Si è approfittato di persone fragili e poi le ha truffate

Il giudice Paolo Bordoli ha ben riassunto quello che ha commesso l’imputato negli ultimi due anni. Approfittarsi cioè di persone fragili sfruttando i loro aspetti problematici solo per trarne un guadagno immediato e sopperire ai propri bisogni. E ai debiti, visto il plico di attestati di carenza beni (68) che pesano sulle sue spalle per un totale di oltre 70.000 franchi. Il guadagno, dicevamo. Lo stesso che dopo ripetute richieste di piccole somme alle vittime si è gonfiato a tal punto da raggiungere la soglia dei 100.000 franchi. Un agire, quello di un 30.enne cittadino svizzero patrocinato dall’avvocato Tommaso Manicone, che gli è valsa una condanna, pattuita tra la difesa e il procuratore pubblico Daniele Galliano e avallata in seguito da Bordoli, (anche) per truffa aggravata a 22 mesi sospesi per dare luogo all’esecuzione di trattamento stazionario in virtù della sua tossicodipendenza (è stato condannato anche per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti).
Si faceva versare il denaro
Ma quali erano le modalità con cui l’imputato raggirava le sue vittime e, soprattutto, come le sceglieva? Parliamo di persone fragili, facilmente manipolabili e, in alcuni casi, con disponibilità finanziarie. Uno dei casi riportati nell’atto d’accusa – e forse il più impattante vista la cifra spillata dall’uomo in un anno, ovvero ben 72.000 franchi – vede al centro un ragazzo, che ha frequentato le scuole speciali, ha una fragilità cognitiva e dispone di un conto risparmio in cui, dalla nascita, la famiglia versa delle piccole somme di denaro. L’imputato inizia a chiedergli ripetutamente soldi anche facendo leva sul fatto che non aveva disponibilità economica per dar da mangiare a sua figlia. Nell’incarto figurano anche versamenti che oscillano tra i 200 e i 2.000 franchi. La promessa è sempre la stessa: la restituzione del denaro in poco tempo. Un’altra persona caduta nella trappola dell’imputato è una donna, persona fragile e a beneficio dell’invalidità a seguito di un tumore celebrale. Iniziano a scambiarsi messaggi sul cellulare e l’uomo conquista a poco a poco la sua fiducia. Il modus operandi si ripete: la donna riceve ripetute richieste di piccole somme di denaro e il 30.enne continua a fare leva sulla sua difficoltà economica che gli impedisce di acquistare cibo per la figlia. «Quando faceva quelle cose a quelle persone – lo ha ammonito il giudice della Corte delle assise correzionali –, non era sotto effetto di stupefacenti, era quindi lucido e sapeva bene a chi si rivolgeva. È grave quello che ha fatto».