Confine

Spesa, la franchigia dimezzata non frena gli acquisti dei ticinesi in Italia

L’abbassamento del limite di esenzione dall’IVA per ora non ha avuto gli effetti sperati – Il DFF: «Lo avevamo detto, l’impatto sarà minimo» Migros: «Non ha spostato gli equilibri» – Coop: «Contesto molto competitivo» – I commercianti lombardi: «Non calano i clienti, ma il valore dello scontrino»
©Gabriele Putzu

Osservando le targhe delle auto parcheggiate nei supermercati appena dopo il confine, si direbbe che dall’inizio dell’anno poco o nulla è cambiato. Neppure dopo la stretta introdotta per frenare il turismo degli acquisti. Dal 1. gennaio, infatti, il limite di esenzione dall’IVA per le merci acquistate oltre confine è stato abbassato di molto. Prima, chi comprava in Italia per un importo massimo di 300 franchi non era tenuto a pagare alcuna imposta sull’importazione e quando tornava in Svizzera, se aveva speso più di 70 euro, poteva anche farsi rimborsare l’IVA italiana, molto più alta di quella svizzera. Ora, invece, quella soglia è stata dimezzata, da 300 a 150 franchi, per rendere meno attrattivo lo shopping transfrontaliero. Finora, però, la misura non sembrerebbe aver sortito gli effetti sperati.

Il giro di vite

Il giro di vite, lo ricordiamo, era stato chiesto dal Parlamento, che nel 2021 aveva accolto una mozione della Commissione delle finanze del Nazionale per migliorare l’equità fiscale nel flusso di merci sul confine (riducendo la franchigia) e al tempo stesso aveva dato seguito a due iniziative dei Cantoni di frontiera di Turgovia e San Gallo per abolire del tutto il limite di esenzione dall’IVA. Ogni anno, secondo le stime della Swiss Retail Federation, gli svizzeri spendono oltre 8,5 miliardi di franchi nei Paesi limitrofi per fare acquisti. Alle Camere, la proposta di dimezzare la franchigia era stata sostenuta dalla Commissione dell’economia e dei tributi del Nazionale, mentre quella degli Stati avrebbe preferito portarla a 100 franchi. Il Consiglio federale, da parte sua, riteneva però che un limite più basso avrebbe aumentato in modo sproporzionato l’onere per lo sdoganamento e il controllo, sia per le dogane sia per i viaggiatori, costretti a dichiarare merci di minima entità. Così, alla fine, la soglia è stata fissata a 150 franchi. Un limite che, per la Federazione del commercio al dettaglio, sarebbe tuttavia da ridurre ulteriormente, a 50 franchi.

Concorrenza elevata

«Nel commercio al dettaglio svizzero da anni regna una dura concorrenza, con un gran numero di rivenditori e una forte pressione sui prezzi», fa in effetti sapere Coop da noi contattata. «Gli acquisti all’estero e la moltitudine di fornitori online contribuiscono in modo significativo a questo contesto estremamente competitivo». Per questo motivo, ricorda, «l’IG Commercio al dettaglio ha richiesto, nell’ambito della consultazione dello scorso anno, una riduzione della franchigia a 50 franchi, in linea con la soglia in vigore in Germania. In questo modo si eviterebbe un trattamento fiscale iniquo tra i consumi in Svizzera e quelli all’estero». In tutti i casi, questi sei mesi di franchigia dimezzata secondo Coop sono ancora pochi per poter dire se effettivamente la misura abbia prodotto qualche effetto. «In linea generale, va considerato che ci sono numerosi fattori che contribuiscono all’andamento positivo del commercio al dettaglio in Ticino». Secondo Migros Ticino, invece, «la nuova soglia non ha spostato gli equilibri, ma potenzialmente ha compensato altri criteri che possono incidere sul fenomeno del turismo della spesa, come ad esempio il franco sempre più forte». Ad ogni modo, la riduzione della franchigia sebbene «non sia la panacea di tutti i mali, è però una misura che va nella giusta direzione per garantire la parità di trattamento e ridurre lo svantaggio concorrenziale che i negozi ticinesi subiscono, dati da condizioni quadro e leggi estere». Il commercio al dettaglio ticinese «non può infatti far approfittare la propria clientela dell’esenzione dall’IVA». Lo scarto, insomma, tra la realtà svizzera e quella italiana, rimane importante. Anche perché «dal primo febbraio 2024 - osserva Migros - vi è stato in Italia l’abbassamento della soglia di applicabilità del cosiddetto ‘‘tax free’’ e ora i cittadini extra UE possono richiedere il rimborso dell’imposta a partire da una spesa di 70 euro. L’importo è dimezzato rispetto alla precedente soglia di 154 euro. Mentre da noi dal 1. gennaio 2025 la franchigia IVA per l’importazione di merci destinate all’uso privato è scesa a 150 franchi. Allo stato attuale, quindi, ciò comporta un netto vantaggio competitivo per gli attori del commercio al dettaglio d’oltre frontiera. Vi è una forbice piuttosto ampia, che permette di fare sostanziosi acquisti «derivati»: non si compete, insomma, in condizioni di uguaglianza; il commercio al dettaglio ticinese non può infatti far approfittare la propria clientela dell’esenzione dall’IVA». Non solo. Migros ha anche stimato quanto impatta il volume degli acquisti fatti in Italia da parte dei ticinesi. Ed è parecchio: «È superiore ai 500 milioni di franchi annui e, dal nostro punto di vista, negli ultimi anni è in crescita. Basti pensare che oggi il più grande attore del commercio al dettaglio per i ticinesi è l’insieme dei negozi e supermercati di oltre confine».

«Il problema resta enorme»

Anche nelle piccole attività a ridosso del confine «non si registra per ora alcun effetto tangibile», come racconta Davide Rampoldi, presidente della Società dei commercianti del Mendrisiotto. «Certo, abbassare la franchigia è stato meglio che non fare nulla, ma è soltanto una piccola risposta di fronte a un problema enorme», ammette. Nonostante anche Como, negli anni, sia diventata cara, «il prezzo di molti prodotti resta attrattivo, e questo fa sì che la clientela ticinese continui a guardare all’Italia per fare acquisti, piuttosto che fermarsi in Ticino. Anche perché la forza del franco gioca a nostro sfavore». Soprattutto a Chiasso, dice Rampoldi, «nonostante lo sforzo di alcuni commercianti, la situazione rimane molto difficile: non riusciamo, come Lugano, a richiamare turisti che possano spendere e, a differenza del passato, fatichiamo anche ad attrarre gli italiani che prima si spostavano qui a comprare alcuni prodotti».

Il «tax free» compensa

Anche spostandoci dall’altro lato del confine, gli effetti sono tutto sommato limitati. «A sei mesi dall’entrata in vigore della nuova franchigia non registriamo un calo significativo della clientela svizzera e ticinese nei nostri punti vendita di confine», ci fa sapere Coop Lombardia. «Ciò che è cambiato, semmai, è il valore medio dello scontrino: osserviamo infatti che la spesa dei clienti svizzeri tende oggi a mantenersi più frequentemente al di sotto della soglia che impone il pagamento dell’IVA al rientro nel loro Paese». Insomma, i ticinesi spendono meno, in modo da non superare la soglia dei 150 franchi, ma non è detto che poi non finiscano per recarsi a fare la spesa in Italia con una frequenza maggiore. «La clientela elvetica - sottolinea Coop Lombardia - resta una componente importante per i negozi di Como, Varese e delle aree prossime alla frontiera, pur non rappresentando una quota preponderante rispetto al totale degli acquisti». Che la clientela elvetica sia fondamentale, ci viene del resto confermato anche da Marco Cassina, presidente di Federmoda Confcommercio Como. «Specialmente nel periodo invernale, quando cioè l’afflusso di turisti si attenua, l’arrivo degli svizzeri per noi rappresenta una certezza. I confederati, da sempre, hanno un peso significativo per il commercio comasco». Tuttavia, secondo Cassina negli ultimi tempi si è assistito a un certo rallentamento delle vendite, specialmente per quanto riguarda il settore dell’abbigliamento. «Credo però che si tratti di una contrazione generalizzata, che poco ha a che fare con la riduzione della franchigia». L’introduzione della misura, dice, inizialmente aveva impensierito e non poco i commercianti al di là del confine. «Ma per fortuna gli effetti potenzialmente negativi sono stati attenuati dal fatto che, poco prima, in Italia era stata abbassata la soglia del ‘‘tax free’’. Questo, a mio avviso, ha permesso di controbilanciare il provvedimento svizzero».

Ma gli sdoganamenti salgono

Secondo il Dipartimento federale delle finanze, però, c’era da aspettarselo. «Come spiegato nel rapporto del Consiglio federale del 29 maggio 2019 in risposta a un postulato della Commissione delle finanze del Nazionale, il turismo degli acquisti è un fenomeno pluridecennale che può essere influenzato solo in misura limitata da provvedimenti alla frontiera», commenta il DFF da noi sollecitato. La ragione principale del turismo degli acquisti, prosegue, «è principalmente il prezzo più alto in Svizzera rispetto ai Paesi vicini». Di conseguenza, «il Consiglio federale ha ripetutamente sottolineato che l’impatto di una riduzione del limite di esenzione fiscale sul turismo degli acquisti sarà generalmente minimo». Detto ciò, «in linea di principio è ipotizzabile che il comportamento di acquisto dei cittadini cambi con la riduzione del limite di esenzione fiscale. Tuttavia, poiché non sono disponibili dati statistici sulle importazioni esenti da imposte nel traffico turistico e le entrate del traffico turistico non sono raccolte separatamente, non è possibile fare alcuna dichiarazione sull’impatto di questa misura sul turismo dello shopping». Quel che è certo, almeno per il momento, è l’aumento significativo degli sdoganamenti tramite l’applicazione QuickZoll. Infatti, se nel primo semestre del 2024 tramite QuickZoll sono stati registrati circa 38 mila sdoganamenti e circa 3,9 milioni di entrate, quest’anno gli sdoganamenti (le cifre non sono ancora definitive) sono stati 88 mila e le entrate sono salite a 6 milioni. Tuttavia, per il DFF, «questo aumento non è dovuto esclusivamente alla riduzione del limite di esenzione fiscale, ma anche alla crescente conoscenza dell’applicazione. Il numero di utenti è infatti in aumento da anni».