Tecnologia

«Tra qualche anno sarà impossibile capire se c'è l'AI dietro a una foto di Kate Middleton»

L'intelligenza artificiale è un'opportunità o una minaccia per il giornalismo? È quello che alcuni esperti hanno cercato di analizzare in un dibattito organizzato dalla CORSI a Bellinzona
Mattia Sacchi
27.03.2024 06:00

«Alcuni fotografi professionisti confermano che tra qualche anno sarà impossibile accorgersi che una foto come quella pubblicata da Kate Middleton nei giorni scorsi sia stata generata in realtà dall’intelligenza artificiale. Dovremmo preoccuparci dalla possibilità di divulgare informazioni false a milioni di persone, anche con mezzi diversi dai normali organi di informazione. Soprattutto da chi vuole usare la propria influenza, magari derivante da un certo successo sui social, per fare mera propaganda».

Le parole di Pierfranco Longo, presidente della Conferenza Cantonale dei genitori nonché membro Consiglio regionale SSR.CORSI, sono esemplificative dei timori nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei media e nel servizio pubblico televisivo, tema portante del dibattito organizzato ieri sera all’Auditorium di Banca Stato a Bellinzona dalla CORSI e dall’associazione La Gioventù dibatte.

Assieme a Longo, tra i contrari all’utilizzo della controversa tecnologia nell’informazione anche il noto cacciatore di bufale Paolo Attivissimo. «Sono atterrito per come sia interpretata dalle aziende, ovvero come uno strumento per ridurre i costi e il personale e non come un'opportunità per migliorare la qualità dei propri servizi, anche quelli editoriali. Nonostante le regolamentazioni approvate recentemente dalle istituzioni europee e quelle già in vigore nel servizio pubblico, c’è una giungla di siti, blog e social totalmente avulsi da qualsiasi legge. La storia insegna che, se uno strumento può essere usato male, verrà usato male: noi esseri umani non siamo abituati a gestire l’inganno delle notizie generate con scopi diversi da quelli del fare informazione».

«Sono convinto che il fattore umano e lo spirito critico dei giornalisti continuerà a fare la differenza – replica il Responsabile del dipartimento informazione della RSI Reto Ceschi –. La capacità di lettura delle situazioni, il saper andare oltre la superficie delle cose rimangono peculiarità di professionisti che in questo non potranno mai essere sostituiti dalle macchine. Che possono aiutarci e facilitare il nostro lavoro, purché il loro apporto sia regolamentato e ricordando che alla fine la responsabilità di quello che viene pubblicato rimane del giornalista. Ma avere paura delle nuove tecnologie significherebbe non essere in grado di rimanere al passo coi tempi e perdere in partenza le sfide a cui il giornalismo sarà confrontato nei prossimi anni».

Una sfida che deve essere vissuta come un’opportunità, come conferma Alessandro Trivilini, docente e ricercatore SUPSI: «Dobbiamo essere in grado di sfruttare l’intelligenza artificiale: conoscere gli algoritmi e le loro funzionalità può aprire nuovi orizzonti, sia al giornalismo fatto in redazione che in quello di chi va sul campo, che vede le cose con i propri occhi e le racconta ai propri lettori o ascoltatori. Ricordando che, per quanto il sistema di intelligenza artificiale utilizzato possa essere avanzato, alla fine è l’essere umano che con le proprie azioni determina il successo o il fallimento del lavoro prodotto da quella tecnologia».