«Stauffacher, la tua è una visione teorica»

«La situazione del turismo è gravissima». È quanto sosteneva, in un’intervista al Corriere del Ticino pubblicata ieri (vedi pagina 11), l’ideatore di Sapori Ticino Dany Stauffacher commentando l’annus horribilis vissuto dal settore nel 2018. Un’affermazione questa che non è piaciuta al presidente di GastroTicino Massimo Suter che, su Facebook, ha risposto picche. Noi abbiamo colto l’occasione per fargli qualche domanda.
Cosa non condivide di quanto affermato dall’ideatore di Sapori Ticino?
«Pur non volendo cadere nel personale, mi permetto di mettere in dubbio le competenze di Stauffacher sul tema. Non condivido affatto la sua visione sul turismo, mi sembra molta teoria autoreferenziale dove per contro, a mancare, è una visione del mondo reale. Di chi lavora ogni giorno con il turismo e conosce in toto il settore: non solo dai 5 stelle in su».
Dunque qual è la sua percezione sul settore? Va tutto bene?
«Niente affatto. Allo stesso tempo però non è vero che il turismo va malissimo. Certo, non va sicuramente bene e ci sono degli aspetti che vanno migliorati. Ma dal lato imprenditoriale. Ed è questo il punto. Non condivido il fatto che si dica che nel settore manca entusiasmo o che non si riesca a lavorare assieme. I veri problemi, per chi vive di questo mestiere, sono altri. A partire dall’eccessiva burocrazia, dall’assenza di condizioni quadro che permettano di operare al meglio o ancora dall’onere delle mille e più tasse che non fanno altro che far aumentare il prezzo del prodotto offerto. Tutti aspetti questi che non emergono dalle parole di Stauffacher».
I dati del 2018 però sono chiari e segnano un calo del 7,5% dei pernottamenti. Significa che l’anno scorso gli addetti ai lavori hanno dormito sugli allori dopo un 2017 da incorniciare?
«Io ho sempre ritenuto che i dati del 2017 fossero da prendere con le pinze: va bene darsi due pacche sulle spalle, ma poi occorre ricominciare subito a rimboccarsi le maniche. Non dimentichiamo che le cifre del 2017 sono state falsate da settori esterni come il meteo favorevole o l’apertura di AlpTransit che non possiamo gestire. Allora abbiamo saputo cavalcarli bene, lo stesso non si può dire del saper sfruttare questa spinta. Insomma, nel 2017 il settore ha creduto di essersi lasciato alle spalle i momenti difficili ma ci siamo sbagliati alla grande. E in questo faccio anche un mea culpa. Quando si parla di turismo però occorre capire che non si tratta solo di albergheria o ristorazione. Ad incidere è anche tutto quello che vi gravita attorno. Detto con altre parole, se si vuole avere un aumento dei pernottamenti occorre favorire l’arrivo dei turisti nel nostro cantone sia in auto – evitando che stiano quattro ore in coda al San Gottardo – sia in treno e quindi garantendogli un posto a sedere».
Una volta arrivato occorre però anche saperlo accogliere il turista.
«Certo. E la verità è che il Ticino e i ticinesi si sono ritrovati loro malgrado in un cantone turistico pur non avendolo nel DNA. Per contro, altre località svizzere hanno un prodotto da vendere che è conosciuto a livello mondiale. Penso ad esempio la Kapellbrücke a Lucerna o il jet d’eau a Ginevra. Mentre in Ticino cosa abbiamo?».
Sta dicendo che strutture come il LAC, il Fiore di pietra o i Castelli di Bellinzona non bastano?
«Certo queste sono strutture notevoli. Quello che intendo dire è che il Ticino ha sempre puntato sul bel tempo, sul suo essere Sonnenstube della Svizzera per attirare i turisti. Mi sembra sia giunto il momento di cambiare e trovare una carta vincente su cui puntare».
E non è il caso?
«Mi sembra piuttosto che si stia cercando di cavalcare troppi cavalli – dal turismo congressuale a quello familiare passando poi per quello di massa – senza ancora aver capito quale ci farà vincere la corsa. Cerchiamo di capire chi siamo e cosa vogliamo. Che non significa avere un prodotto unico per tutto il Ticino ma, anzi, quattro specificità per ogni regione. Solo così riusciremo ad attirare ancora viaggiatori».