Processo

Truffa Covid: direttore condannato

Sedici mesi sospesi al dirigente di una longeva azienda del Luganese attiva nel campo dell’informatica – «Da una società come la sua non se lo aspettava nessuno»
© CdT/Gabriele Putzu
Valentina Coda
16.12.2024 17:02

«In questo caso specifico, dà un po’ fastidio che chi non aveva bisogno dell’intervento dello Stato per sopravvivere in quel maledetto periodo, quindi che non aveva l’acqua alla gola, se ne sia approfittato. Non si tratta di un errore, ma di un imbroglio. Da una persona come lei e da un’azienda come la sua non se lo aspettava nessuno». Il tono un po’ seccato del giudice Mauro Ermani è da attribuire all’agire di un 57.enne presidente del Consiglio di amministrazione e direttore di una longeva società del Luganese attiva nel settore dell’informatica.

Uomo condannato con la procedura del rito abbreviato a 16 mesi sospesi per due anni per truffa aggravata, ripetuta frode fiscale, ripetuta falsità in documenti e contravvenzione alla Legge federale sulle fideiussioni solidali COVID-19. Per avere cioè, tra marzo e ottobre 2020, quindi in piena crisi sanitaria, riportato informazioni false sui formulari per la richiesta di indennità per lavoro ridotto (in particolare indicando meno ore rispetto a quelle lavorate dai dipendenti) cagionando alla Cassa disoccupazione un danno per oltre 308 mila franchi.

Denaro nel frattempo rimborsato integralmente. Inoltre, per nove anni (dal 2011 al 2019) ha falsificato i bilanci e i conti economici della società, indicando un utile inferiore rispetto a quello eseguito e facendo figurare anche delle spese personali come se fossero aziendali. Il tutto per un'imposta sottratta di oltre 137 mila franchi. Ma non è tutto. Sempre nel 2020 è riuscito ad ottenere un prestito Covid di mezzo milione. Il problema è che 5.316 franchi sono stati utilizzati per spese personali. In particolare per sistemare la piscina di casa sua oppure per comprare dei mobili.

La pena inflitta al 57.enne dal presidente della Corte delle assise correzionali era stata pattuita dalla procuratrice pubblica Caterina Jaquinta Defilippi (in sostituzione del pp Daniele Galliano impegnato in un altro processo) e dal difensore dell’uomo, l’avvocato Marco Armati.

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