Un apprendista su tre abbandona, «ma il tasso di reinserimento è alto»

Quasi un quarto dei contratti di apprendistato in Svizzera (22,4%) termina con una risoluzione anticipata. In Ticino, questa percentuale sale addirittura al 35,8%, collocando il nostro cantone al secondo posto, dopo Ginevra (38%), nella classifica delle regioni con il maggiore tasso di abbandono.
A dirlo è un’indagine svolta tra il 2017 e il 2021 e pubblicata nelle scorse settimane dall’Ufficio federale di statistica (UST). «Storicamente in Ticino abbiamo un dato che oscilla tra il 30 e il 35%», commenta Oscar Gonzalez, direttore aggiunto alla Divisione della formazione professionale del Dipartimento dell’educazione. «Il dato accomuna generalmente anche i cantoni romandi dove la percentuale si muove tra il 28% di Vaud e il 38% di Ginevra».
Abbandonare non significa tuttavia rinunciare del tutto a una formazione. «Nove giovani su dieci, in Ticino, conseguono comunque un diploma nella formazione professionale», precisa Gonzalez. Percentuale che ci riporta esattamente nel solco della media federale, come indicano i dati dell’UST. L’80% di chi interrompe anzitempo il contratto di tirocinio, ricomincia una formazione e, nel 90% dei casi, ottiene un diploma entro 5 anni e mezzo.
Chi rinuncia e perché
«C’è sicuramente una componente culturale-latina che incide sul tasso di abbandonare. A cui si aggiunge, forse, anche l’ampia scelta», osserva Gonzalez. Il ventaglio della formazione professionale in Ticino contempla quasi 150 professioni. «Trovare la propria strada, non è sempre semplice». Gonzalez sottolinea tuttavia l’alto tasso cantonale di reinserimento. Non solo. «Rispetto al resto della Svizzera, in Ticino il 22% dei giovani ottiene una maturità professionale, contro il 16% a livello federale». Piccoli dettagli che comunque indicano il grado di impegno e di successo degli apprendisti ticinesi.
Rimane comunque il dato di partenza: in Ticino, un apprendista su tre non azzecca la propria strada al primo colpo. «Il 65% degli apprendisti porta a termine la formazione in maniera lineare. Il 35%, come detto in apertura, cambia strada». Di questi, il 20% ottiene comunque un diploma, seguendo un percorso non lineare. Un 10-12%, invece, esce dal radar cantonale. «Si tratta di circa 250 giovani che interrompono la formazione e che non figurano più in nessuna scuola cantonale del post-obbligo», precisa Gonzalez. Con l’introduzione dell’obbligo formativo fino a 18 anni, però, il Cantone, da settembre 2021, grazie a una nuova base legale, può contattare questi giovani e fornire loro un supporto per completare una formazione. «La stragrande maggioranza dei giovani che contattiamo sta comunque seguendo un progetto formativo, magari fuori cantone, magari con una scuola privata». Solo una minima parte, circa 150-200 persone, è effettivamente ferma. «A questi giovani offriamo un aiuto affinché possano completare un percorso formativo». A livello federale, il settore che presenta il maggiore numero di interruzioni è la vendita seguito dalla costruzione e genio civile. «Il motivo non va cercato nella professione, quanto nella motivazione con cui il giovane ha fatto la sua scelta. Non penso che vi sia una formazione che causa maggiori abbandoni».
Priorità alla continuità
Tornando al 35% di abbandoni, Gonzalez osserva che già durante le prime avvisaglie, si cerca di intervenire «in corso d’opera», adattando il percorso di apprendistato, così da mantenere il giovane all’interno del sistema formativo. «In questo caso, pur trattandosi di un’interruzione di tirocinio, viene garantita una certa continuità», per esempio, passando da un percorso triennale a uno biennale, oppure da un diploma con maturità a uno senza maturità. «Nel possibile, si cerca di inserire il giovane in un percorso affine, altre volte, invece, si opta per uno stage nella nuova professione, così da garantire, da subito, l’integrazione del giovane in un nuovo settore». Insomma, la chiave è garantire la continuità di formazione.
D’altro canto, il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro avviene, nel caso della formazione professionale, molto presto, a partire da 15 anni. Capire quale sia la scelta giusta non è semplice. «Insieme all’Ufficio dell’orientamento scolastico e professionale e la Città dei mestieri della Svizzera italiana stiamo rafforzando l’accompagnamento alle scelte dei giovani nel post-obbligatorio», commenta Gonzalez. «Lo facciamo con tutti i partner della formazione. Fondamentale è il ruolo dei genitori perché è lì che si formano le scelte». Accanto, poi, ci sono le scuole medie, le associazioni di categoria che a loro volta promuovono momenti informativi e di sensibilizzazione. «I progetti non mancano. L’importante è preparare la scelta già in terza e quarta media»
Posti di tirocinio, «abbiamo invertito la tendenza»
«Negli anni post-COVID siamo riusciti ad aumentare i contratti di tirocinio rispetto agli anni pre-pandemici», osserva Oscar Gonzalez, direttore aggiunto alla Divisione della formazione professionale. «Nell’ultima campagna di collocamento abbiamo chiuso con un eccesso di posti di apprendistato. Una quarantina è rimasta vacante a fronte di un saldo pre-COVID vicino allo zero». Dal 2019-2020, il Cantone si è impegnato a rafforzare la formazione professionale - ricorda Gonzalez - con l’obiettivo di aumentare i posti di apprendistato. «Siamo riusciti a invertire la dinamica che da tempo, a livello cantonale e federale, era leggermente negativa». Ora, come detto in termini assoluti, i contratti di tirocinio sono aumentati, «di circa un centinaio». Il numero delle aziende formatrici, invece, segue una lieve ma costante decrescita. Ciò significa che un numero più esiguo di aziende forma un numero leggermente maggiore di apprendisti. «Annualmente sono circa 2.500 le aziende che concorrono alla formazione professionale». Ma come sono distribuite sul territorio? «In rapporto al numero di abitanti, nelle regioni periferiche le aziende sono, in proporzione, più propense a offrire posti di apprendistato». Ugualmente, osserva Gonzalez, nelle valli il tasso di giovani che sceglie un tirocinio è maggiore rispetto ai centri. Non si tratta tuttavia di una peculiarità ticinese. Quanto ai poli urbani, «il Luganese e il Mendrisiotto offrono in proporzione meno posti di tirocinio». Individuare una causa precisa all’origine di questa distribuzione geografica dell’offerta è tuttavia difficile, spiega il nostro interlocutore. «È un discorso culturale. Probabilmente, nelle zone periferiche c’è maggiore attenzione alle realtà aziendali». Realtà che spesso hanno una tradizione familiare ancorata al territorio. «Per queste aziende, investire nella formazione di un giovane diventa anche un modo per garantirsi una continuità».