Si torna all’altare, ma le regole non sono per niente chiare

Tornano i fiori d’arancio. A partire da lunedì 31 maggio sono nuovamente possibili incontri e feste private con un massimo di 30 persone al chiuso e 50 all’aperto. Il limite di 50 invitati vale anche per le manifestazioni che si svolgono nella sala di un ristorante. Dunque banchetti di matrimonio limitati, ma possibili. Se la cerimonia si tiene in chiesa, però, è consentito (almeno lì) farvi assistere fino a 100 persone, occupando un solo posto a sedere su due.
Una buona notizia per i fidanzati, soprattutto quelli che hanno dovuto rimandare tutto nel 2020. Se nel 2019 erano convolate a nozze 1.205 coppie (l’anno prima erano 1.308), lo scorso anno sono state 949 (85 in giugno, 99 in luglio, 118 in agosto, 132 in settembre e 133 in ottobre). Un calo del 21,2%. E anche ora l’incertezza regna sovrana e chi aveva scelto una data nel mese di giugno dovrà forzatamente «fare le cose all’ultimo» e tagliare la lista degli invitati. «La situazione è molto complicata e complessa – ammette Mery Belvedere, emotional wedding planner -. Le regole non sono chiare. Non c’è un ordine di protocollo specifico. Il Governo parla di ‘‘eventi privati’’, ma il matrimonio è un evento molto particolare che non può essere paragonato a battesimi e cresime». Chi lavora nel settore (dagli organizzatori ai fioristi, passando da catering e confetti) si ritrova pertanto bersagliato da domande a cui non sa dare risposta, se non quelle che si trovano online.
Ne consegue una certa frustrazione, soprattutto per le coppie. «Sembra che i matrimoni siano considerati covi del virus – continua la wedding planner -. In realtà è il luogo in cui, con determinate regole ben precise, si può controllare ogni invitato. Abbiamo la tracciabilità, il distanziamento, regole di comportamento, i tamponi. È possibile fare una festa in sicurezza. Mi chiedo: è meglio in 50 con un rischio reale di contagio o in 100 controllati?».


Sposarsi in Italia
Ma tanti ticinesi, si sa, preferiscono attraversare la frontiera per i festeggiamenti. E in Italia le cose stanno diversamente. A metà maggio il Governo ha annunciato la «data X», il 15 giugno, e la macchina organizzativa ha ripreso a girare – basti pensare che l’anno scorso sono saltate l’85% delle feste di matrimonio -, seppur senza sicurezze su numero di invitati e distanze. Ma qualche giorno fa le cose si sono fatte più concrete. Le regioni «bianche» (attualmente Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Molise) possono autorizzare i festeggiamenti già da ieri. Le altre dovranno attendere quattordici giorni. Ma in tutti i casi i partecipanti (dai 2 anni di età) dovranno essere in possesso del green pass: tampone rapido con esito negativo nelle ultime 48 ore (72 ore per il PCR), o almeno 15 giorni dalla prima dose di vaccino, o massimo nove mesi dal completamento del ciclo vaccinale, o guarigione dalla COVID-19 da non più di sei mesi.
«A Berna non si rendono conto che il Ticino è un caso particolare. E in questo momento è avvantaggiato chi ha scelto di andare a sposarsi oltrefrontiera – aggiunge Mery Belvedere -. Capisco le difficoltà della politica in piena pandemia, ma basterebbe dare regole chiare. Se c’è una progettualità per i grandi eventi, perché non c’è per i matrimoni? Basterebbe dire ‘‘se la situazione epidemiologica lo permetterà, dal 1. luglio sarà consentito festeggiare con x persone’’. Invece il nostro settore non viene considerato o si pensa che sia un luogo in cui esplodono i contagi».
Chi è stato invitato a un banchetto in Italia dopo il 15 giugno, quindi, dovrà ossequiare i requisiti del green pass. Se è vaccinato o ha già fatto il virus sarà esentato dal sottoporsi al tampone rapido – difficile da prenotare nelle farmacie prese d’assalto - per prendere parte al matrimonio. Ma non servirà ugualmente per attraversare il confine? Lunedì l’Huffington Post aveva anticipato che a metà mese il green pass – che fino al 1. luglio potrà essere «un bel pezzo di carta» - sarà attivo. Oggi il senatore italiano del PD Alessandro Alfieri ha annunciato che a partire da subito «i cittadini svizzeri potranno spostarsi fino a 60 km dal proprio domicilio» senza doversi sottoporre al tampone, avendo compilato il Passenger locator form online, con la possibilità di «rimanere in Italia per 24 ore dall’attraversamento del confine».