Assise criminali

Uccidere l'amante della moglie? «No, l’arma serviva per farla finita»

Alla sbarra un uomo che avrebbe tentato di procurarsi una pistola per sparare al rivale in amore – Lui respinge ogni addebito – Per l’accusa «si è convinto che non aveva altra scelta se non eliminare il suo concorrente»
La pubblica accusa ha chiesto 4 anni e 2 mesi. © Shutterstock
Valentina Coda
22.07.2024 19:37

Quella pistola serviva per suicidarsi, come sostiene l’imputato, oppure per uccidere l’amante della moglie, come ritiene la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo? È attorno a questo interrogativo che si basa il processo a carico di un 63.enne cittadino italiano, accusato in via principale di atti preparatori di omicidio intenzionale. Lei voleva lasciarlo e rifarsi una nuova vita con un’altra persona. Lui non accettava l’abbandono, iniziò a pedinarla nel tentativo di risalire all’identità del suo amante – «conoscendo i gusti di mia moglie, mi appostavo fuori dal suo studio per capire chi fosse quell’uomo» –, a geolocalizzarla con varie applicazioni installate sul cellulare e si mosse per procurarsi illegalmente un’arma da fuoco. Contattò almeno cinque persone, ma la maggior parte dei tentativi andarono a vuoto (uno gli rifilò una scacciacani, pagata per di più profumatamente dall’imputato). Venne arrestato alla fine di settembre dell’anno scorso nei parcheggi di un grande magazzino di Viganello, dove avrebbe voluto scambiare un fucile da caccia di piccolo calibro con una pistola. La persona da lui contatta allertò la polizia.

I dubbi della Corte

L’imputato ha sempre respinto ogni addebito: quella pistola serviva unicamente «per farla finita» (a suo dire il fucile non era idoneo, ndr): «Ho iniziato a prendere coscienza che non l’avrei più rivista e mi sono ritrovato senza moglie, senza figli, senza casa e con la ditta che andava male». Dopo che la donna gli aveva annunciato le sue intenzioni, l’imputato incominciò ad avere «intenti suicidi», come dichiarato in aula, e iniziò a chiedere con insistenza «ad amici e parenti» di reperirgli un’arma. Una tesi, quella del suicidio, che ha suscitato dubbi nella Corte per via delle incongruenze tra le dichiarazioni rilasciate in sede di interrogatorio e i contenuti di alcuni messaggi, inviati a dei conoscenti, che facevano intendere la volontà dell’imputato di uccidere l’amante della moglie. «Se mi è scappata qualche frase è stato in un momento di rabbia, non sarei mai riuscito a fare una cosa simile», ha specificato dopo essere stato incalzato dal giudice Amos Pagnamenta. Per la pp Lanzillo, il movente è chiaro: la vendetta. «Non ha agito perché spinto dalla gelosia sentimentale, è stata piuttosto una reazione alla decisione della moglie di lasciarlo. Questa intenzione di abbandonare l’abitazione ha mosso in lui da una parte sentimenti abbandonici e depressivi, mentre dall’altra la volontà di vedere se l’amante era meglio di lui». Una sofferenza, questa, che secondo Lanzillo ha portato l’uomo, a poco a poco, a convincersi che «non aveva altra scelta che eliminare il concorrente per togliersi di dosso questa frustrazione». Amante che per l’appunto l’imputato non aveva ancora identificato al momento dell’arresto. Pacifico, sempre a mente dell’accusa, che «se avesse voluto veramente solo spaventare il rivale non avrebbe avuto bisogno di una pistola. E se avesse voluto togliersi la vita l’avrebbe già fatto con l’acquisto della prima arma. Inoltre, secondo l’esperta il rischio di passaggio all’atto poteva esserci sia nei confronti dell’amante sia nei confronti della moglie». Per questo e visti gli altri capi d’imputazione a carico dell’uomo, tra cui atti sessuali con fanciulli, atti sessuali con minorenni contro rimunerazione (vedi box a lato), coazione, bancarotta fraudolenta e infrazione alla Legge federale sulle armi, la procuratrice pubblica ha proposto una pena detentiva di 4 anni e 2 mesi a cui va affiancato il proseguo del trattamento ambulatoriale già iniziato in carcere. La moglie del 63.enne (patrocinata dall’avvocata Cristina Faccini) si è costituita accusatrice privata ma non ha avanzato pretese di risarcimento.

La sentenza domani pomeriggio

La legale dell’uomo, l’avvocata Benedetta Noli, si è battuta per l’assoluzione dell’imputato soprattutto per il capo di imputazione principale. A suo dire, l’accusa di atti preparatori di omicidio intenzionale «si riferisce a un soggetto identificato. In questo caso, invece, il mio assistito, pur non avendo mai fatto mistero di voler identificare l’amante della moglie, non ci è riuscito». Inoltre, la notizia della separazione «gli ha inflitto un duro colpo, ma se avesse avuto veramente l’intenzione di uccidere non avrebbe cercato di barattare il fucile che già possedeva con un’altra arma. Voleva solo farla finita». Noli ha chiesto una massiccia riduzione della pena, ossia inferiore ai 3 anni con una sospensione parziale, oltre alle norme di condotta. La sentenza è attesa per domani pomeriggio.

L’uomo è anche accusato di aver contattato minorenni via social con l’intento di farsi inviare foto e video anche in cambio di rimunerazione. In aula si è parlato di un importo complessivo di 9.000 franchi. Un fatto ammesso dall’imputato, specificando però di «essere stato contattato da loro tramite un sito» e di «non essere a conoscenza della loro età». Per la sua legale, «ha trovato rifugio in una realtà virtuale che nasconde insidie, ma non ha mai provato nella vita reale interesse per i minori».
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