Coronavirus

Tamponi o test, guarigione e contagio: le differenze spiegate da Merlani

Quando si è guariti? «Più importante capire se i pazienti sono ancora contagiosi» - Ci sono due modi di verificare il contagio ma quali sono le differenze e a chi vanno fatte le analisi? Lo ha spiegato il medico cantonale ospite di Sacha Dalcol
© Canton Ticino/Elizabeth La Rosa
Marija Miladinovic
01.04.2020 12:01

Paesi come Austria, Germania e Gran Bretagna stanno pianificando test a tappeto per l’identificazione degli anticorpi, che non sono i cosiddetti tamponi, la stessa direzione in cui vuole andare anche la Svizzera come ammesso dallo stesso capo della Divisione malattie infettive Daniel Koch. Qual è però la differenza tra questi due metodi di analisi? Lo ha chiesto il giornalista del TG di TeleTicino Sacha Dalcol al medico cantonale Giorgio Merlani, suo ospite via Skype.

«Il tampone cerca il virus stesso: col tampone si attua cioè una procedura che va ad amplificare il codice genetico del virus, che viene quindi messo in evidenza, confermando che la malattia è quella. Questo vuol dire che il paziente che risulta positivo al tampone ha il virus all’interno del proprio sistema naso-faringeo», ha spiegato il medico. «Poi c’è il test anticorpale (altrimenti detto sierologico, ndr) che non cerca direttamente il virus, ma la presenza nel sangue della risposta che il nostro sistema immunitario dà al virus stesso: se i globuli bianchi, che rappresentano il nostro esercito di difesa nei confronti dell’infezione e dei virus in particolare, producono una determinata sostanza specifica concernente quel virus, in tal caso si può dimostrare che la persona testata è entrata in contatto e che ne è guarita», ha continuato Merlani prendendo tuttavia quest’ultimo termine con le pinze, e in seguito vedremo perché.

Il test sugli anticorpi sarà fondamentale per sapere quante persone sono effettivamente entrate in contatto con il virus

«Questa procedura è fondamentale per ottenere poi in futuro due tipi di risposte. La prima è sapere quante persone sono entrate in contatto con il virus e sono guarite: per capire cioè quanta popolazione immune c’è nella società e cosa potrebbe succedere poi quando torneremo ad assembrarsi e riapriremo le scuole e le attività commerciali. La seconda questione alla quale ancora non siamo in grado di dare una risposta è se diventeremo realmente immuni. Cioè se una volta avuta la malattia, questa non si potrà più ripresentare, e per quanto tempo questi anticorpi avranno effetto protettivo. Questi sono gli studi di cui abbiamo bisogno adesso per conoscere l’andamento della malattia e per capire che cosa aspettarci in un futuro che guardi ai prossimi mesi e non solo alle prossime settimane».

Inizialmente verranno fatti a chi si sa già che ha avuto il virus per rilevare la presenza di questi anticorpi, l’intenzione è però poi di farli a tappeto

Ma a chi e quando vengono fatti questi test degli anticorpi?, ha poi chiesto Dalcol. Verranno fatte analisi a tappeto a tutta la popolazione o a campione e con che modalità? «Prima di tutto sarà fondamentale avere test affidabili e presenti in un numero adeguato. Questi verranno fatti prelevando il sangue, inizialmente a chi si sa già che ha avuto il virus per rilevare la presenza di questi anticorpi di cui abbiamo parlato». L’intenzione è però poi di farli a tappeto su un vasto campione di due, tre o quattromila ticinesi, lo si stabilirà più avanti, per capire quanti di questi hanno li anticorpi, ha continuato il medico cantonale. «Si verificherà poi quanti di questi hanno avuto effettivamente la malattia e quanti invece sono stati contagiati ma senza aver presentato sintomi. Questo sarà fondamentale per conoscere il livello di immunità della popolazione».

Difficile definire quando si è guariti, quello che è importante capire è quando una persona non rischia più di essere contagiosa

Quando una persona viene dimessa?, ha chiesto infine il giornalista di TeleTicino. La domanda di quanti siano i guariti viene fatta regolarmente, non è tuttavia possibile rispondere in modo definitivo e onesto, ha spiegato ancora Merlani, perché vorrebbe dire riprendere personalmente contatto con tutti i pazienti che sono risultati positivi, sapere se hanno ancora sintomi o meno. Ancora più complicato è per i pazienti che hanno fatto una convalescenza più lunga: chi è stato in terapia intensiva e poi ha fatto la convalescenza, a che punto può essere definito guarito? Abbiamo dato il numero delle persone dimesse, che sono quelle che non hanno più bisogno di cure ospedaliere acute. Alcune di queste tornano a casa ma restano isolate per un tempo che va valutato in base all’andamento della patologia, ai sintomi e un’altra serie di aspetti. Per noi, adesso, quello che fa stato e che è importante capire è quando una persona non rischia più di essere contagiosa», ha concluso il medico cantonale.

In questo articolo: