Dalla SUPSI agli USA, e viceversa: «Collaborare e conoscersi è fondamentale»

Ricerca, scambi, progetti comuni: in ambito accademico, le collaborazioni sono ovunque. Da tempo, e ancor più nell'era digitale, migliaia di fili invisibili collegano, come una ragnatela fatta di idee, le università di tutto il mondo. Ed è proprio uno di questi fili a connettere Lugano a State College, un comune nello Stato americano della Pennsylvania. Da quattro anni, ormai, la SUPSI organizza con la Penn State University (PSU), nell'ambito del Bachelor di Ingegneria informatica, un corso che coinvolge studenti di entrambi gli istituti in una stretta collaborazione. A distanza, perlopiù, ma non solo. Dopo la visita di un gruppo di 13 studenti SUPSI al Campus della PSU dal 7 e al 13 febbraio scorso, questa settimana i giovani americani saranno di stanza in Ticino per la fase finale del progetto e la presentazione dei risultati.
Come è nata questa cooperazione? E soprattutto, il suo futuro è ancora garantito, dopo la stretta dell'amministrazione Trump sulle università americane? Ne abbiamo parlato con il prof. Sandro Pedrazzini, responsabile del Bachelor di Ingegneria informatica e coordinatore dell'iniziativa.
Coordinarsi
Il primo Cross-cultural collaboration project, questo il nome dato all'iniziativa dai due istituti, è entrato nella lista dei corsi offerti dalla SUPSI nell'anno scolastico 2021-2022. «I contatti con la PSU», ci racconta Pedrazzini, «risalgono al 2020, quando una collaboratrice della SUPSI aveva organizzato un corso a distanza in Comunicazione» insieme all'istituto americano. «Nel corso dei semestri seguenti, durante la pandemia, abbiamo esteso la collaborazione, allargandola all'ambito informatico». Coordinarsi, ci racconta il professore, non è stato facile: «La Penn State inizia e finisce il semestre prima di noi: dovevamo capire come organizzare, esattamente, i momenti in presenza». Di qui lo schema: gli studenti SUPSI, prima dell'inizio del proprio semestre, si recano per una settimana negli USA, dove conoscono i colleghi e avviano i propri progetti. Il lavoro, poi, prosegue a distanza per 11 settimane, finché gli statunitensi – terminate le lezioni – possono a loro volta raggiungere il Ticino. «Conoscersi», sottolinea Pedrazzini, «è un aspetto essenziale» per questo tipo di formazione.
I progetti presentati, a fine maggio, nell'ambito di questo corso ruotano tutti attorno ai 17 obiettivi ONU sulla sostenibilità. «Gli studenti della Penn State University seguono un minor in Engineering leadership: il loro ruolo, quindi, è occuparsi della fase di gestione del progetto, mentre gli studenti SUPSI lavorano allo sviluppo: i ruoli sono ben definiti».
Gli obiettivi
Un corso di questo tipo offre la possibilità di sviluppare numerose competenze. «Fra i nostri obiettivi c'è quello di portare i nostri studenti a confrontarsi con situazioni, abitudini, mentalità e culture diverse». Il tutto tramite una collaborazione internazionale che non abbia, come presupposto, lo scambio per un intero semestre all'estero, «uno scenario non alla portata di tutti».
Settimanalmente, ci spiega Pedrazzini, gli studenti SUPSI sentono i colleghi americani per aggiornarsi e coordinarsi sul prosieguo dei lavori.
Aspetto da non sottovalutare, sull'impatto formativo di questa esperienza, la lingua: «L'inglese è una lingua dominante nel linguaggio informatico e c'è un interesse anche da parte degli studenti a poterlo praticare. La possibilità di collaborare direttamente con studenti americani è attrattiva anche per questa ragione».
Occhio a Trump
Torniamo alla metafora iniziale, quella della tela di idee. Come con l'opera di un ragno, anche nei progetti universitari basta sfiorare un filo perché i riverberi si notino ovunque. E l'amministrazione Trump, ne abbiamo già parlato, nei mesi seguenti l'insediamento non si è certo limitata a ciò, dando ben più di uno scossone al sistema accademico statunitense. Quali le conseguenze su progetti che prevedono la collaborazione tra due istituti separati dall'Atlantico?
«In America nessuno ha molta voglia di parlarne. La parola chiave, tuttavia, è una: incertezza». I tagli voluti dalla Casa Bianca, spiega Pedrazzini, «hanno toccato principalmente la ricerca: essendo la nostra un'iniziativa di formazione, per adesso non ci sono segnali che indichino chiaramente conseguenze sul nostro progetto. La chiusura delle operazioni di USAID (Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, ndr), che si occupa anche di finanziare progetti di questo tipo, crea un'incertezza di fondo».
Com'è tipico oltreoceano, sottolinea poi Pedrazzini, iniziative di questo tipo richiedono un impegno finanziario importante per gli studenti della PSU. «C'è un'abitudine maggiore al finanziamento privato della partecipazione a questi progetti. Ciò potrebbe contribuire», nel caso in cui la Penn State fosse costretta ad effettuare dei tagli sulla formazione, «a salvaguardare il nostro corso. Ma dobbiamo essere pronti ad accettare il fatto che l'iniziativa venga cancellata».
Entusiasmo e progetti futuri
E sarebbe un peccato: alla SUPSI l'entusiasmo per l'iniziativa è in crescita. «Il corso è facoltativo e il primo anno abbiamo fatto fatica a trovare 8 studenti per avviare il progetto». Ma con il ripetersi dell'esperienza, il numero di interessati è aumentato, e di molto. Tanto che quest'anno, ci confida Pedrazzini, «la SUPSI ha dovuto rifiutare alcune candidature». L'attrazione per questi progetti internazionali è, in generale, in una fase di forte sviluppo. E la SUPSI ha già in mente nuove collaborazioni.
«Negli ultimi anni abbiamo proposto qualcosa di un po' diverso, sebbene sulla stessa linea, con Virginia Tech (Università di Blacksburg, Virginia, ndr) che ha una sede anche in Ticino, a Riva San Vitale. L'anno scorso – ci racconta il professore – abbiamo proposto un'iniziativa a distanza che non prevedeva alcun viaggio. Dopo questa prima prova di collaborazione, nell'anno corrente abbiamo organizzato, sempre quale corso opzionale, una collaborazione diretta, in presenza, con la sede di Riva San Vitale. I nostri studenti hanno potuto fare tutto in in inglese: un aspetto, come già detto, particolarmente interessante a livello formativo».
Progetti di questo tipo, sottolinea Pedrazzini, hanno un impatto anche sulla regione. «Alcuni progetti di sviluppo software con Virginia Tech sono stati proposti da aziende locali, che richiedevano funzionalità specifiche. Ad esempio abbiamo lavorato insieme alla creazione di un programma per la gestione di un ostello della zona». E questo progetto, almeno per il momento, sembra al sicuro dalle manovre dell'amministrazione Trump: «Con ogni probabilità lo ripeteremo l'anno prossimo: sappiamo già di un nuovo gruppo di informatici americani che passerà il semestre estivo in Ticino».