Tagli confermati e ombre sul futuro per FFS Cargo: quali saranno i prossimi passi?

Venerdì il Consiglio di Stato ha incontrato i vertici delle FFS per discutere della riorganizzazione del settore del traffico merci che comporterà la perdita di diversi posti di lavoro in Ticino. Facciamo il punto della situazione.
Come siamo arrivati a questa situazione?
La riorganizzazione di FFS Cargo è il frutto di almeno due fattori concomitanti: le perdite economiche registrate nel traffico merci negli ultimi anni; la richiesta, da parte delle autorità federali (Governo e Parlamento), di rendere economicamente sostenibile l’azienda. Detto altrimenti: da una parte il settore è in crisi, dall’altra il proprietario dell’azienda (la Confederazione) vuole che FFS Cargo sia economicamente indipendente. L’azienda, in questo contesto, è stata costretta a riorganizzarsi.
A quando risalgono i primi segnali di crisi?
I primi segnali concreti sono stati annunciati lo scorso febbraio, quando FFS Cargo Svizzera ha fatto sapere di aver «registrato nel 2024 una perdita nettamente superiore alle previsioni», ossia un deficit pari a 76 milioni di franchi. In quell’occasione, con un comunicato stampa intitolato «Le perdite nel traffico merci forzano FFS Cargo Svizzera ad agire», l’azienda ha pure fatto sapere che sarebbe stata necessaria una riduzione del personale.
Come si è concretizzata questa riorganizzazione?
L’entità precisa della riorganizzazione è poi stata (in parte) chiarita nel mese di maggio, quando FFS Cargo ha annunciato che sarebbero andati persi 65 posti di lavoro in tutto il Paese (di cui 40 in Ticino) e che avrebbe smesso di utilizzare otto terminal in Svizzera (di cui due in Ticino: Cadenazzo e Lugano-Vedeggio). Nel frattempo, come confermato negli ultimi giorni da FFS, per tutti i 40 collaboratori toccati in Ticino dalla riorganizzazione è stato trovato un impiego alternativo: ad esempio tramite «un passaggio all’interno delle FFS nel traffico merci o alla divisione Infrastruttura in Ticino, oppure a TILO (una società affiliata FFS)». Inoltre, FFS ha chiarito che «alcune delle persone interessate hanno optato su base volontaria per un trasferimento a tempo determinato in un’altra regione linguistica». Va poi segnalato che nel frattempo La Posta ha fatto sapere che dal 2026 intende gestire il terminal di Cadenazzo (che non sarà, appunto, più utilizzato da FFS Cargo). Per l’altro terminal di Lugano-Vedeggio, invece, nessun privato si è fatto avanti.
La riorganizzazione è dunque conclusa?
No. Quella annunciata a maggio era «solo» la prima fase. A questo punto, però, occorre prima fare una precisazione: il trasporto merci su rotaia delle FFS avviene secondo tre modalità distinte: il traffico a carri isolati (TCI), il traffico combinato (TC) e il traffico a treni completi. Oggi come oggi, solo il traffico a treni completi copre i propri costi. Le altre due modalità, invece, sono in forte deficit. La perdita di 40 posti in Ticino annunciata a maggio riguardava però unicamente la riorganizzazione del traffico combinato. A settembre le FFS hanno quindi annunciato una seconda riorganizzazione per il traffico a carri isolati. Le conseguenze di questa seconda fase di riorganizzazione non sono ancora note (lo saranno probabilmente nel corso del 2026). Purtroppo, però, le FFS hanno già fatto sapere che «il nuovo assetto operativo richiederà un numero minore di posti di lavoro, in tutta la Svizzera e anche in Ticino». Oltre ai 40 posti andati persi in Ticino nel traffico combinato, dunque, un’altra riduzione dell’organico riguarderà anche il traffico a carri isolati. E proprio riguardo a questa seconda fase si concentrano le ulteriori preoccupazioni ticinesi per il deposito di Chiasso. Le FFS hanno infatti chiarito che «secondo lo stato di pianificazione attuale, vi saranno variazioni sia per il personale di locomotiva delle sedi di Briga, Buchs e Chiasso, sia anche presso le sedi del personale di manovra». Come detto, però, i dettagli di questa operazione non sono ancora noti e «il numero esatto di posti di lavoro interessati verrà chiarito nell’ambito della procedura di consultazione con le parti sociali». Il CEO di FFS, Vincent Ducrot, presente venerdì in Ticino per un incontro con il Consiglio di Stato, ha voluto «smentire fermamente» le voci riguardanti la chiusura del deposito di Chiasso. Ma ha comunque aggiunto che probabilmente sarà richiesto lo spostamento di quattro macchinisti a Bellinzona. Ad ogni modo, riguardo a questa seconda fase, le FFS nel comunicato stampa di venerdì hanno fatto sapere che «saranno in grado di fornire informazioni concrete nella primavera 2026».
Qual è stata la reazione in Ticino?
Come noto, da diversi mesi la politica (e non solo) si è mossa per criticare la riorganizzazione di FFS Cargo. Nel dettaglio, è stato costituito un comitato – denominato «No allo smantellamento di FFS Cargo in Ticino» – a cui partecipano diverse forze politiche e sindacali e che, nel corso degli ultimi mesi, ha promosso numerosi incontri e manifestazioni per esprimere la sua contrarietà a quanto deciso dall’azienda di proprietà della Confederazione. Da segnalare, poi, che a larghissima maggioranza anche il Gran Consiglio ticinese ha adottato una risoluzione generale per chiedere a FFS Cargo, in estrema sintesi, di fare dietrofront. A queste voci contrarie, poi, nelle ultime settimane si è aggiunta anche quella del Consiglio di Stato.
Che cosa ha chiesto il Consiglio di Stato?
Venerdì i vertici delle FFS sono giunti in Ticino per incontrare il Consiglio di Stato. Un incontro durante il quale, in sostanza, sono state confermate le misure annunciate negli scorsi mesi. Al termine della riunione, il Consiglio di Stato ha fatto sapere di aver «preso atto con forte preoccupazione e contrarietà» delle «comunicazioni odierne delle FFS relative all’annuncio della futura riorganizzazione del traffico a carri isolati (ndr. la seconda fase) e alla conclusione della ricerca di soluzioni per il personale ticinese interessato dal riassetto del traffico combinato (ndr. la prima fase)». Il Governo ticinese ha dunque chiesto «con fermezza alle FFS tre punti: sospendere ogni ulteriore misura di riduzione del personale in Ticino fino alla conclusione di un confronto politico e tecnico con le autorità cantonali e le parti sociali; garantire il mantenimento di una base operativa stabile e qualificata per il traffico merci nel nostro Cantone, con particolare attenzione al nodo di Chiasso e al ruolo di Bellinzona; elaborare una strategia nazionale per il traffico merci che valorizzi la posizione del Ticino come snodo logistico e non lo releghi a mera zona di transito».
Quali saranno i prossimi passi?
Come spiegato da Ducrot in conferenza stampa, essenzialmente a questo punto per le trattative non ci sono margini di manovra. E questo perché le FFS operano in condizioni quadro molto precise – ossia quelle di cui parlavamo all’inizio – decise dal Parlamento federale e dal Consiglio federale, secondo cui «FFS Cargo deve diventare più efficiente e garantire un equilibrio finanziario nei prossimi anni». Condizioni quadro che FFS non può cambiare: solo le Camere federali e il Consiglio federale potrebbero. Insomma, FFS non è intenzionata a fare dietrofront. Tale scelta sarebbe di carattere politico. E dunque solo la politica potrebbe invertire la rotta. In tal senso, il Consiglio di Stato ticinese ha fatto sapere che «intraprenderà le iniziative politiche e istituzionali necessarie per tutelare gli interessi del Cantone e delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti». Ossia, dovrà andare a Berna per cercare di cambiare la situazione. Da segnalare, infine, che il comitato «No allo smantellamento di FFS Cargo in Ticino» ha apprezzato e condiviso le tre richieste fatte dal Consiglio di Stato e ha già annunciato per domani alle 18 a Bellinzona un’assemblea «alfine di discutere della situazione e delle prossime misure di mobilitazione a difesa della presenza e dell’occupazione di FFS Cargo in Ticino».

