«Serve investire: basta con la politica dei piccoli passi»

Per il presidente di Lugano Region, l’avvocato Rupen Nacaroglu, è tutta una questione di consapevolezza. È da lì, dice, che bisogna partire per dare il giusto slancio al turismo. «La mia impressione, invece, è che tanto i Municipi della regione, quanto il Cantone, non abbiano una reale consapevolezza di quanto il turismo sia un motore economico imprescindibile. Il turismo non è un settore accessorio, ma un pilastro dello sviluppo territoriale, capace di generare ricchezza, lavoro e attrattività. Questa mancanza di visione rischia di tradursi in un disimpegno progressivo, proprio nel momento in cui sarebbe necessario alzare l’asticella». In un contesto segnato da restrizioni di bilancio, tuttavia, la proposta di investire maggiormente nel comparto sembra utopica. «Al contrario – sottolinea Nacaroglu – se si vogliono identificare due o tre settori strategici sui quali costruire lo sviluppo del territorio, il turismo deve essere uno di questi. E occorre avere il coraggio politico di investire con determinazione, superando la logica attendista dei piccoli passi».
Nacaroglu insiste anche sull’importanza di un nuovo approccio alla collaborazione pubblico-privato: «Lo Stato ha sicuramente un ruolo da giocare, ma serve creare un ecosistema attrattivo anche per gli investitori privati. Per esempio, se una grande catena alberghiera decide di investire sul Luganese, mi auguro che tutti gli attori coinvolti ne recepiscano il potenziale e si sostenga a spada tratta l’iniziativa. E se un operatore locale del settore propone eventi o progetti di rilevanza turistica non può essere scoraggiato da condizioni quadro poco attrattive e da una burocrazia che oggi spesso paralizza invece di accompagnare. Chi porta idee e iniziativa non deve sentirsi ostacolato, ma ascoltato e sostenuto. Tutto il tessuto economico ne beneficerebbe sicuramente.
Per Nacaroglu, la sfida è tanto economica quanto culturale. «Oltre alle risorse finanziarie, servono visione, responsabilità e scelte politiche coraggiose. Il turismo non può più essere trattato come un tema secondario: deve diventare una priorità strategica, sostenuta con atti concreti. Viviamo in un territorio straordinario, con un potenziale paesaggistico e culturale enorme. Ma la bellezza da sola non basta. Come Lugano Region, continueremo a fare la nostra parte, ogni giorno, con impegno e proposte concrete. Ma è chiaro che da soli non possiamo farcela: servono scelte coraggiose, coordinate e condivise da parte di istituzioni, politica e operatori del settore. È questo il momento di decidere se vogliamo restare fermi o costruire insieme il futuro turistico del nostro territorio».

Massimo Boni: «Non dobbiamo copiarli, abbiamo i nostri atout»
«Guardate quanto sono pieni i negozi e gli alberghi di Como...». Il direttore di Lugano Region, Massimo Boni, se lo sente ripetere spesso. Ma, come mostra anche lo studio commissionato alla EHL Hospitality Business School, il confronto non regge. «Como e Lugano, in comune, hanno praticamente solo il fatto di avere un lago. Sono due mondi molto distanti tra loro e un paragone ha poco senso», dice. Ciononostante, la comparazione presentata dallo studio permette comunque di offrire alcuni spunti di riflessione utili. A partire da quelli dedicati agli hotel.
Come visto, tra gli aspetti che balzano all’occhio, c’è la differenza marcata tra le strutture di lusso. «I 4 e 5 stelle di Como, non sono quelli di Lugano. Qui, ad esempio, mancano, ad eccezione di pochi casi, catene alberghiere, alla stregua del Mandarin Oriental». E riuscire ad attrarle, non è così semplice. «Da un lato, nel Luganese i grandi hotel del segmento 4-5 stelle appartengono e sono gestiti da famiglie storiche, e questo rappresenta un valore aggiunto e un elemento di richiamo per la clientela nazionale, e anche per quella delle vicine Italia e Germania. Un privato, però, a differenza dei grossi gruppi, non ha la stessa forza finanziaria. E in un mondo che necessita di investimenti molto alti per stare al passo con i tempi, com’è quello dell’hotellerie, questo può giocare a sfavore». Non solo. «Le grandi catene alberghiere internazionali puntano moltissimo sui programmi di fidelizzazione. Per la clientela abbiente, infatti, il lusso non è solo la qualità della struttura, ma anche - per fare un esempio – la possibilità di risparmiare il tempo necessario a effettuare il check-in o il trovare un albergo che conosca esattamente le sue abitudini: la tipologia di cuscino, o la colazione prediletta. Inoltre, con i programmi di fidelizzazione, si accumulano punti e benefici utilizzabili per altre vacanze e il cliente sceglie una destinazione anche perché trova la propria catena di riferimento. Insomma, queste strutture funzionano un po’ come le compagnie aeree che permettono di accumulare le miglia, contribuendo così a trattenere la clientela. Da noi, a differenza di Como, tutto ciò esiste solo parzialmente».
Parola d’ordine: originalità
Con la fine della pandemia e la lieve diminuzione registrata dagli arrivi dei confederati, però, è diventato imperativo potersi aprire a mercati nuovi. «Se riuscissimo ad attrarre qualche grande catena, sarebbe interessante. Ma, a mio avviso, dobbiamo concentrarci soprattutto sul fare bene quello che sappiamo fare. Anche i 5 stelle, insomma, dovrebbero seguire la nostra identità e incarnarne l’originalità», spiega Boni. E l’identità che il direttore auspica per il comparto è quella di un turismo che sappia abbracciare l’autenticità del nostro territorio. «Il Luganese, e più in generale il Ticino, hanno da offrire moltissimo. Ecco dunque che, piuttosto che concentrarci sul paragone con Como, infruttuoso, dovremmo individuare i nostri punti di forza e puntare su quelli per crescere». A mo’ di esempio, Boni cita due strutture, due imprese sociali che stanno conoscendo un certo successo, certificato dal «pienone» registrato negli ultimi tempi: la Locanda della Masseria e la Locanda dal Bigatt. «Si tratta di due realtà che hanno saputo sì intercettare il lusso, ma interpretandolo in chiave più moderna. E credo che sia proprio questa la ricetta del successo: offrire un’esperienza confortevole, ma meno formale rispetto a ciò a cui siamo abituati nel lusso». Anche perché, limitarsi a “copiare” quanto fatto da Como non servirebbe. «Le nostre tipologie di alberghi non sono equiparabili e, oltretutto, puntano su clientele diverse. Noi dobbiamo concentrarci sulle famiglie e su un’offerta diversificata, offrendo loro una modalità di vacanza all’insegna della calma e della sicurezza. Una sorta di ritorno alle origini».
Sui chi puntare e come
Oggi, spiega Boni, il mercato di riferimento è composto per il 50% da clienti confederati e per un altro 50% da turisti provenienti da Germania, Italia, USA, Paesi del Golfo, Brasile e altri clienti del resto del mondo. «Lo zoccolo duro della nostra clientela, gli svizzeri, devono essere mantenuti. Come? Non con operazioni vuote di marketing ma puntando sul prodotto. Dobbiamo impegnarci a offrire loro proposte mirate e promozioni specifiche, in linea con le loro aspettative».
Più complicato, per contro, è aprirsi ai mercati nuovi. E qui, la chiave sta nel riuscire a creare un contatto diretto con i tour operator. «Gli Stati Uniti sono il primo mercato estero, e rappresentano un segmento storico. I Paesi del Golfo subiscono il fascino di una destinazione, quella svizzera, resa attrattiva dal clima, ma anche dall’elevato grado di sicurezza che può offrire. E poi c’è il Brasile, che è uno dei Paesi su cui puntiamo quest’anno e che - proprio grazie a una maggiore facilità di contatto con i tour operator - ha fruttato, solo nel 2024, un aumento degli arrivi del 18%». Per contro, dice Boni, «mercati estremamente vasti, come India e Cina, restano al momento fuori dalla nostra portata perché necessitano risorse umane e finanziarie importanti per essere penetrati».
Se competere con Como non è possibile, si può però tentare una collaborazione. «Ma questa non può dipendere esclusivamente dagli enti turistici. Mi spiego: ci sono già alcune collaborazioni attive tra hotel, ma spetta ai privati attivarsi. Ciò che invece possiamo fare noi, è tentare di investire sugli operatori turistici e sensibilizzarli sul fatto che, se i turisti non si trovano bene a Como per il sovraffollamento, possono venire qui. Chiarendo ciò che di buono possiamo offrire: qualità svizzera, clima e atmosfera mediterranei». Non in competizione, ma in antitesi con il Lario.