La crisi

Timida ripresa alle stazioni di benzina: «Scordiamoci i livelli pre-COVID»

Nonostante l’Italia abbia rinunciato allo sconto sul carburante, le vendite ai distributori ticinesi stentano a decollare - Il settore, a livello cantonale, chiude il 2022 con una flessione dei volumi erogati del 35% - Il ritorno dei frontalieri pare ancora lontano
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
18.01.2023 06:00

A ridosso del confine qualche timido segnale di ripresa c’è stato. Da inizio mese, il pieno di benzina in Ticino costa meno che in Italia. Per i distributori ticinesi, tuttavia, è ancora presto per esultare. La sensazione tra chi lavora nel settore è condivisa: per rivedere i volumi pre-guerra si dovrà attendere ancora diverse settimane. Quelli pre-pandemia, invece, difficilmente torneranno. Le incognite, dopo dieci mesi di cura dimagrante, sono tante, e addirittura c’è chi, alla luce delle ultime decisioni del Governo Meloni, parla di «cambio di paradigma», come se lo strapotere del Ticino, in termini di convenienza, si fosse in qualche modo definitivamente incrinato.

«Annus horribilis»

Di sicuro, molte stazioni ticinesi hanno chiuso il 2022 con uno dei bilanci peggiori di sempre. «Annus horribilis», commenta al CdT Luca Giampietro, amministratore delegato di City Carburoil, cui fanno riferimento in Ticino 25 punti vendita. «In questi mesi, come City Carburoil, abbiamo dovuto chiudere due stazioni. Ancora oggi sono ferme e, in questi giorni, stiamo valutando se e quando riaprire». Complessivamente, nel 2022, il settore ha registrato in Ticino una flessione dei volumi di carburante erogati di circa il 35% rispetto all’anno precedente, spiega Giampietro. «Nelle zone di confine, il calo ha raggiunto anche l’80-90%». Indicativamente parliamo di circa 150 milioni di litri di carburante venduti in meno sull’arco di dodici mesi.

«È stato un anno di sofferenza, soprattutto per chi aveva un solo punto vendita, magari a ridosso del confine», aggiunge Pietro Lurati, responsabile marketing del gruppo Euro Service, a cui fanno riferimento sei stazioni dislocate sul territorio. «Abbiamo tenuto botta diversificando e ampliando l’offerta, per esempio introducendo i surgelati». Un lungo periodo di incertezza durato undici mesi, e segnato dalle mensili decisioni del Governo Draghi di rinnovare il decreto sul taglio delle accise. «Lavorare in queste condizioni è stato difficile. Fare previsioni e calcoli era impossibile. Ogni mese c’era la speranza che lo sconto sulle accise venisse tolto e, invece, si è andati avanti per dieci mesi». Gli effetti, li abbiamo raccontati: decine di punti vendita chiusi, riduzione del personale e nuova definizione della griglia oraria. Tenere aperto dalle 7 alle 22 non aveva più senso. «Senza contare - aggiunge Giampietro - che la Confederazione ha incassato, considerando solo il Ticino, 140 milioni di franchi in meno in tasse sul carburante».

Oggi, la situazione mostra qualche timido segnale di ripresa. «Dall’inizio dell’anno abbiamo recuperato circa il 10% del volume di carburante erogato rispetto agli ultimi mesi». Una percentuale piuttosto esigua, che corrisponde, verosimilmente, a quella fetta di ticinesi che andava a rifornirsi in Italia. Un’analisi condivisa anche da Lurati: «Qualche centinaio di litri in più è stato venduto. Ma si tratta pur sempre di un piccolo spiraglio che non lascia tranquilli». Il grosso, che coincide con la fetta dei frontalieri, va ancora recuperato. «L’edilizia ha ripreso da pochi giorni. Per osservare un effetto sulle vendite dovremo attendere ancora una-due settimane», chiosa Giampietro. Rispetto al periodo pre-pandemia, comunque, la flessione resta piuttosto massiccia. «Siamo sotto del 50%, ma difficilmente si ritornerà a quei livelli». Ad ogni modo, molto dipenderà dall’evoluzione dei prezzi sul confine. «Sulla benzina oggi siamo già concorrenziali», osserva Giampietro. «Il vantaggio a nostro favore è tra i 6 e i 10 centesimi al litro», che per un pieno di 50 litri si traduce in un risparmio tra 3 e 5 franchi. Diversa, invece, la situazione sul fronte diesel. Lo scarto raggiunge i 20 centesimi al litro a favore dei distributori italiani, fa notare Lurati. «La differenza è ancora importante e, chiaramente, incide sulle abitudini dei frontalieri che continuano a prediligere la fascia di confine italiana». Storicamente sul gasolio in Svizzera abbiamo una tassazione più alta rispetto all’Italia, precisa Giampietro. «Non da ultimo - aggiunge Lurati - possiamo immaginare che i grossi gruppi abbiano fatto ingenti scorte in previsione della reintroduzione delle accise e ora mantengano una certa concorrenzialità rispetto al Ticino per non perdere quote di mercato guadagnate in questi mesi». E in effetti, pare oramai chiaro come in Italia molti distributori abbiano scelto di salire con i prezzi progressivamente: «Nessuno ha optato per un aumento netto di 18 centesimi equivalenti alla quota di accise reintrodotta». Insomma, guardando al futuro, Lurati non vede una situazione tanto rosea. «Difficilmente torneremo ai livelli pre-COVID. Tempo 6-12 mesi, però, possiamo sperare di riavere un mercato più stabile». Decreto Meloni permettendo.

«Per il settore ticinese è un cambio di paradigma»

«Abbiamo iniziato l’anno con la speranza che il peggio fosse superato. E invece, oggi, ci troviamo in una situazione di incertezza analoga». L’amministratore delegato di City Carburoil, Luca Giampietro, ci invita a riflettere sull’ultima decisione del Governo Meloni, passata in sordina attraverso le proteste dei benzinai italiani e quelle dei consumatori, preoccupati, questi ultimi, per l’impennata dei prezzi del carburante dopo la reintroduzione delle accise. «In un decreto del 10 gennaio, il Governo italiano ha inserito un nuovo articolo di legge che rischia di cambiare la prospettiva del nostro settore». Con l’articolo, spiega infatti Giampietro, si stabilisce che nel caso in cui il prezzo del carburante salisse sopra una certa soglia, i maggiori introiti derivanti dall’Iva, verrebbero impiegati per ridurre le accise. Una misura con cui il Governo italiano è corso ai ripari, dopo la reintroduzione delle accise, per placare le tensioni sociali crescenti. «Ogni due mesi, il Governo italiano verificherà l’andamento del prezzo, e se questa soglia venisse superata, ci troveremmo, di punto in bianco, con un taglio delle accise sul fronte italiano». Il decreto è già in vigore e potenzialmente potrà essere applicato senza decisione politica ulteriore, fa notare Giampietro. «Per il settore ticinese è stata una doccia fredda. Un vero e proprio cambio di paradigma che apre a una nuova situazione di incertezza per il settore ticinese», spiega ancora Giampietro. Se le condizioni di mercato saranno date, il decreto si applicherà infatti con effetto automatico. «La prospettiva rispetto a dieci giorni fa è completamente mutata. Eravamo partiti con il piede giusto». Insomma, la convenienza del Ticino rispetto all’Italia verrà monitorata mese per mese. «Questa è la nuova regola che andrà a influenzare le potenziali aperture o chiusure di attività sulla zona del confine».