Lugano

Sta calando il sipario sul crac di Aston Bank

Il primo (e forse ultimo) processo si è tenuto, dopo 13 anni, con un solo imputato - Gli altri hanno «barattato» sconti di pena in cambio di rimborsi ai creditori - Così il buco è stato contenuto in meno di 8 milioni e potrebbe diminuire ancora
La vecchia sede della piccola banca in via Maraini a Lugano nel 2009. ©CDT/ARCHIVIO
Federico Storni
30.01.2023 21:00

Di questi tempi, tredici anni fa, la FINMA pronunciava la messa in fallimento della Aston Bank di Lugano, poche settimane dopo l’iscrizione sul registro degli indagati, tra gli altri, degli allora direttore generale e sostituto direttore generale, per un presunto buco di oltre venti milioni di franchi. Di questi tempi, oggi, l’inchiesta si sta finalmente per chiudere: oggi è apparso di fronte al giudice Siro Quadri uno degli imputati, peraltro non uno dei principali . E, di tutte le persone coinvolte nel caso, potrebbe essere l’unica a comparire in tribunale. Ciò non è necessariamente una cattiva notizia, specie se si considera che il curatore fallimentare della banca, l’avvocato Luca Guidicelli, sostiene che il caso Aston «non è assolutamente la regola»: «La disponibilità finanziaria, si è capito presto, era importante». E così, come raramente capita in queste procedure, si è riusciti a soddisfare tanti creditori. Lo scoperto - che a un certo punto sembrava essere di addirittura ottanta milioni (un totale a cui è ben presto stata sottratta una cinquantina di milioni in insinuazioni senza alcuna base) - oggi si aggira infatti a poco meno di otto milioni di franchi: una cifra che, come vedremo, potrebbe diminuire ulteriormente.

Il trader elettricista

L’inchiesta penale a carico dei dirigenti di Aston Bank era stata aperta verso la fine del 2009 dalla compianta procuratrice pubblica Manuela Minotti-Perucchi, scomparsa nel 2013. L’incarto era stato quindi ereditato dal procuratore pubblico Andrea Gianini e, dieci anni e «5.500 atti istruttori» dopo, è approdato in aula oggi per la prima e forse ultima volta. Alla sbarra, di fronte a una Corte delle assise correzionali, è comparso un 53.enne accusato di falsità in documenti e frode fiscale (nonché di aver circolato sul Ceneri a 140 all’ora sugli 80 nel 2015). Di professione elettricista, era entrato in Aston - come ha ricordato il suo avvocato Fabio Nicoli - occupandosi di piccola manutenzione informatica. Dopodiché si era trovato a fare la contabilità della banca e anche il trader sul mercato dei futures: «Lavori al di sopra della sue competenze e per cui non era stato formato: è stato lo strumento con cui altri hanno compiuto le malversazioni che hanno portato al fallimento della banca». All’uomo - che in buona parte riconosceva gli addebiti - Gianini imputava di aver aperto un conto usando a sua insaputa un prestanome. Conto che poi sarebbe stato usato dalla dirigenza Aston «per sistemare i conti bancari e clientelari», nelle parole dello stesso imputato. Per questo il giudice Quadri lo ha condannato a 16 mesi di carcere sospesi (uno in più di quanto chiesto da accusa e difesa), a una pena pecuniaria sospesa e a una multa. E, dato che sul totale della pena l’infrazione grave alle norme della circolazione pesa un anno, il fatto che l’uomo ha avuto il piede pesante è l’unica ragione per cui il caso è approdato direttamente davanti a un giudice. Altrimenti si sarebbe trattato di un decreto d’accusa, che sarebbe giunto in aula solo in caso di opposizione.

Patteggiamenti

Come detto, il 53.enne potrebbe essere l’unico imputato nel caso Aston a finire davanti a un giudice. Gli altri imputati, stando a nostre informazioni, sono stati o saranno presto raggiunti da decreti d’accusa. Si tratta di una decina di persone, soprattutto organi dirigenti dell’ex banca e membri del CdA (mentre per un’altra decina sono stati emessi decreti d’abbandono).

Decreto d’accusa significa una pena pecuniaria non superiore alle 180 aliquote giornaliere o una pena detentiva non superiore ai sei mesi. La montagna ha dunque partorito un topolino? Non secondo il pp Gianini e l’avvocato Guidicelli. Da un lato a mitigare le pene ci ha pensato sì il lungo tempo trascorso dai fatti, ma dall’altro sono stati trovati accordi con gli imputati. Questi si sono impegnati o a risarcire, o a rinunciare ad avanzare pretese salariali nel fallimento, in cambio dell’abbandono di alcune ( o tutte) le accuse. Fra gli imputati vi era anche un italiano nominato dalla stampa il «trader prodigio» che, per diverso tempo, e anche in seguito a un decreto d’abbandono nei suoi confronti, si era trovato con otto milioni bloccati dalla Magistratura. Dopo un lungo discutere per tribunali, oggi - ci conferma l’avvocato Guidicelli - ogni pendenza giuridica al riguardo è chiusa e il trader ha versato alla massa fallimentare, a titolo volontario, un’indennità.

Massa fallimentare ridotta

«Tutto sommato abbiamo ricompensato tutta la prima e la seconda classe - dice Guidicelli (ndr.: cioè le pretese dei dipendenti riguardo a salari e contributi sociali) - e il 33% della terza, i restanti creditori. Di questi ve ne sono 3-4 grossi a cui sono dovuti circa i due terzi dell’ammanco». Con la crescita in giudicato delle poche posizioni processuali ancora aperte, Guidicelli valuta che sia possibile, nel migliore dei casi, diminuire la massa fallimentare di un ulteriore 15%. Se non è cosa fatta poco ci manca: salvo che in un caso, i decreti d’accusa ancora aperti sono infatti frutto di un accordo fra le parti e non dovrebbero essere combattuti.

«Ha fatto bene il suo lavoro, non lentamente»

Tredici anni per arrivare a una decisione saranno sembrati tantissimi ad alcuni imputati, ma secondo Guidicelli questo lasso di tempo era quasi inevitabile: «Si è trattato sì di un procedimento estremamente lungo, ma anche difficile da istruire. Mi sembra che il Ministero pubblico abbia fatto bene il suo lavoro, non lentamente. La fattispecie era estremamente complicata e per trovare il bandolo della matassa ci è voluto del tempo».

Banca per due anni

Fondata nel 1994 come società di intermediazione mobiliare, dal 2007 la Aston operava come banca su autorizzazione della FINMA. Al momento del crac impiegava una decina di persone.