Sull'A2 come a Monza: tradito da un video

I filmati sul cellulare che lo immortalavano mentre sfrecciava a oltre 250 all’ora in autostrada a Taverne non li hanno visti solo gli amici con cui voleva vantarsi, ma anche la polizia, che stava già indagando sul suo conto per detenzione e spaccio di cocaina. Il tutto è valso al 26.enne comparso oggi alla sbarra davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa una condanna a 30 mesi, di cui 24 sospesi, e l’espulsione dal territorio elvetico per 5 anni per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti e infrazione grave alle norme della circolazione. Come si suol dire «chi si loda s’imbroda».
Piede pesante
I fatti risalgono a un lasso di tempo che va da settembre 2021 a febbraio di quest’anno. Il 26.enne, cittadino tunisino e residente in Italia ma con un appoggio nel Luganese grazie alla fidanzata, ha detenuto e alienato a vari consumatori locali circa 160 grammi di cocaina soprattutto «per finanziare il mio consumo in quanto non avevo soldi per comprarla», ha chiarito in aula l’imputato. Ma non c’era solo la droga ad attutire un passato difficile, bensì anche l’adrenalina dell’alta velocità e le corse d’auto sui circuiti. Quelli appositi, però. Peccato che lo abbia fatto anche sulle strade pubbliche. Il 26.enne, patrocinato dall’avvocato Marcello Baggi e sostanzialmente reo confesso, si faceva filmare da un amico mentre sfrecciava sul tratto di autostrada che va dallo svincolo di Lugano-Nord a poco dopo la galleria del Dosso di Taverne a velocità che andavano ben oltre il limite consentito dalla legge. Per intenderci, stiamo parlando anche di 138 chilometri orari in più rispetto al limite di 120. In una delle occasioni il tachimetro ha toccato persino i 258 all’ora. Particolare, ha rimarcato il giudice Villa, che a mettere un freno al piede pesante dell’imputato non sia stato un radar, ma gli inquirenti che hanno scovato i filmati nel cellulare mentre stavano già indagando sul suo conto per detenzione e spaccio di cocaina. «Io e il mio amico avevamo noleggiato una macchina e volevamo provarla, ho sbagliato e ho fatto una cavolata senza pensare che potevo fare male a me stesso e agli altri», ha detto l’imputato. Ma non è tutto. Il giovane era stato anche fermato con le mani nel sacco mentre stava impennando con una moto a Chiasso contromano e senza la patente di guida. «Ce l’ho in Tunisia», aveva tentato di giustificarsi dopo il fermo.
«Un agire spavaldo»
Il procuratore pubblico Pablo Fäh ha parlato di un atteggiamento «spavaldo» e di «una bravata fatta con totale menefreghismo per la sicurezza altrui». Dal canto suo, il legale del giovane ha sottolineato che «non ha spacciato per lucro, ma per finanziare il proprio consumo di cocaina. Ha subito episodi traumatici che hanno condizionato il suo agire e che gli hanno procurato ansie e tensioni che in parte cercava di lenire consumando cocaina». La Corte ha quasi totalmente accolto l’atto d’accusa, precisando però che i reati commessi dall’imputato sono sì gravi, ma «sono anche i primi», tracciando comunque una prognosi positiva per la prospettiva di lavoro dell’imputato dopo il carcere. Inoltre, i giudici hanno tenuto conto della collaborazione fornita dall’imputato agli inquirenti consegnando subito il codice di sblocco del suo cellulare permettendo così di velocizzare le indagini.