Locarno

Un 4 stelle con la mascherina per fare la propria parte nell’emergenza

Il direttore dell’albergo Belvedere racconta cosa significa accogliere chi viene da fuori per lavorare all’ospedale La Carità nella cura dei malati di coronavirus
Il personale dello storico albergo saluta da lontano schierato sui balconi. ©Hotel Belvedere
Barbara Gianetti Lorenzetti
Barbara Gianetti Lorenzetti
14.04.2020 06:00

Surreale. Pensate a quante volte, in queste settimane, avete utilizzato l’aggettivo per descrivere la realtà nella quale siamo stati tutti catapultati. Nemmeno Michele Rinaldini, direttore dell’albergo Belvedere di Locarno, sfugge all’eloquenza del termine. Che pronuncia per descrivere l’atmosfera dello storico hotel cittadino, dove – da oltre un mese ormai – sono accolte una sessantina di persone impegnate in prima linea nella lotta contro il coronavirus all’ospedale La Carità. Proprio in questi giorni, dunque, quando una stagione turistica iniziata alla grande avrebbe raggiunto uno dei suoi culmini, nelle camere, nei corridoi, nel ristorante, nel parco regna per la maggior parte del tempo un silenzio surreale. Perché chi torna dal fronte ha poca voglia, ma – soprattutto – troppo poca energia residua da spendere per altro. «Nella maggior parte dei casi – racconta Rinaldini – rientrano, mangiano qualcosa e poi si ritirano per dormire. Comprensibilmente».

Tante delicate attenzioni

Quelli del personale del quattro stelle (la più grande struttura alberghiera sul territorio cittadino) sono dunque passi felpati, per non disturbare chi riposa. Una delle tante delicate attenzioni verso una clientela così particolare. Che al Belvedere è arrivata anche grazie ad una scelta condivisa dalla direzione dell’hotel con i suoi dipendenti. «A inizio marzo, quando la situazione ha cominciato a precipitare – prosegue il nostro interlocutore – ci siamo trovati di fronte all’interrogativo se chiudere o meno (fra l’altro il Belvedere è uno dei pochi hotel locarnesi a rimanere aperto tutto l’anno, ndr.). Viste le continue cancellazioni, abbiamo optato per il sì». Giusto il tempo di mettere in opera qualche lavoro straordinario ed ecco che dalla Carità è giunta la proposta di riaprire per accogliere i dipendenti (in gran parte frontalieri, ma non solo) provenienti da fuori Locarnese e impegnati al centro Covid-19. «Non abbiamo detto subito di sì», racconta Rinaldini. Diversi, infatti, gli aspetti sui quali bisognava riflettere, seppur velocemente. Quello finanziario, ad esempio: riaprire e mettere a disposizione la sessantina di camere richieste a prezzo di costo sarebbe probabilmente stato meno vantaggioso che rimanere chiusi.

Comprensibili timori

«Ma – aggiunge il direttore – l’aspetto sociale e di solidarietà hanno preso il sopravvento e, anche con la proprietà, ci siamo detti che dovevamo fare la nostra parte nell’emergenza». Un altro aspetto fondamentale era però il parere del personale (una sessantina i dipendenti fissi), attualmente al beneficio delle indennità di lavoro ridotto. «Imporre un’iniziativa del genere sarebbe stato impensabile e inumano. Si pensi che eravamo all’inizio dell’emergenza, sommersi da notizie a dir poco allarmanti. Eventuali timori per il contagio erano dunque più che comprensibili». Ma anche in quel caso la responsabilità, il senso civico e la solidarietà hanno prevalso e così, in men che non si dica, il Belvedere ha riaperto i battenti, accogliendo gli ospiti speciali. Non senza adattamenti. «Nemmeno per noi è stato facile – chiarisce Rinaldini – e devo ringraziare di cuore tutto il personale. Molto velocemente siamo tornati al lavoro indossando sempre le mascherine, cambiando il tipo di detergenti, adottando nuovi protocolli che prevedono, ad esempio, la pulizia degli spazi comuni a scadenze frequenti e regolari». Incombenze cui ci si è però adeguati volentieri. «Perché, fin da subito, con medici e infermieri è nato un rapporto molto bello. Sono persone squisite, eccezionali. Certo, molto provate da quanto stanno vivendo. Però danno anche l’impressione di essere estremamente preparati e in grado di affrontare ogni difficoltà, anche la più pesante. Fa tenerezza, poi, pensare che molti siano lontani dalle loro famiglie. A volte li scorgiamo sui balconi in videochiamata, mentre mostrano la suggestiva cornice del nostro hotel ai loro cari».

Capretto per Pasqua

Al Belvedere è stato chiesto di provvedere anche ai pasti per i soccorritori del Servizio ambulanza Locarnese e valli, che solitamente facevano capo alla mensa dell’ospedale. «Cerchiamo di viziarli anche un po’ – conclude sorridendo Rinaldini –. Ci sembra il minimo. Così come chi pernotta da noi. A Pasqua, ad esempio, hanno avuto per pranzo un buon capretto e per ognuno abbiamo preparato un piccolo omaggio e un biglietto di ringraziamento». Se anche voi volete sostenere e ringraziare il personale della Carità, inviate un messaggio a [email protected]. L’hotel provvederà poi ad esporlo nella becheca dell’atrio, luogo di passaggio degli ospiti.