alla gente la montagna piace».

La strada cantonale risale verso Piandera, un villaggio su un poggio pianeggiante dove incontriamo un pallanuotista olandese in pensione che fuma un sigaro. Cosa ci fa qua? «Mi piace il Ticino» risponde con semplicità. «Mi piacciono le montagne e le colline; sai, in Olanda non ce ne sono così. Con mia moglie abbiamo vissuto prima a Lugano e poi a Sonvico. E quando i nostri figli sono diventati grandi e hanno avuto un proprio mezzo di trasporto, siamo saliti a Piandera». Un’altra vita. «Una vita bella, ma chiaramente serve un’auto per muoversi». E il rapporto con i vicini? Le piazze e altri luoghi d’incontro scarseggiano. «È vero, mancano. Però si va d’accordo e c’è un certo spirito comunitario. Ci si aiuta l’un l’altro. Per esempio la Barbara, la mia vicina, fa la spesa per il signore anziano che vive qui di fronte». Prima ancora che il sigaro sia finito, ripartiamo. Destinazione: Cimadera.

Adoro Cimadera e in particolare la sua gente
Nadia

Il bar in giardino

Nadia Bassi e suo marito si sono trasferiti da Basilea a Cimadera cinque anni fa per godersi la pensione. Suo marito è coleta, proprio di Cimadera. Sono tornati e vivono nel nucleo, in una vecchia abitazione dei nonni di lui ristrutturata. Nella ex casa comunale Nadia, assieme a una collega, organizza laboratori di ceramica aperti a tutti. Nel suo giardino, invece, ha allestito un piccolo bar esposto al sole dove, quando è in casa, ospita chiunque abbia voglia di fare una chiacchierata. «Adoro Cimadera e in particolare la sua gente» racconta Nadia, che praticamente non scende mai a valle. A fare la spesa, per esempio, ci manda il marito. In paese incontriamo anche «il Sergio», un signore di novant’anni senza una gamba. «Qui è bellissimo – ci confida – è il paese dove sono nato. Sono stato via molti anni, ma sono tornato. Quando ero piccolo io, eravamo in cinquanta bambini. Quella sì che era vita! C’erano quattro o cinque ristoranti e anche lo sci-lift. Ormai è cambiato molto... Per un paese è facile andare indietro».

Una coleta a Breganzona

Da Cimadera a Lugano ci vuole un’ora con i mezzi pubblici. Loredana Gianini, nata e cresciuta in alta Val Colla, ha preso un biglietto di sola andata: si è trasferita a Breganzona. «Negli anni Ottanta, dopo aver frequentato le elementari a Scareglia e la scuola maggiore a Maglio di Colla – racconta – ho iniziato la Commercio a Massagno e per diversi anni mi spostavo con i mezzi pubblici. Allora era ancora più complicato. C’erano pochi bus ed erano sempre pieni. Per di più d’inverno cadevano delle grosse nevicate e il viaggio diventava difficile. Dopo diversi anni ho traslocato a Breganzona e non credo che tornerei a vivere in Val Colla. Ormai sono abituata alle comodità, ad avere il lavoro e i servizi vicini». Un filo di nostalgia, guardandosi indietro, la donna la prova, ma è un sentimento flebile. «Mi mancano i tempi che furono, ma quelli non si possono riavere. Mi manca parlare il nostro dialetto. Poi forse rimpiango un po’ il contatto con la montagna e la pace, ma per il resto non molto. Diversi miei coetanei sono scesi e non conosco più tanta gente che vive in valle». I dati raccolti dalla Città per i quartieri di Val Colla, Bogno, Certara e Cimadera mostrano una tendenza all’aumento della popolazione negli ultimi quattordici anni. Si è passati dai 730 abitanti del 2008 ai 1.363 dell’anno scorso. L’unico calo c’è stato fra il 2016 e il 2019. La popolazione cresce e cambia. Il bus, intanto, continua a fare su e giù.

Occhio alle zone edificabili

Come sarà la Val Colla fra dieci, venti o cinquant’anni? È un buon momento per chiederselo, visto il costante aumento della popolazione e il fatto che Lugano sta allestendo il Piano direttore comunale. All’architetto Paola Viganò, capofila del gruppo incaricato di elaborare il documento, abbiamo chiesto qual è la visione per lo sviluppo della valle, considerando che le regole pianificatorie attuali creano «un certo e in parte significativo sovradimensionamento delle zone edificabili rispetto al fabbisogno dei prossimi quindici anni», come spiegatoci dal direttore del Dicastero dello sviluppo territoriale Marco Hubeli. «Quello delle aree edificabili è un tema centrale – osserva Viganò – infatti oggi sono ampiamente disponibili anche in zone non del tutto ‘infrastrutturate’ o ambientalmente fragili». Con la nuova pianificazione bisognerà scegliere quali aree possono essere sviluppate e quali invece sono da preservare. «I dati che stiamo analizzando indicano che la Val Colla è un luogo fortemente sensibile, in cui si dovrà favorire il riutilizzo del patrimonio già costruito e gli interventi di riqualificazione minuta, oltre al rafforzamento dei centri civici e di forme specifiche di trasporto pubblico e di servizi». E potenziando i servizi verrebbe ridotta la dipendenza dei quartieri montani dal centro e dalla piana del Cassarate: anche questo è un obiettivo. Per il resto, la Val Colla ha già tanto da offrire. «Racchiude specificità uniche: un mosaico di zone agricole terrazzate, boschi, pascoli e prati secchi, punteggiato da sporadici insediamenti. Il progetto per questo comprensorio – conclude l’architetto Viganò – non potrà esimersi dalla valorizzazione e protezione delle sue componenti paesaggistiche e attività agricole, cercando anche di rafforzare la transumanza alpestre del bestiame. La proposta di un Parco del Camoghè, ad esempio, integra i nuclei della valle e potrà generare nuove economie».
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