L'intervista

Sirica: «Nel 2024 lascerò la carica, ma ora c’è voglia di Federali»

Domenica si riunirà il congresso del PS per lanciare l’appuntamento dell’autunno – Facciamo il punto con il co-presidente socialista
© CdT/Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
09.06.2023 06:00

Dallo sguardo autocritico per il risultato delle elezioni cantonali, alla convinzione che il progetto rossoverde avrà un futuro. Sirica conferma che quella in corso è una parentesi della sua vita, dopo le elezioni comunali del 2024 lascerà per dedicare il tempo libero alla famiglia. La fiducia per il lavoro di Marina Carobbio e alle difficoltà politiche che arriveranno in autunno.

Co-presidente Fabrizio Sirica, cosa è cambiato nel PS dalle poco brillanti elezioni cantonali ad oggi?
«Non mi piace parlare di partito come qualcosa di sconnesso con la società. C’è giustamente l’aspettativa, che nasce dal bisogno, di una sinistra forte e che sappia rispondere ai problemi concreti. Negli ultimi quattro anni la situazione di vita del ceto medio e basso, delle famiglie, dei pensionati, dei giovani che cercano lavoro, non è certo migliorata, anzi, da qui il bisogno di rafforzarci in Parlamento, ma così non è stato. C’è quindi grande delusione non nel PS, ma nella nostra comunità. Dopo il momento delle analisi e delle critiche anche dure, ora dobbiamo trasformare questo sentimento in voglia di rivalsa, non per noi, ma per quei valori che rappresentiamo. È un momento difficile per la sinistra, ovunque in Europa, ma è proprio in questi periodi che occorre mantenere un partito socialista forte e propositivo».

Lei e la sua collega Laura Riget in che termini e con quali mosse concrete avete fatto autocritica?
«Non può mancare l’autocritica se si vuole migliorare. Uno degli aspetti usciti con maggior vigore è stata la distanza dei partiti, tra cui anche il PS, dalla popolazione. Questa lacuna vogliamo colmarla con una lista chiaramente radicata al territorio, composta da persone molto competenti sui loro temi che sanno dare risposte concrete ai bisogni della popolazione. Il lato positivo di avere le elezioni federali a ridosso delle cantonali è che si può ripartire con proposte concrete a problemi reali, mettendo al centro i temi».

Non ha mai pensato di lasciare l’incarico prima delle elezioni federali?
«Ho sempre pensato che le persone devono essere funzionali al progetto politico che il Partito vuole costruire. Per cui, se avessi percepito che non si voleva continuare nella direzione da noi promossa, mi sarei fatto da parte. Ma nonostante le critiche, giuste e che occorre assumersi nella funzione, nemmeno un socialista ha chiesto le nostre dimissioni o di cambiare drasticamente rotta. Abbiamo lavorato molto e con un chiaro profilo, nella costruzione di un’identità e favorendo un processo di rinnovamento che da al partito nuove e valide leve. Abbiamo arato la terra e seminato, continuando ad aver cura del nostro progetto ne vedremo i risultati. Questo è il momento della compattezza, di serrare le fila e impegnarsi sui temi».

Al Corriere del Ticino, l’estate scorsa, aveva anticipato l’intenzione di terminare la co-conduzione del PS con le elezioni comunali del prossimo aprile. Conferma quella scelta o ci ha ripensato?
«Come molti lettori e lettrici sicuramente sanno, la nascita di un figlio (in particolare del primo) sconvolge le priorità. La mia è quella di essere un padre presente ed occuparmi paritariamente con la mia compagna di Romeo. Questo significa fare delle scelte. La mansione di copresidente assorbe completamente il proprio tempo libero e deve essere la priorità per chi la svolge. Continuerò fino alla fine del mio mandato a dare il massimo, in seguito le mie energie saranno ancora di più per la mia famiglia, per la professione e il Gran Consiglio».

E Riget lascerà contemporaneamente alla sua partenza?
«Questa è una valutazione che spetterà a lei. Quel che spero è che si continuerà a sviluppare i progetti che abbiamo impostato, in primis ovviamente il progetto rosso-verde, ma penso anche al nostro piano di rilancio “un Ticino in cui vivere”, che detta le politiche da perseguire da qui al 2030 per una società più solidale e sostenibile. Ecco qualche esempio concreto: un salario minimo di almeno 4.000 franchi, premi di cassa malati che non superino il 10% del reddito, lotta al precariato e investimento in un’economia socialmente ed ecologicamente sostenibile, inclusività per persone ai margini, dimezzamento del costo per i trasporti pubblici, il tutto finanziato da una fiscalità che riduca e che non alimenti le disuguaglianze, che sono arrivate a livelli inaccettabili anche in Ticino».

Io non vedo l’ora di vedere la nostra squadra confrontarsi sui temi impellenti delle federali, che ci vedranno in prima linea nel rispondere validamente ai bisogni più importanti della cittadinanza

Domenica è in agenda il vostro congresso per lanciare l’appuntamento del prossimo autunno. Le batterie sono sufficientemente cariche per affrontare quella prova e cosa dirà alla vostra base?
«Lo saranno se sapremo trasformare la delusione in voglia di rivalsa ed entusiasmo. Io non vedo l’ora di vedere la nostra squadra confrontarsi sui temi impellenti delle federali, che ci vedranno in prima linea nel rispondere validamente ai bisogni più importanti della cittadinanza. Soprattutto a livello federale la storia ha dimostrato perché siamo “i progressisti”: le nostre battaglie precedono i tempi e negli anni quelle conquiste sociali diventano un patrimonio comune, dal primo pilastro - l’AVS - al voto alle donne, fino ad arrivare un giorno alla cassa malati unica e in base al reddito. Ci arriveremo, l’attuale sistema dimostra anno dopo anno la sua insostenibilità».

I vostri obiettivi sono noti: lei crede davvero alla mission impossible della riconquista del seggio lasciato vacante da Marina Carobbio agli Stati o è dall’inizio una battaglia persa?
«Sappiamo che la sfida è estremamente ardua, lo era anche 4 anni fa e ce l’abbiamo fatta, ma ha perso in partenza solo chi non ci prova con tutte le sue forze. Bruno Storni è un nome che potrà piacere, con le sue competenze e il suo modo analitico di affrontare la politica, da molte aree».

Immaginiamo che consideri «forte» la vostra lista per il Consiglio nazionale. In cosa è tale? E qual è eventualmente un suo limite?
«Oggettivamente abbiamo persone estremamente competenti nei loro ambiti professionali e di interesse, e questi coincidono con le principali tematiche politiche: energia e mobilità, migrazione, parità e inclusione, lavoro, sanità e socialità, affitti, formazione e cultura. Qualcuno potrebbe dire che non sono tutti e 8 nomi altisonanti, ma abbiamo composto una lista che farà un gioco di squadra, non una lotta di singoli».

Quest’anno fate l’occhiolino agli over 60 con la lista «PS 60» sottocongiunta con la vostra. Pescate tra i giovani e meno giovani. Sarà la strategia vincente?
«Un partito deve essere rappresentativo di tutta la popolazione e di tutte le sensibilità, in una società strutturata con la nostra demografia, dare voce alle necessità della terza e quarta età è centrale».

I rapporti tra voi e i Verdi non paiono più elettoralmente idilliaci come per le cantonali. Gli ecologisti temono che il secondo seggio dell’area progressista possa essere rosso e non verde. Capisce questo timore o lo reputa un «falso problema»?
«Il progetto rossoverde sta continuando. Dopo le cantonali e in preparazione di una nuova sfida elettorale è normale che i partiti si concentrino più su se stessi, ma i contatti sono frequenti e positivi, le collaborazioni non mancheranno e la chiara volontà è di continuare sulla strada intrapresa. L’obiettivo minimo per noi è che si confermino i due seggi PS e Verdi al Nazionale, quello più ambizioso la riconquista dei tre seggi attuali».

Non si può costruire una società verde, quindi sostenibile, senza riformare l’economia capitalista

È sempre persuaso che il progetto rossoverde abbia un futuro oppure oggi c’è qualche dubbio in più di ieri?
«Il punto è che non è tattica elettorale, anzi, non è nemmeno una scelta, ma l’unica via possibile per dare coerenza alle nostre politiche. Non si può costruire una società verde, quindi sostenibile, senza riformare l’economia capitalista. Così come non può esistere una società socialista senza mettere come priorità la più grave urgenza della mia e delle nuove generazione, che è quella climatica».

La stretta attualità ci proietta al voto del 18 giugno con il vostro referendum contro gli sgravi per casse malati e figli. Sembra essere una prova di «tenuta e credibilità» per voi che avevate clamorosamente bucato le firme contro il progetto di riforma fiscale e perso altre battaglie fiscali?
«Sapevamo che era una battaglia difficile e abbiamo messo in conto di poter perdere, ma se la sinistra rinuncia a denunciare e mobilitarsi contro le ingiustizie (e questa lo è, dando più soldi alle famiglie più benestanti rispetto a quel ceto medio che ne avrebbe davvero bisogno) per mero tatticismo di corto termine, non è sinistra».

Non è magari che quelle contro la fiscalità sono ormai battaglie di retroguardia?
«Una fiscalità progressiva ed equa è il caposaldo di ogni società che si vuole democratica prima che giusta. La ripartizione della ricchezza diseguale rende questa battaglia più attuale e importante che mai, altro che retroguardia!».

Dal Governo giungono spifferi (sono arrivati anche a lei?) che disegnano una manovra di rientro dei conti con sacrifici importanti. Come l’affronterete?
«Non è arrivato nulla di concreto, e questo è un problema. Penso che purtroppo avevamo ragione, non si potrà fare un risanamento solo sulle uscite senza fare tagli dolorosi che peseranno sulla popolazione (come avevamo promesso falsamente i sostenitori del decreto Morisoli). Avevamo perso quella battaglia alle urne, ma saremo coerenti nel contrastare i tagli».

Cosa vi attendete dalla vostra nuova consigliera di Stato Marina Carobbio?
«Marina ha iniziato a lavorare con grande vigore e professionalità, conoscendola me lo aspettavo. Entra in governo in un periodo molto difficile per il Canton Ticino, ma le sue competenze e l’approfondimento dei dossier portano un valore aggiunto a tutti. Negli anni lo vedremo».

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