Temu, Shein e gli altri: «I siti cinesi? Uno tsunami»

Un breve aneddoto, molto banale. Negli scorsi giorni, pensando ai regali di Natale, ho «googlato» il nome di un gioco da tavolo potenzialmente interessante per mia figlia: «Rebel Princess», sviluppato da una piccola azienda spagnola. I prezzi, al netto delle spese di spedizione, variavano tra i 15,90 franchi di Ex Libris e i 18,70 di Galaxus, fino ai 29,37 dell’Amazon tedesco. Tra le offerte, anche quella della piattaforma cinese Shein: 5,78 franchi. Una differenza schiacciante. Ma non solo: per quel prezzo, il potenziale cliente si ritroverebbe un «4x1», con l’aggiunta di altri tre giochi da tavolo, ovvero l’ottimo «Hanabi» (Spiel des Jahres del 2013), «Dodelido» (raccomandato dalla giuria dello SdJ 2017) e «Dodelido Extreme». Come è possibile?
Tutte le copie
Lo abbiamo chiesto a Hans-Christian von der Crone, presidente dell’Associazione svizzera dei giocattoli, che rappresenta il settore, riunendo produttori, importatori e grossisti. «È molto semplice, sarà stata una copia. I proprietari di quei marchi non venderanno mai direttamente su Shein. Noi, in Svizzera, abbiamo appena trattato il caso di Cuboro in una tavola rotonda con la SECO, in ottobre. Abbiamo spiegato bene come funziona il tutto. Le piattaforme cinesi vendono copie molto simili e i clienti possono pensare che siano vere, che siano davvero Cuboro. Ma non c’è nulla di Swiss Made, e non c’è nulla della qualità della ditta svizzera, che trova il legno direttamente nei boschi della regione». Molti sarebbero i casi di copyright non rispettati, secondo von der Crone. «Si trova tutto perché questi siti copiano tutto. A volte usando addirittura i nomi originali». Ci chiediamo che cosa possa fare un produttore o un distributore di giocattoli di fronte a una simile situazione. «Noi, come Associazione, la stiamo combattendo. I singoli possono rivolgersi all’amministrazione federale o al Governo cinese, ma è molto difficile essere ascoltati e presi sul serio. Fermare la produzione e la distribuzione di copie di prodotti originali è quasi impossibile. O meglio, una cosa si potrebbe fare: possiamo chiudere questi siti. Noi stiamo lottando da anni, ma i risultati non ci sono ancora».
Categoria «inascoltata»
Von der Crone parla più volte di frustrazione. È una situazione difficilmente sostenibile. E il settore dei giocattoli è un esempio, ma il caso e la frustrazione sono comuni anche ad altri ambiti. «È davvero molto difficile. Perché bisogna avere sempre prodotti di qualità, con prezzi giusti, margini corretti, ma anche questo non è garanzia di successo. Come rappresentanti del settore, infatti, ci spendiamo in maniera diretta e dura su più fronti. È molto complicato, anche perché l’impressione è che il nostro Governo creda più ai rappresentanti di queste piattaforme cinesi in Svizzera - i quali continuano a confermare di muoversi secondo le regole - che non ai rappresentanti dell’economia nazionale e a migliaia e migliaia di imprese, settori, associazioni». Tornando al caso di Cuboro, e simili, è difficile per i piccoli produttori fare breccia nell’agenda politica dei deputati a Berna. «Non si riesce a fare nulla. È davvero frustrante», conferma il presidente. «Nulla. Neppure di fronte alle prove di tanti prodotti non conformi, addirittura pericolosi».
La pericolosità dei prodotti
Negli scorsi giorni, la stessa associazione ha ripreso il risultato di un test effettuato dall’associazione tedesca dei consumatori Stiftung Warentest: di 162 prodotti di Temu e Shein analizzati (tra cui 54 giocattoli), 110 non soddisfacevano gli standard europei. E un quarto di essi è risultato potenzialmente pericoloso. «Ciò che preoccupa è che, mentre le aziende svizzere devono rispettare leggi severe, queste piattaforme possono sistematicamente aggirare le norme sulla sicurezza e sulla responsabilità, poiché la Confederazione svizzera conferisce loro lo status di “importatori privati” e scarica la responsabilità sui singoli consumatori». Von der Crone fa sentire la voce del settore. «Ma quando lo facciamo, poi qualcuno ci accusa persino di lamentarci per guadagnare di più». Un paradosso.
Il modello francese
«Le autorità non riescono a controllare il mercato». In Europa, la Francia ha provato a mettere un freno al dilagare delle piattaforme cinesi, in particolare dopo aver smascherato il commercio di bambole sessuali e giocattoli a forma di armi destinati ai minori, ma questo modello di reazione non è uniforme. «Se come privato distributore svizzero compro un prodotto in Cina, devo controllare tutto, devo certificare ogni cosa. Ma il singolo cliente, attraverso queste piattaforme, può comprare indisturbato ciò che vuole, senza la minima certificazione». Un problema che riguarda tutta l’Europa. Non gli Stati Uniti, viste le azioni intraprese da Donald Trump per limitare i vantaggi commerciali delle aziende come Shein e Temu. Una su tutte: rimuovere l’esenzione «de minimis». Von der Crone chiude: «La Svizzera teme di perdere i buoni rapporti con la Cina, evidentemente. È uno dei mercati più importanti. Ma qui c’è un’economia che rischia di subire oltre misura questa situazione, e ci sono i singoli clienti che rischiano la propria salute comprando prodotti pericolosi».
