Traslochi «industriali» da Preonzo, la storia di un successo

Fa un po’ effetto, nel bel mezzo della pandemia, con quel virus che domina l’attualità locale e mondiale da quasi due mesi senza antagonisti, ricordare come un villaggio del Bellinzonese, per qualche giorno, otto anni fece i titoli a livello cantonale, con copertura anche da parte dei telegiornali, troupe da oltre San Gottardo e giornalisti sul posto in piena notte per cogliere l’attimo. «Preonzo con il fiato sospeso» titolava la prima pagina del CdT lunedì 14 maggio 2012. Erano ore di attesa per il crollo del Valegiòn, la frana con cui invero gli abitanti del paese convivevano già da oltre tre secoli dopo che nel 1702 una colata distrusse l’antico paese e un’altra, il 15 agosto 1725, seminò morte e distruzione: 17 le vittime. Ne seguirono secoli di relativa quiete, fino a quando sull’Alpe Ròscioro, a quota 1.517 metri, venne notata una fessura di ben 120 metri, con 700.000 metri cubi di roccia pericolante, in sospeso. Era il 1990. Là sotto, nel frattempo, sin dagli anni Sessanta, in pieno boom economico, sui terreni patriziali si era sviluppata una zona industriale. Che proseguì la propria espansione anche in seguito, incurante della minaccia naturale. Dal 2000 si succedettero crolli parziali, costringendo le ditte a chiusure temporanee. Fino appunto al 2012. Dopo settimane di precipitazioni e allerta, alle prime ore del 15 maggio, tra l’1 e le 4, la discesa a valle di 300.000 metri di detriti. Che però non seppellirono le aziende come si temeva, né raggiunsero l’autostrada chiusa precauzionalmente, fermandosi invece a metà pendio e cambiando per sempre l’aspetto del versante. Un sospiro di sollievo, perché il grosso era fatto, accompagnato però dall’impressione, poi confermata dagli allagamenti dei mesi seguenti e dell’edificazione di nuove premunizioni, che la natura aveva comunque vinto la partita. Fu allora che il Cantone iniziò a intavolare la strategia della delocalizzazione. Tramite la stessa, dopo lunghe riflessioni di carattere giuridico-finanziario, la politica cantonale rinunciò all’ipotesi della partenza forzata, lasciando carta bianca agli imprenditori. E mettendo sul piatto 9 milioni a favore delle ditte che avessero volontariamente deciso di andarsene, insediandosi altrove, sempre in Ticino. Sfuggendo così per sempre a quella Spada di Damocle.

Betra verso Castione
Il tema è tornato d’attualità lo scorso anno quando la Città di Bellinzona – in cui il Comune di Preonzo aveva nel frattempo confluito – rese noto che il recupero dell’inquinamento generato da una delle prime attività insediatesi nella zona industriale, la raffineria Petrolchimica, necessiterà di 20-25 milioni di franchi. Poi di nuovo il 24 aprile scorso, quando è stata annunciata una nuova partenza. Dopo la Genazzi&Artioli (che proprio da quella delocalizzazione diede il là allo sviluppo e alla riconversione immobiliare del Gruppo Artisa di Stefano Artioli poi in espansione ben oltre i confini cantonali), la Premel e la carrozzeria Della Cassina, anche la ditta di trasporti edili Betra SA ha infine deciso di andarsene, lasciando da sola la Ecotechnology specializzata nella produzione di bottiglie in PET. Destinazione Castione, come già per Artioli e Della Cassina, mentre Premel ha scelto Carasso. Spesa chiesta dal Consiglio di Stato al Parlamento per il nuovo trasloco: circa 3 milioni di franchi, di cui un milione cantonale e il resto da Berna.
Chi è partito: «Siamo contenti»
Intanto nella zona industriale il ripristino dei terreni dismessi è cosa fatta. L’ultimo in ordine di tempo quello della Carrozzeria Della Cassina: come la proprietà ex Artioli non resta che un prato. Che dire della delocalizzazione nel suo complesso? Parrebbe un successo. Tutti i progetti sono stati portati a termine entro i costi preventivati. Gli uffici cantonali, a quanto pare, sono stati molti scrupolosi. E i singoli che dicono? «Nel complesso siamo contenti» commenta Luigi Della Cassina, che dopo mezzo secolo a Preonzo ha spostato la sua carrozzeria a Castione. Un’operazione non facile, ma che appunto è andata a buon fine, con il titolare che oggi rimarca la correttezza del Cantone. Da un punto di vista occupazionale, il rischio ai piedi del Valegiòn è stato quindi ampiamente ridotto, proprio come voleva il Governo. Dopo il trasloco di Betra, del centinaio di lavoratori attivi nel 2013 ne sarà rimasta solo una ventina. Nel frattempo il quartiere di Preonzo continua la propria vita quotidiana esattamente come fece anche in quei giorni in cui ebbe gli sguardi di tutto il Ticino.

Atteso un nuovo crollo
Dopo il crollo di otto anni fa gli spostamenti registrati sia dagli estensimetri che dalle mire geodetiche risultano in generale inferiori a 10 millimetri all’anno, ricalcando la tendenza del primo decennio di misurazioni (1990-2000). Dal 2013 a inizio 2020 la fessura principale sull’Alpe Ròscioro si è aperta di ulteriori 63 millimetri. Unicamente i lembi dell’ammasso roccioso più prospiciente indicano movimenti cumulati di alcuni decimetri e in un punto specifico di oltre un metro. Questo fa presagire un prossimo nuovo crollo frontale, pari a circa 30-50.000 metri. La situazione è sempre monitorata dagli esperti e sotto controllo.