L'intervista

Speziali: «Una sostenibilità tridimensionale: ambientale, economica e sociale»

Domani ci sarà il congresso PLR che lancerà la volata verso le elezioni cantonali - Alla presenza del consigliere federale Ignazio Cassis verrà pure discusso il programma di legislatura - Ne abbiamo parlato con il presidente del PLR
© CdT/Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
14.01.2023 06:00

Il programma del PLR per il quadriennio che ci porterà al 2027 s’intitola «Offensiva liberale». Un grido di battaglia, ma con quale obiettivo concreto nel mirino?
«L’obiettivo concreto è trovare soluzioni convincenti e portare avanti progetti realizzabili, come una scuola media che sappia orientare, l’ospedale universitario, una fiscalità leggera, sostenere le imprese che si rinnovano o sfruttare molto di più l’energia rinnovabile. Per farlo, dovremo essere sempre più presenti, di sicuro in Parlamento e magari pure in Governo. Prima di tutto, però, c’è un obiettivo ideale. Non è sufficiente difendere a parole la visione liberale della società: ognuno di noi deve promuoverla e incarnarla personalmente. È un dovere pressante specialmente vista l’attuale costellazione, in cui i poli stanno allontanandosi in una logica di mutua esclusione, sempre più distanti dalla tradizione del compromesso elvetico».

Nell’incipit dite che «la lotta al liberalismo è inoltre complicata da un nuovo genere di insidia». Ma cosa intende per «liberalismo» e vede anche insidie interne?
«Il liberalismo è la capacità di costruire il bene comune a partire dagli interessi e dalle responsabilità degli individui: quando questo equilibrio vacilla, scivoliamo verso i dispotismi, di destra o di sinistra. Questa è l’insidia. I liberali radicali sono uniti da un’idea: la centralità dell’individuo, architetto e muratore del proprio percorso di vita. La nostra filosofia politica ha aiutato a emancipare donne e uomini dal giogo delle Chiese e a definire chiaramente il perimetro degli Stati centrali, mettendo un limite all’appetito del Leviatano. Sentiamo e leggiamo ogni giorno visioni moralizzanti dei comportamenti che dovremmo assumere nella condotta personale. Non passa settimana senza proposte politiche ispirate a modelli statalisti o collettivisti della società, che mortificano la libertà individuale. Questo contesto definisce la nostra lotta, a difesa della libertà di pensare, di parlare e di fare: conquiste che non sono mai “per sempre”, ma vanno difese ogni giorno».

Stiamo puntando su obiettivi di lungo periodo, senza cedere alla tentazione degli antagonismi, dei giochi di fioretto contro un partito o quell’altro. E poi, noi liberali radicali offriamo estrema chiarezza su quelle che sono le nostre bussole: la libertà, la coesione e il progresso 

«Essere liberi significa scegliere» si legge ancora nel programma. E molti negli anni hanno liberamente scelto di non votarvi più. Perché oggi dovrebbero schierarsi ancora dalla vostra parte?
«Perché ci siamo rinnovati nelle persone e nelle idee. Perché siamo dappertutto in Ticino: basta guardare i Municipi e i Consigli comunali. Perché siamo capaci di autocritica, e lo stiamo dimostrando. Ovviamente non è facile, perché è più facile trovare pretesti che porre a sé stessi domande scomode. Stiamo costruendo una chiara identità, scommettendo sui temi più importanti per lo sviluppo del nostro Cantone. Stiamo puntando su obiettivi di lungo periodo, senza cedere alla tentazione degli antagonismi, dei giochi di fioretto contro un partito o quell’altro. E poi, noi liberali radicali offriamo estrema chiarezza su quelle che sono le nostre bussole: la libertà, la coesione e il progresso. Per questo parliamo di posti di lavoro, formazione, ambiente, energia, sanità. Senza dimenticare la lotta alla burocrazia, il demone che ingabbia la voglia di fare crescere il territorio».

Si punta poi alla «lotta alle ingiustizie sociali». Questo non è un compito della sinistra e dei progressisti?
«La socialità non è un pianeta sul quale la sinistra ha piantato la sua bandiera, conquistandolo per i secoli dei secoli. Ci sono molti modi per fare una politica orientata alla pace sociale, obiettivo sacrosanto e molto svizzero. I nostri paletti sono chiarissimi: “no” alla logica assistenzialista, “no” all’estensione all’infinito dei sussidi e “no” alla moltiplicazione di regole e divieti. Partendo da questi principi, possiamo costruire reti di aiuto solide ed efficaci, fermo restando che una medicina non è una dieta, e per noi la prima politica sociale è il lavoro. Per questo vogliamo spingere il Paese a crescere, svilupparsi, creare, fare, investire. È così che permettiamo a ogni cittadino di trovare il proprio posto nel mondo».

 I nostri paletti sono chiarissimi: “no” alla logica assistenzialista, “no” all’estensione all’infinito dei sussidi e “no” alla moltiplicazione di regole e divieti

Il suo PLR dice poi di battersi «per una transizione energetica positiva». Come tradurre per il comune elettore questo slogan poco chiaro?
«Vogliamo una sostenibilità tridimensionale: ambientale, economica, sociale. Siamo per una transizione energetica «positiva” perché fatta di incentivi, di progresso tecnologico, di nuove idee e soluzioni. Penso per esempio alle imprese che mettono a punto materiali sempre più ecologici. La nostra è un’azione positiva, animata dalla voglia di migliorare il futuro, senza agitare il fantasma dell’Apocalisse a ogni occasione. Ci rifiutiamo di insegnare alle persone come vivere e di biasimare chi non vuole o – peggio – non può allinearsi ai nuovi dogmi. La cultura liberale è cultura del convincimento, non dei divieti e della fustigazione».

L’impressione è che il suo PLR voglia fare un po’ tutto per tentare di accontentare tutti senza scontentare nessuno. In passato questo non è stato pagante, perché oggi lo dovrebbe essere?
«Non sono d’accordo. Il programma esprime la voce di un Partito che sa cosa vuole, fissando priorità esplicite. Tra l’altro, gli stessi commentatori politici ci hanno riconosciuto il merito di avere lavorato per darci un profilo più chiaro. Ovviamente siamo “in progress” e il percorso rimane lungo, visto che si basa sul convincimento e sulla cultura degli interrogativi. Io stesso mi chiedo ogni mattina se stiamo facendo bene. Ma questo è il nostro stile: confrontarci con il passato, ripensare al presente e investire sul futuro – senza troppe fisime elettorali. È il migliore servizio che possiamo fare al liberalismo ticinese e al Paese, pensando soprattutto a chi verrà dopo di noi».

Io stesso mi chiedo ogni mattina se stiamo facendo bene. Ma questo è il nostro stile: confrontarci con il passato, ripensare al presente e investire sul futuro – senza troppe fisime elettorali

Infine non manca una stoccata alla burocrazia che «si comporta come un organismo vivente: se non vengono posti limiti continua a crescere». Prima lo avete foraggiato facendo lievitare la macchina statale e le sue regole e oro lo volete abbattere?
«Non vogliamo abbattere lo Stato, non siamo liberisti texani. Vogliamo enti pubblici snelli, vicini alla popolazione e alle imprese. Prima parlavo del dovere di autocritica, e accetto volentieri la critica: anche noi siamo stati complici della proliferazione incontrollata di regole, direttive, norme, lacci e lacciuoli. Quello che diciamo adesso è che siamo fuori strada, e che va ingranata la retromarcia, in nome di chi vuole costruirsi una casa, di chi vuole fondare un’azienda, di chi ha bisogno di un permesso. Con la scusa che il mondo è complesso, stiamo rendendo tutto ogni giorno più complicato: questo danneggia la Svizzera e il Ticino, che perdono i loro vantaggi competitivi. La prima delle sempre citate “condizioni quadro” è l’assenza di ostacoli inutili – segno che il Paese crede davvero nella libertà e nella responsabilità individuale. Non è retorica: è la ragione del successo internazionale della Svizzera, e va difesa giorno dopo giorno».