Mendrisio

Stefano e Sandrine ai saluti, si cerca l’erede del grotto Bundi

La polenta al camino, i fagioli alla Bud Spencer, le lumache alla Fieschi: sono solo alcune delle inconfondibili ricette proposte dal grotto gestito da oltre 30 anni dai coniugi Romelli che si preparano a cedere il testimone – L’attività è in vendita
©Chiara Zocchetti

I fagioli alla Bud Spencer, le lumache alla Fieschi, il vitello tonnato su letto di polenta. Bastano questi tre piatti per capire di chi e di cosa stiamo parlando: del grotto Bundi alle Cantine a Mendrisio e dei «timonieri» della storica realtà, Stefano e Sandrine Romelli. Ebbene, l’esercizio pubblico è in vendita. Ma, ci rassicura subito Stefano Romelli da noi raggiunto, la volontà è quella di cedere il testimone a chi saprà far continuare l’attività nel segno della tradizione, della storia che ha saputo scrivere il rinomato grotto. «Ho cominciato il primo giugno del 1976 come cuoco alla Perla di Agno – ci racconta Stefano – e da più di 32 anni io e mia moglie siamo qua».

In totale, dunque, «quasi cinquant’anni di lavoro con tanta passione, volontà e piacere». Con l’arrivo dell’età pensionabile è quindi giunta l’ora di voltar pagina: «È giunto il momento di lasciare le redini a qualcuno di più giovane ma – ribadisce – chi riprenderà il grotto vorremmo che continuasse con la tradizione». E Stefano e Sandrine che faranno? «Vorremmo approfittare della nostra compagnia: ci siamo dati anima e cuore per la clientela del grotto e ora vorremmo godere un po’ della vita».

Quanti spunti dalla clientela

Il grotto Bundi, si sa, è un punto fermo della ristorazione (non soltanto) momò. La storia dell’esercizio pubblico riporta che: «Nella cornice del Ticino più autentico, più di 80 anni fa, un certo Abbondio Calderari apre l’antico Grotto, a cui lega il suo nome nella forma dialettale di “Bundi”. Oggi come allora, il grotto Bundi accoglie i suoi ospiti immerso in una natura incontaminata ai piedi del Monte Generoso». Da sempre capace di offrire piatti legati alla tradizione locale, negli anni al Bundi il legame con la clientela ha permesso di «colorare» il menù. Basti pensare ai mitici fagioli alla Bud Spencer: «Un gruppo di giovani ci aveva chiesto di mangiare fagioli come faceva l’attore nei film; ovvero in padelle di ghisa o da fer con un mestolo di legno – ci svela il titolare –. Sono stati contenti e da quel momento li abbiamo messi nel menù». Oppure ancora le lumache alla Fieschi, un richiamo diretto al conosciuto personaggio radiofonico e televisivo: «Servite rigorosamente con le pommes frites fatte in casa». O, come accennato, il vitello tonnato su letto di polenta. «Un anziano cliente voleva sempre il vitello tonnato con le patate bollite, ma una volta me ne sono dimenticato» ci spiega sorridendo. In mancanza delle patate «mi disse di metterci un cucchiaio di polenta. A fine pasto mi confermò che era ancora meglio». Già, la polenta (anche uncia, cuncia, bisuncia e stracuncia, ndr): «Fatta sempre nello stesso camino». Chi raccoglierà il testimone, in definitiva, si troverà tra le mani un piccolo tesoro: «Chi ritirerà il grotto farà un salto nel tempo, tutto è rimasto come 50 anni fa». Una sicurezza della ristorazione locale, che saprà dare molte soddisfazioni chiedendo in cambio un po’ di sacrificio: «È un lavoro molto impegnativo. Le cifre sono ottime, ma ci vuole – sottolinea il nostro interlocutore – grande impegno».

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