Senza targa TI scatta il controllo

Le nuove regole sull’ingresso in Italia hanno causato, ieri, qualche incertezza in alcuni valichi di frontiera. Le auto svizzere che non hanno la targa TI vengono infatti sistematicamente fermate e i passeggeri controllati. L’ordine di verifica a campione ricevuto dai militari che presidiano le dogane non vale, ovviamente, per chi proviene da distanze superiori ai 60 km.
In questo senso va inquadrata la notizia di alcuni cittadini confederati respinti ieri a Bizzarone. Una notizia confermata soltanto in parte dal comandante del gruppo della Guardia di Finanza di Ponte Chiasso, il colonnello Andrea Alba. «Con l’entrata in vigore dell’ordinanza del Ministero della salute le regole sono in parte cambiate - dice Alba al Corriere del Ticino -, per chi risiede nella fascia di confine è garantita la possibilità di entrare senza tampone, purché sia vaccinato o guarito da non più di 180 giorni. Chi giunge da località che distano oltre 60 km deve invece presentare il tampone e il PLF (Passenger Locator Form, ndr)». Le fiamme gialle non fanno attività di polizia di frontiera, svolgono unicamente controlli di polizia finanziaria e doganale. Ma sono tuttavia tenute anch’esse a far rispettare le nuove disposizioni.
Così ieri, di fronte a un’auto con targa diversa da quella ticinese, i militari del valico di Bizzarone hanno fermato il conducente e verificato i documenti sanitari degli occupanti. «Parlare di respingimento non è esatto - dice ancora il colonnello Alba -, le persone controllate non avevano il tampone ed è stato spiegato loro come, per entrare in Italia, fosse necessario il test. Sono state quindi invitate a fare il test e a compilare il PLF».
La difesa di Draghi
Il cambio di direzione deciso dal Governo italiano a proposito degli ingressi nel Paese è stato difeso, ieri, dal presidente del consiglio Mario Draghi durante la riunione del Consiglio europeo convocato, tra l’altro, per discutere proprio dell’uniformazione delle regole riguardanti il green pass.
I 27 Stati membri dell’Unione discutono da settimane su come coordinare le loro politiche turistiche: l’obiettivo è contenere il virus senza interrompere in modo sproporzionato gli spostamenti all’interno dell’area Schengen.
L’esplosione dei contagi legati alla rapidissima diffusione della variante Omicron ha però spinto prima l’Italia, poi la Grecia, il Portogallo e l’Irlanda ad annunciare ulteriori restrizioni sui viaggiatori.
Le premesse della discussione lasciavano supporre un potenziale scontro di posizioni differenti. Uno dei portavoce della Commissione aveva detto in mattinata, a proposito dell’ordinanza italiana, che «aggiungere test ai certificati di vaccino significa minare il valore del certificato COVID-19». In realtà, le conclusioni del vertice sono state di tono diverso. I Paesi dell’Unione, nel tentativo di salvare comunque il green pass europeo, hanno riaffermato la necessità di «coordinare in anticipo» qualsiasi restrizione e ribadito che le stesse dovrebbero essere basate su criteri oggettivi, senza «ostacolare in modo sproporzionato la libera circolazione tra gli Stati membri».
La libertà di viaggio «all’interno dell’UE non deve finire», ha dichiarato il primo ministro lettone Krisjanis Karins.
Al di là di queste dichiarazioni di principio, proprio per evitare il naufragio del documento sanitario comune, nessun Paese alla fine ha messo in discussione la scelta dei tamponi fatta da Italia, Grecia, Portogallo e Irlanda. Lo stesso Mario Draghi, nel suo intervento, ha potuto così difendere la scelta compiuta ricordando come la variante Omicron sia per ora meno diffusa in Italia che altrove. «Occorre mantenere questo vantaggio a protezione del nostro sistema sanitario nazionale - ha spiegato Draghi -, è questa la ragione alla base della decisione di far fare i test a chi entra in Italia».
Il Consiglio europeo ha quindi riaffermato che per rispondere all’aggravarsi della situazione epidemiologica e all’emergere della variante Omicron la vaccinazione resta «vitale», il completamento del ciclo vaccinale e dei richiami continua a essere «urgente ed essenziale» e la lotta contro la disinformazione «cruciale».
L’onda anomala inglese
A preoccupare veramente è invece la situazione epidemiologica della Gran Bretagna, dove ieri è stato registrato un nuovo record di contagi da coronavirus: 88.376 casi in 24 ore, stando alle cifre ufficiali, con 146 morti contro i 165 del giorno precedente. In aumento anche le infezioni da variante Omicron: 1.691, per un totale di 11.708.
«Questa variante è la più grande minaccia che abbiamo dovuto affrontare dall’inizio della pandemia», ha avvertito Jenny Harries, direttrice generale della British Health Security Agency, intervenendo mercoledì scorso davanti a una commissione parlamentare a Westminster. E lo stesso premier Boris Johnson ha parlato di «onda anomala».
Per limitare questa diffusione sbalorditiva la Francia ha annunciato ieri attraverso il portavoce del Governo Gabriel Attal un inasprimento delle condizioni di accesso dal Regno Unito: in pratica, una chiusura delle frontiere. Per recarsi oltremanica o fare il percorso inverso ci sarà «l’obbligo di avere un motivo essenziale». Sono quindi esclusi i viaggi «per motivi turistici o professionali». Limitazioni che Parigi prevede «sia per i non vaccinati sia per i vaccinati», precisando che i cittadini francesi e dell’Unione già nel Regno Unito potranno comunque rientrare in Francia. «Ridurremo la validità del test per venire in Francia da 48 ore a 24 ore», ha spiegato ancora Gabriel Attal, aggiungendo che le persone provenienti dalla Gran Bretagna «dovranno registrarsi comunque su una app e porsi in auto-isolamento per sette giorni in un luogo di loro scelta controllato dalle forze di sicurezza». Un termine che «potrà essere ridotto a 48 ore se il test negativo dovesse essere effettuato in Francia».
Ovviamente, la prima vittima di tutto questo sarà il turismo. Gli operatori inglesi del settore hanno lanciato un allarme generalizzato. E gli stessi funzionari del porto di Dover, sul lato britannico della Manica, hanno affermato che i nuovi limiti di viaggio in Francia ridurranno ulteriormente un numero di turisti già significativamente ridotto.