Criminalità digitale

Sempre più pirati e sempre più cattivi

Le nuove mafie e le bande criminali sfruttano con grande preparazione e senza freni le nuove tecnologie – Una sfida cruciale per la polizia
© CdT/Archivio
Prisca Dindo
17.12.2022 06:00

Difficile immaginare le nostre vite senza computer o telefonino. L’evoluzione delle nuove tecnologie che scandiscono la nostra vita è inarrestabile e la criminalità non rimane certo con le mani in mano.

Da tempo le nuove mafie e le bande criminali orchestrano i loro malaffari di fronte a computer, tablet e smartphone, distanti dal luogo dove commetteranno i reati. «Noi possiamo contrastarli, ma è un lavoro arduo - spiega il capitano Alessio Lo Cicero, capo del Reparto giudiziario 4 della Polizia cantonale -. La malavita, che investe ingenti somme anche nelle nuove tecnologie, non ha confini, mentre noi agiamo in uno stato di diritto; possiamo fare ciò che la legge ci permette. L’acquisizione formale e l’utilizzo dei dati raccolti fuori dalla Svizzera, per esempio, sono sempre subordinate a rogatorie internazionali. Ogni prova va raccolta secondo quanto stabilito dal Codice di procedura penale. Anche quella regina».

Tre livelli, diversi attori coinvolti

A livello nazionale e regionale le minacce in questo campo possono essere affrontate su tre livelli che vedono anche diversi attori coinvolti. C’è la cyberdifesa, che è legata alla difesa nazionale ed è responsabilità dell’Esercito (che proprio recentemente ha informato su importanti sviluppi nella creazione del Comando di cyberguerra). C’è la cybersicurezza, intesa come protezione dei computer e di Internet ed è compito di ogni fornitore, azienda, privato cittadino, così come delle amministrazioni federali, cantonali e comunali. Infine ci sono la cybercriminalità e la criminalità digitale, legate al procedimento penale e alla prevenzione, e queste sono una chiara responsabilità delle forze di Polizia cantonali. Anche qui vanno fatte le giuste distinzioni: la cybercriminalità è intesa come attività criminale perpetrata per mezzo della rete o unicamente di dispositivi elettronici. La criminalità digitale raggruppa, invece, le attività criminali, sì commesse attraverso l’utilizzo di dispositivi tecnologici, ma dove la componente informatica non ricopre un ruolo predominante, come nelle cybertruffe oppure nei casi di reati contro l’onore perpetrati sui social media. Qui la componente digitale è riferita all’ambiente inteso come luogo d’incontro, mentre gli elementi costitutivi (autore, vittima e atto punibile) sono analoghi ai reati «classici» commessi sul territorio.

Un nuovo reparto

La trasversalità delle azioni illegali e il crescente grado di preparazione di una delinquenza sempre più mobile e interconnessa rappresentano dunque una sfida cruciale. Nell’ambito dello sviluppo della Visione 2025, la Polizia cantonale ha intrapreso un importante passo con la costituzione di un nuovo Reparto 4 di Polizia giudiziaria in cui sono confluiti i servizi attivi nella raccolta, nell’elaborazione, nell’analisi, nello sviluppo e nella divulgazione di dati e informazioni. «L’intero processo - spiega Lo Cicero - è volto a garantire una migliore visione d’insieme e un migliore coordinamento di queste attività, con l’intento di costituire un unico centro di competenza informatica e di intelligence a beneficio dell’operatività del Corpo».

La SATI si completa

All’interno del variegato mosaico che compone il nuovo Reparto giudiziario 4, uno dei tasselli è rappresentato dalla Sezione analisi tracce informatiche (SATI). Di recente sono stati pubblicati i concorsi per alcune figure tecniche che andranno a rafforzare i ranghi della Sezione. Composta agli inizi da sei unità (il caposezione, due inquirenti e tre analisti), oggi comprende 12 collaboratori: il caposezione, il sostituto, cinque inquirenti, quattro analisti e un collaboratore tecnico amministrativo. Inoltre, nel corso del 2013, sono stati assunti due informatici presso il Centro sistemi informativi, assegnati amministrativamente e logisticamente allo stesso centro, ma operativamente gestiti dalla Sezione. L’implementazione di un’infrastruttura tecnica dedicata e all’avanguardia, ottenuta grazie a un notevole sforzo finanziario, è stata la ciliegina sulla torta.

Non solo «nerd»

Non bastano le conoscenze informatiche, telematiche e tecnologiche: per lavorare in questo reparto ci vogliono anche fiuto investigativo e capacità di tradurre nel linguaggio giuridico gli innumerevoli dati raccolti durante le indagini. In un’epoca dove parole quali «digitalizzazione» e «connettività» sono ormai più che familiari, è evidente come sia diventato addirittura difficile trovare ambiti investigativi dove l’informatica sia del tutto assente. Perciò gli uomini della SATI forniscono supporto a tutti gli altri servizi del Corpo di polizia.

Oggi essere in possesso dell’indirizzo Ip dell’ultimo accesso all’account di un social può rivelarsi prezioso per la riuscita delle ricerche
Marco Montanaro

Algoritmi e machine learning

Nata nel 2004, la Sezione analisi tracce informatiche si è evoluta, soprattutto negli ultimi dieci anni, in termini di risorse e competenze. Grazie anche alla formazione ricevuta, sono state ottimizzate le procedure operative e tecniche. «All’indagine classica si sono aggiunti metodi investigativi basati sulle nuove tecnologie - puntualizza il capo reparto Giudiziario 4 -. Tra i nuovi strumenti a nostra disposizione, figurano anche gli algoritmi. Presto potremo contare anche sull’AI, l’intelligenza artificiale e il machine learning, l’apprendimento automatico. Se prima l’acquisizione di informazioni avveniva principalmente attraverso gli informatori o frequentando bar o piazze, oggi è spesso anche nel cyberspazio che si raccolgono elementi utili per inchieste puntuali oppure per prevenire i crimini».

Ritrovare persone scomparse

La SATI è preziosa anche nell’ambito del supporto nella ricerca delle persone scomparse, come racconta il commissario capo Marco Montanaro: «Al giorno d’oggi l’utilizzo delle antenne di telefonia è sempre più affiancato alle app di localizzazione e ai servizi quali Google, WhatsApp, Facebook. Oggi essere in possesso dell’indirizzo Ip dell’ultimo accesso all’account di un social può rivelarsi prezioso per la riuscita delle ricerche». Un campo, quest’ultimo, in continua evoluzione. «Da qui, la necessità per la nostra sezione di rimanere sempre aggiornati», puntualizza Montanaro.

La trappola della sextortion

La SATI si occupa anche di sextortion, i ricatti a sfondo sessuale che viaggiano su Internet. I casi nel nostro Cantone sono ancora pochi per finire nelle casistiche. «Tuttavia in quelli finora registrati abbiamo notato che sono soprattutto gli uomini a cadere in trappola», spiega Montanaro. L’adescamento avviene dapprima sui social, poi su una videochat tipo Skype. Qui il criminale convince la vittima con l’inganno a spogliarsi o ad assumere pose indecenti. Le azioni compiute durante la videochat vengono segretamente registrate. Poi scatta la richiesta di denaro: «O ci paghi, o le immagini diventano pubbliche». L’unica soluzione per liberarsi dalle grinfie dei malviventi è la denuncia in polizia. «Purtroppo però le vittime bussano alla nostra porta quando ormai è troppo tardi e il reato è già da tempo consumato», spiega Montanaro.

I principi azzurri virtuali

Se la sextortion riguarda soprattutto gli uomini, le romance scam le donne. «Vittime di queste truffe dell’amore sono in genere persone sole - puntualizza Montanaro -, donne vulnerabili che magari hanno appena perso il marito, oppure divorziate che sono in cerca del tipico principe azzurro».  Per mettere a segno i loro piani, i truffatori si fingono innamorati della persona caduta nella loro trappola per poi ottenere da lei somme di denaro. Anche in questo caso, le vittime si rivolgono alla Polizia quando ormai è troppo tardi. «Anzi: i truffatori sono talmente abili a giocare con i sentimenti delle loro vittime, che alcune di loro se ne sono andate dai nostri uffici poco convinte di tutte le raccomandazioni da noi fornite. Ci sono persino ricascate».

Attacchi ransomware e truffe BEC

Le attività illecite più frequenti riscontrate dagli uomini della SATI sono tuttora le truffe Business Email Compromise (BEC) e gli attacchi ransomware. I BEC consistono in un accesso illecito a una casella di posta elettronica, solitamente attraverso le tecniche del social engineering, che permette di scoprire una relazione finanziaria. Acquisiti i dati essenziali, i truffatori si fanno passare per un creditore o per un dirigente dell’azienda chiedendo alla vittima di indirizzare un versamento su false coordinate bancarie. Le 9 inchieste aperte lo scorso anno hanno permesso di appurare un danno economico pari a circa 550.000 franchi. La seconda tipologia, il ransomware, consiste in attacchi mirati con i quali vengono criptati e resi illeggibili i dati contenuti nei dispositivi, per lo sblocco dei quali viene chiesto un riscatto, sempre più spesso in criptovalute. Gli autori operano prevalentemente dall’estero mantenendo l’anonimato. Nel corso del 2021 la SATI ha sviluppato 36 inchieste, svolto 72 perquisizioni in supporto ad altri servizi, effettuato 1.095 analisi informatico-forensi, elaborato 43 analisi criminali operative, collaborato durante 27 ricerche d’urgenza ed evaso 250 richieste e-mail giunte da utenti o altre autorità. Inoltre, ha fornito importante supporto alla Polizia giudiziaria e alla Gendarmeria nelle indagini classiche in cui vi erano delle componenti informatiche in gioco.