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Strage di Erba, 16 anni dopo se ne parla come se fosse ieri

Era la fine del 2006 quando si verificò il quadruplice omicidio per cui vennero condannati i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi – La vicenda fa tuttora discutere e recentemente è tornata d’attualità: chiesta ufficialmente la revisione del processo
Nel 2008, il processo. © CdT/Archivio
Fabrizio Barabesi
22.04.2023 06:00

Riaprire il caso sulla strage di Erba. A chiedere la revisione del processo che ha portato alla condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenuti colpevoli dell’uccisione, l’11 dicembre 2006, di Raffaella Castagna e del figlio Youssef di due anni, della madre di Raffaella, Paola Galli e di una loro vicina, Valeria Cherubini, nella corte di via Diaz a Erba, in provincia di Como, è stato nei giorni scorsi il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser che ha consegnato un atto apposito per chiedere appunto la revisione del processo alla corte d’Appello di Brescia. La notizia sta inevitabilmente facendo discutere, e non poco. Subito si sono riaccese le voci, minoritarie, di chi crede nell’innocenza dei due condannati e ancora una volta si sta infierendo sul dolore dei parenti delle vittime. A rafforzare l’idea di un presunto errore giudiziario, ha contribuito, alcuni giorni prima della richiesta di revisione, anche una puntata del programma televisivo Le Iene, dal titolo emblematico: «Scommettiamo che Rosa e Olindo sono innocenti?».

I nuovi elementi

Ma in cosa consisterebbero questi nuovi elementi che avrebbero pesato ingiustamente sulla condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano? Si tratterebbe di dubbi sulle confessioni dei due condannati, sul riconoscimento di Mario Frigerio, marito di Paolo Cherubi scampato alla strage per miracolo che indicò in Olindo Romano uno degli aggressori, e sulla macchia di sangue di Valeria Cherubini ritrovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano. Per contro però non vengono avanzate nuove prove ma semplicemente si prenderebbe per buona la consulenza di parte presentata dalla difesa. E così allora ecco che, in base a questa consulenza, Mario Frigerio sarebbe stato manipolato nella memoria. E ancora: per quanto riguarda la macchia di sangue nell’auto, sarebbe stata una «suggestione ottica». Infine le confessioni sarebbero state estorte.

In ogni caso il 12 aprile il sostituto procuratore Cuno Tarfusser depositando la relazione con la richiesta di riaprire il caso sulla strage di Erba, ha dato il via libera alla procedura che dovrà portare a una risposta.

Confessioni dettagliate

Bisogna però sottolineare, senza entrare nei meandri infiniti della vicenda, come l’atto di proposta di revisione tralasci diversi elementi che pesano sull’accusa: a partire proprio dalle confessioni, punto tra i più contestati. A tal proposito va sottolineato come entrambi i coniugi raccontarono nel dettaglio, separatamente e senza poter sapere cosa avrebbe detto l’altro, numerosi elementi chiave, come il momento in cui Rosa Bazzi si ferì al dito (durante l’omicidio di Valeria Cherubini); i cassonetti utilizzati per gettare i vestiti e le armi (uno vicino al cimitero e l’atro per andare a Lipomo, un paese alle porte di Como); il distacco della corrente nell’appartamento della strage che entrambi dicono essere stata opera di Rosa Bazzi; entrambi poi indicano un accendino dello stesso colore (giallo-arancio) utilizzato per appiccare le fiamme; e tutti e due ricostruiscono allo stesso modo l’aggressione a Valeria Cherubini.

Altro elemento non trascurabile riguarda poi un semplice interrogativo: chi tra i condomini della corte di via Diaz, aveva un movente contro Azouz Marzouk (il papà di Youssef che in un primo tempo venne considerato tra i possibili responsabili della strage) o la famiglia Castagna, se non i coniugi Romano? A titolo esemplificaivo va ricordato come il 13 dicembre, due giorni dopo la strage, Olindo e Rosa sarebbero dovuti comparire davanti al giudice di pace citati proprio da Raffaella Castagna, nell’ambito delle liti sempre più accese tra vicini di casa.

Sono comunque questi solo alcuni degli elementi in gioco. Ora si dovrà attendere la decisione. Ciò che però è sempre più evidente è l’abisso di dolore dei parenti delle vittime, oggi confrontati nuovamente con quei drammatici ricordi. Indicativo in tal senso il messaggio che Beppe Castagna - uno dei fratelli che il giorno della tragedia perse la madre Paola Galli, la sorella Raffaella e il nipotino di due anni Youssef Marzouk - ha affidato a Fecebook: «La loro condanna sta diventando la nostra condanna. Ogni anno, da quindici e più anni dobbiamo sopportare campagne innocentiste su giornali, su canali tv, da parte di trasmissioni che non si sono fatte neanche problema ad additarci come reali mandanti o esecutori. Adesso arriva anche il vice Procuratore. Vorrei chiarire agli analfabeti funzionali e odiatori, che noi siamo stati semplicemente parte civile nei processi, in poche parole, non abbiamo condannato noi i loro beniamini». Agghiacciante la conclusione: «Non ne possiamo più. Iniziamo, per assurdo, a mettere sul piano della bilancia la nostra serenità con la loro libertà. In poche parole stanno vincendo per sfinimento. Liberateli e non rompete più».

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